Finale Ligure e la centrale

FINALE LIGURE E LA CENTRALE …LONTANA
Dov’era Finale mentre si parlava della cancerogenicità di una centrale che coinvolge un territorio fino a 48 km da Vado (Finale compresa)

FINALE LIGURE E LA CENTRALE …LONTANA

Venerdì sera ero lì, alla Sala Gallesio di Finale, all’ennesimo incontro organizzato da UNITI PER LA SALUTE contro il potenziamento della centrale a carbone di Vado. Ero lì perché, anche se ormai potrei recitare a memoria i dati esposti, quando è il dott. Franceschi a comunicarli io voglio esserci.

Lo sento soprattutto come un impegno civico, anche se condivido da molto tempo e con profonda convinzione questa battaglia e sulla quale, molto ho già scritto su Trucioli.

La sala non molto grande, era quasi piena e gli organizzatori hanno avuto modo di esporre con la solita coerenza e competenza tutti i punti del programma della serata, come previsto.

La sala era quasi piena, ma anche se non ho l’ambizione di conoscere tutti, guardandomi intorno, se tolgo il gruppo dei vadesi del comitato, un gruppetto di medici savonesi e quello di ambientalisti venuti da Noli, io e mio marito di Albissola, di finalesi ne rimanevano ben pochi.

Qualche rappresentante di gruppi e associazioni ambientaliste, Castellazzi e non so chi altro in rappresentanza  dei Verdi e qualche sparuto cittadino.

 E le forze politiche del territorio, gli amministratori di maggioranza e di opposizione, il Sindaco, gli altri cittadini finalesi dov’erano?

 Come si è potuto fare in modo che un incontro il cui contenuto è così importante, grave, urgente, i cui dati sono da tempo documentati dettagliatamente a livello scientifico, rimanesse argomento per i soliti quattro “fanatici ambientalisti”?

Qualcuno seduto davanti a me, sussurrava rammaricato all’orecchio del vicino ”Sempre le solite facce!”

E in questo caso, talvolta purtroppo è vero. Le solite facce sono spesso coloro che si spostano da un Comune all’altro per sostenere chi organizza, ma soprattutto per appoggiare una protesta perché ci crede profondamente e soprattutto perché ormai conosce e allora non può più stare rintanato in casa, davanti alla televisione, mentre una “pandemia silenziosa” continua a interessare le nostre città.

Dov’era Finale mentre si parlava della cancerogenicità di una centrale che coinvolge un territorio fino a 48 km da Vado (Finale compresa) e che fa salire di anno in anno l’incidenza di malattie tumorali e cardiovascolari? 

Dov’era Finale mentre un medico parlava dei danni ai feti e all’incidenza di gravi patologie nei bambini e del peggioramento delle condizioni di vita di un territorio che risulta essere il più inquinato della Liguria al pari della Pianura Padana?

Proprio in coincidenza di una situazione così precaria, dopo anni e anni di omissioni e silenzi sui danni ambientali che la centrale ha provocato, e proprio in coincidenza con la richiesta farneticante di potenziarla, si comprende sempre meno il disinteresse della gente e delle istituzioni locali.

E’ risaputo che quando la questione ambientale non è percepita dai cittadini con la giusta gravità, le aziende continuano a fare il loro business, contando solo sull’economia del momento e non su quella del futuro.

La classe politica poi, può contare sull’ignoranza dei cittadini, per continuare a fare scelte sconsiderate e colpevoli di leggerezze nella loro programmazione, la vicenda Maerks di questi giorni ne è l’ennesima prova.

 Gli amministratori possono giocare sul non-allarmismo perché sanno che, nella maggior parte della gente, il dubbio non genera necessariamente paure ma porta a rimuovere, a mettere la testa sotto la sabbia, allontanando provvidenzialmente la verità delle cose.

La disinformazione, paradossalmente, è diventata l’arma di molti paesi cosiddetti civilizzati che arrivano a manipolare dati, a nasconderne altri e consentire che un’azienda inquinante come una centrale a carbone si controlli da sé.

Quindi, niente catastrofismi e nessuna urgenza nel chiedere che l’Arpal collochi centraline sui territori interessati dalle emissioni della centrale, se non altro per provare che il problema non c’è.

Ecco perché venerdì sera sarebbe stato meglio che i finalesi ci fossero, che uscissero dalle loro case, che spegnessero i televisori, per informarsi a loro carico, superare la politica per poi chiedere conto a chi li amministra.

COMITATI E MOVIMENTI

 E’ anche vero che in Liguria, come in Italia, i movimenti di protesta ambientalisti si differenziano sempre più dalle associazioni vere e proprie, proprio nel loro tenersi lontani da un processo d’istituzionalizzazione e dalla politica cui i secondi non hanno spesso resistito.

Le associazioni ambientaliste sono state, in alcuni casi, poco all’altezza nel portare avanti in prima persona le proteste come quelle sulla piattaforma e quelle sulla centrale. Troppo attente ai rapporti con le Istituzioni sono state spesso sorpassate dai comitati di cittadini, assai meno diplomatici nella loro mobilitazione. Quali sono ad esempio le azioni promosse sulla centrale da Legambiente nel savonese e quelle sulla piattaforma?

Altra grossa responsabilità sta negli organi di stampa liguri e locali, sempre più piegati agli umori di chi ha il potere soprattutto economico, rinunciando al ruolo vero dell’informazione e dell’inchiesta con analisi attente di dati preoccupanti, ormai in possesso e documentati pubblicamente anche da quella parte di classe medica savonese più attenta e impegnata alla salute dei cittadini.

Le pagine dei quotidiani sono utilizzate spesso per diffondere fantomatici piani di sviluppo di quella o di quell’altra amministrazione. I quotidiani diventano così portavoce della programmazione di quella o di quell’altra formazione politica, dimenticando che la scarsa qualità della vita e le gravi questioni ambientali potrebbero stravolgerne la reale portata.

Così neanche iniziative di rilievo come affollate conferenze e partecipate  manifestazioni  sembrano sollecitare una ripresa di interesse e di mobilitazione  da parte della stampa.

 La forte crisi in cui versano poi i Partiti della sinistra ambientalista, come Verdi e Rifondazione sembra oramai di tipo irreversibile, sempre più frammentati e isolati sembrano dare manforte alle altre forze politiche ancor più convinte di poter amministrare nella completa miopia e ignoranza sui danni dell’inquinamento ambientale, sfruttando peraltro la stessa ignoranza presente nella popolazione.

 Nonostante tutto, a livello locale, il movimento ambientalista non sembra essere in crisi, talvolta smembrato in gruppi e a momenti disilluso, possiede grandi potenzialità e grande forza, quella della gente, che non vanno ignorate né minimizzate, perché è proprio senza clamori che  potrebbero produrre quegli  effetti positivi  già visti in altre vicine regioni d’Italia.

Non sarà necessario che ciò accada attraverso note organizzazioni ambientaliste come, Italia Nostra, Legambiente o WWF, ma potrebbe accadere in modo trasversale ai movimenti e a opinioni politiche di diverso orientamento, proprio intorno a un modo diverso di vedere lo sviluppo sostenibile delle nostre città.

Molti si possono riconoscere in queste battaglie e le differenze si assottigliano quando i cittadini vengono a conoscenza dei problemi e questo accade per mezzo di chi possiede preparazione, forte specializzazione e  coscienza scientifica e non strumentalizzato politicamente.

 Mentre in tempi alquanto sospetti i movimenti politici, i partiti grandi e piccoli e le autorità hanno fatto a gara per manifestare il loro rapporto di collaborazione con le forme dimostrative di protesta, oggi è evidente a tutti la loro assenza sia nella protesta sia nelle modalità di comunicazione della stessa. Presi dalla questione riguardante la spartizione di poltrone, hanno dimenticato le raccolte di firme fatte un tempo, lasciando sulle spalle dei comitati e dei singoli cittadini la responsabilità di diffondere informazione e di assolvere alla funzione di sensibilizzare la gente di un territorio così vasto e composto da molti Comuni dove i Sindaci hanno il dovere istituzionale di tutelare l’ambiente e la salute dei loro concittadini.

 Oggi, i comitati vadesi, che inizialmente affermavano di non voler raggiungere i propri fini compiendo atti rivoluzionari, ma cercando di convincere le amministrazioni della bontà delle proprie ragioni, hanno dovuto arrendersi all’evidenza che i loro contatti con i membri dei partiti non avevano dato le opportunità sperate dell’essere ascoltati nelle sedi istituzionali e mentre le associazioni istituzionalizzate, potendo godere di più frequenti e stabili contatti con Istituzioni nazionali grazie alla dimensione delle loro organizzazioni avrebbero potuto unirsi concretamente alla protesta sostenendola in modo efficace, sono rimasti i soli  a promuovere ricorsi al TAR contro le decisioni ministeriali in merito all’ampliamento della centrale.

 Allo stato attuale, quindi, credo più al coinvolgimento della gente che all’interazione tra i vari gruppi ambientalisti, le associazioni e le forze politiche, auspicabile ma non necessaria perché, pur nella temporaneità dell’azione, il diverso modo di interpretare la protesta potrebbe far fallire l’obiettivo che rimane : la difesa e il diritto alla salute di una vasta comunità locale, senza compromessi con le istituzioni e con la Tirreno Power.

Non esistono soluzioni che possano basarsi sul compromesso che apra la strada al potenziamento, e neanche che lascino le cose come stanno: la centrale deve essere depotenziata, ha già fatto troppo danno e troppi morti. Chiediamo agli amministratori regionali, provinciali e comunali che si chiudano i gruppi 3 e 4, obsoleti e fuori norma: quello che il gruppo a gas produce è sufficiente.

                       ANTONIA BRIUGLIA

 

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