Finita la festa gabbato lo Santo
Posto che ogni essere umano deve mangiare almeno una volta al giorno per vivere; qualunque vero Stato di diritto ha l’obbligo di predisporre le condizioni giuridico-economiche per cui il diritto alla vita di ogni cittadino sia concretamente esercitabile attraverso il lavoro e il guadagno, o al peggio, prontamente tutelato e risarcito dalla magistratura.
Quindi c’è solo da stabilire quale politica e quale giustizia può evitare che il cittadino a cui siano stati negati o violati i diritti, finisca in galera perché ha rubato per vivere, o nel mondo dei più per mancanza di risorse.
Perché il suo sacrosanto diritto alla vita rientra si a pieno titolo fra le “buone intenzioni” dei governanti, ma poi, le mille istituzioni burocratiche che devono garantirlo concretamente, si arrogano il potere, “finita la festa di gabbare lo santo”. Finita la campagna elettorale e incassati i voti, miracolo dei miracoli, tutti i diritti costituzionali si convertono in doveri tributari morosi.
Perciò chi governa un popolo, ha tre possibili scelte:
— mantenere una percentuale di cittadini ignoranti e improduttivi a spese dei produttivi fino a farli fallire.
— istruirli perché sappiano produrre autonomamente e onestamente in un sistema economico reso ricettivo per lavoratori e imprenditori onesti;
— o (come attualmente in Italia) lasciarli ignoranti disoccupati e sussidiati, tanto da predisporre popolo e Stato alla guerra civile o al default.
Quindi, chi ha l’onere di governare, ha due giganteschi rompicapo:
— come rendere un sistema sociale giuridicamente inclusivo ed economicamente ricettivo;
— e come rifornirlo di forza lavoro giustamente formata per produrre ricchezza per sé e contribuire alle necessità finanziarie dello Stato.
Per ora (in Italia) questo tipo di scelte rientra fra le migliori intenzioni della politica, imbattibile nel lastricare a pelo lucido le vie dell’inferno, perché non ha ancora capito come rendere inclusivo il sistema economico, e lascia che una grossa percentuale di cittadini finisca esclusa, sussidiata o fallita; e quindi, di diritto o di fatto a carico dei piccoli contribuenti condannati a foraggiare in maniera crescente lo Stato..
Forse per mettere riparo allo sfascio attuale dovremmo cercare di capire se è più utile un sistema economico esclusivo per “superdotati” o uno inclusivo che non lasci a casa improduttivo o sussidiato nemmeno lo scemo del villaggio.
Posto che il sistema esclusivo è accessibile e produttivo solo per i più preparati o dotati (ma che poi non si lasciano spremere tributariamente manco dal padreeterno); mentre in uno inclusivo, può produrre utilità sociale chiunque abbia un margine accettabile di capacità fisica e intellettiva.
Perciò resta da stabilire se chi governa è in grado di conservare improduttiva la marea dei poco istruiti e mantenerli con la ricchezza (inafferrabile) prodotta dagli istruiti; oppure farebbe meglio ad includerli tutti, invalidi compresi; prima che l’attuale esperimento politico “elitario a casaccio” si concluda tragicamente per tutti.