Facebook appartiene alla CIA?

Facebook appartiene alla CIA?

 
Facebook appartiene alla CIA?

 Il 4 Ottobre del 2009 dopo circa un anno dalla mia iscrizione su Facebook,  pubblicai una nota come questa, che non fu mai vista e letta da nessuno, perchè fu subito bloccata dagli amministratori del social network, tutt’ora è presente, ma è solo visibile a me e a loro, in più non posso modificarne il contenuto e condividerla ancora, proverò oggi per cui ancora a riscriverla e pubblicarla senza i link che la componevano, aggiornata e attuale visto le recenti rivelazioni fatte su Wikilist da Jiulian Assange.

Quella nota era un compendio di articoli usciti in Gran Bretagna, su The Guardian nello stesso anno, raccolti e scritti da Ernesto Carmona un giornalista e consigliere della Federazione Latino Americana dei Giornalisti (FELAP), fa parte del consiglio del Collegio Nazionale dei Giornalisti del Cile ed è associato al Circolo dei Giornalisti di Santiago. 

Oggi mentre L’Fbi nega lo spionaggio per mettere in difficoltà il Presidente USA Trump, in un ultim’ora, Wikileaks svela il programma della Cia, spia con telefoni e tv, alla base un arsenale di software maligni e armi informatiche.

Wikileaks ha diffuso oggi i dettagli di un programma di hacking della Cia, nell’ambito della pubblicazione di documenti in sette round definita come “la maggiore fuga di dati di intelligence della storia”.

Federal Bureau of Investigation – FBI

Questo progetto va sotto il nome di ‘Vault 7’ e il primo gruppo di documenti pubblicato oggi, intitolato ‘Anno zero’, mostra i sistemi di hacking della Cia, con software maligni e armi informatiche utilizzate dall’agenzia di spionaggio Usa.

Wikileaks ha annunciato su Twitter che le migliaia di documenti riservati, secondo l’organizzazione fondata da Juliane Assange, arriverebbero dal Center for Cyber Intelligence della Cia. Questi file attesterebbero l’esistenza di un programma di hackeraggio, attraverso un “arsenale” di malware e di cyber-armi, grazie al quale l’Agenzia potrebbe entrare nelle nostre vite. Gran parte di questo cyber-arsenale, però, sarebbe stato perso dalla Cia.

Secondo quanto riferisce Wikileaks, il programma della Cia include un arsenale di malware e decine di falle nei software che renderebbero possibile spiare decine di prodotti, compresi iPhone di Apple, Android di Google, Windows di Microsoft e televisioni Samsung, che possono trasformarsi in microfoni nascosti.

“Anno zero’ contiene 8.761 documenti e file provenienti da “una rete isolata e di alta sicurezza situata nel Centro di intelligence cibernetica della Cia a Langley, in Virginia” e Wikileaks spiega di averli ottenuti da una persona che ha avuto accesso a questa rete quando la Cia ne ha perso il controllo. 

Secondo la piattaforma di Assange, recentemente “la Cia ha perso il controllo della maggior parte del suo arsenale di hacking, compresi malware, virus, attività 0-day, sistemi di controllo remoto di malware e documenti associati”.

Questa raccolta di “diverse centinaia di milioni di codici” dà a chi la possiede “la capacità di hacking totale della Cia”, assicura Wikileaks, aggiungendo che la raccolta è finita nelle mani di ex hacker del governo e altri agenti in modo “non autorizzato” e uno di loro “ha fornito a Wikileaks alcune parti dell’archivio”.

Wikileaks, fondato e diretto da Julian Assange, aveva pianificato una conferenza stampa su internet per presentare questo progetto, soprannominato appunto ‘Vault 7’, ma successivamente ha annunciato su Twitter che le sue piattaforme sono state attaccate e che proverà a comunicare più tardi. Secondo Assange, la fuga di notizie di oggi è “eccezionale da una prospettiva legale, politica e forense”.

Wikileaks segnala inoltre che la Cia è andata aumentando le sue capacità di lotta informatica fino a competere “con ancora meno trasparenza” con la National security agency (Nsa), l’altra agenzia di sicurezza Usa.

A dirigere la diffusione di ‘Vault 7’ è stato Assange dall’ambasciata dell’Ecuador, qui si trova infatti dal 19 giugno del 2012 per evitare l’estradizione in Svezia, che vorrebbe interrogarlo nell’ambito di un caso di stupro che lui smentisce.

Assange teme che la Svezia possa consegnarlo agli Stati Uniti, che indagano su di lui per le rivelazioni di Wikileaks del 2010, quando diffuse cabli diplomatici confidenziali Usa.

La pubblicazione delle migliaia di documenti, è trapelato dal governo e da Silicon Valley, ha colto di sorpresa facendo salire tutti sulle barricate, Apple e Samsung, i cui smartphone e televisori connessi a Internet sono stati trasformati in “orecchie elettroniche” dello spionaggio, si sono precipitate a promettere nuove protezioni. Hanno annunciato analisi, assicurato criptazioni efficaci e sostenuto, nel caso di Apple, che «molti problemi erano già risolti» dai suoi ultimi sistemi operativi. Il Congresso, da parte sua, sta invece considerando un’indagine sulla preoccupazione opposta nel dilemma sicurezza-diritti di privacy, la credibilità dei servizi segreti e i pericoli che le loro attività vengano compromesse.

Il direttore dell’Fbi James Comey, parlando ieri a una conferenza sulla cybersecurity a Boston, ha difeso a spada tratta l’operato dell’intelligence e dell’agenzia. 

Per i servizi segreti la nuova debacle scotta particolarmente: solo l’anno scorso erano riusciti ad arrestare Harold Martin, dipendente a contratto della National Security Agency, l’agenzia leader nello spionaggio elettronico per cui aveva lavorato anche Snowden, che si era impadronito di documenti su armi cibernetiche.

Alcuni dei documenti sottratti erano in seguito apparsi online, ma le autorità erano sembrate aver compiuto progressi nell’arginare simili rivelazioni. L’Fbi ha dedicato anni a contrastare WikiLeaks, sospettata di aver sviluppato anche legami con i servizi russi, neutralizzando i suoi contatti dentro l’apparato governativo. Ora, con il nuovo caso, è in gioco la possibilità che Assange riesca a “reclutare” nuove generazioni di talpe. 

Nei precedenti episodi di “talpe” venuti alla luce, Manning era stato arrestato nel 2010 in Iraq, mentre serviva nell’esercito, dopo aver reso pubblici per disillusione e attraverso WikiLeaks i cosiddetti “War Logs” su Iraq e Afghanistan, tra i quali spiccavano cablogrammi del Dipartimento di Stato e video di elicotteri americani che aprono il fuoco su un gruppo di sospetti ribelli uccidendo due giornalisti della Reuters. L’allora amministrazione Obama in risposta creò una speciale task force interna per identificare future possibili talpe, tre anni più tardi Snowden passò però ai giornali informazioni sui controversi programmi di spionaggio di massa della National Security Agency e oggi ha trovato rifugio in Russia.

Ieri ha twittato laconicamente che le rivelazioni di WikiLeaks sono «molto significative». 

Ad esempio il lavoro della Cia e del controspionaggio per contrastare lo spionaggio e le nuove talpe, molte provenienti dal mondo dell’Est Europa e dal mondo Asiatico e Nord Africano, è quello di infiltrare agenti che possano scovare in rete i messaggi criptati e le attività contro i regimi e governi per destabilizzarli.

Si ricorda che dietro la Primavera Araba, chiamata così per le manifestazioni violente di piazza della primavera del 2011, che ha visto l’inizio di rivolte che hanno interessato Tunisia, Egitto, Libia, Siria e Bahrain e scatenate dal suicidio del tunisino Mohamed Bouazizi, un piccolo rivenditore di frutta e verdura, che si diede fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid, come gesto di protesta per denunciare i maltrattamenti subiti dalle autorità e lo stato di  precarietà  e povertà in cui lui e la  gran parte della popolazione della Tunisia si ritrovava, si nascondeva sempre le la Cia.

Questo estremo gesto attirò l’attenzione di molti cyber-attivisti, che non persero tempo a riportare la notizia e a denunciare altri soprusi dovuti alla corruzione delle forze dell’ordine.

Mentre migliaia di persone invadevano le strade del Cairo decisi alla protesta fino in fondo contro un regime ottuso, vecchio, violento e oppressivo,  Alam Wassef artista egiziano, web designer, genio delle nuove tecnologie, cittadino globale multilingue,  sapeva bene che la rivoluzione non era iniziata quel giorno e che non sarebbe finita con la caduta di Moubarak e divulgò molte notizie attraverso FB, oggi è sotto processo per spionaggio.

Facebook resta un mezzo, molto interessante se il suo uso è proprio,  ma quando l’uso diventa improprio è un problema per chi amministra il sito e per i governi.

Chi va su Facebook?

Chi ha paura di dichiarare chi è, chi è oppresso da qualcuno, ad esempio dal datore di lavoro che potrebbe usare le informazioni online contro di lui, chi parla le lingue o chi invece non non è tutto questo o non può fare ciò?

Barack Obama si è azzardato a dire nel discorso al Dipartimento di Stato su Medio Oriente e Nordafrica del 19 maggio 2011 che i tiranni di quella regione devono ora fare i conti con una nuova arma in mano ai loro nemici: i cellulari e i social network. C’è mancato poco che qualcuno scambiasse il mezzo per il fine e interpretasse “rivoluzioni con i social network” in “rivoluzioni per i social network”, equivocando la libertà da conquistare come libertà di chattare.

Certo, nella fase iniziale, quella che ha portato alla caduta dei regimi, i social network sono stati decisivi per mobilitare la popolazione e dare un minimo di organizzazione a una protesta spontanea. Ma poi?

I social network secondo l’uso che se ne fa, possono essere dotati straordinarie potenzialità tecniche: sulla carta, tutti possono comunicare con tutti parlando di tutto. 

In una quasi totale anarchia, a parte il regolamento interno, che tra l’altro non mi ha fatto liberamente pubblicare questo articolo correlato di fonti esterne.

Il tutto risulta per cui molto attraente, soprattutto per un giovane o chi cerca lo svago dal logorio della vita quotidiana

Ma quando si tratta di dare sostanza politica a una lotta insurrezionale questo principio di regolazione dei rapporti tra i partecipanti non favorisce, anzi ostacola, la selezione di quell’élite indispensabile a definire una strategia, ad attribuire le priorità tra le varie rivendicazioni, a formulare un’agenda all’azione e ad incanalare l’energia collettiva verso obiettivi realisticamente perseguibili.

La libertà creativa fa bene nelle primissime fasi delle rivoluzioni, ma subito dopo diventa un fardello perché produce nebbia quando invece c’è bisogno di chiarore. Nel magma indistinto e tendenzialmente destrutturato della comunicazione libera dei social network non si crea un’identità, non si consolida una memoria collettiva, un senso d’appartenenza. Cose invece necessarie quando si vuole trasformare un insieme di persone (ancorché organizzato) in un gruppo coeso in cui i membri possano identificarsi.

Grazie al web i blogger hanno reso molte persone coscienti e partecipi alla politica trasmettendo loro indignazione ed attivismo. Il carattere virale e repentino dei social media ha fatto in modo che video di maltrattamenti da parte della polizia, tweet e notizie su manifestazioni e proteste si espandessero con una velocità impressionante, aggiungendo sempre più persone alla causa (si protestava per la violazione dei diritti umani, per lo stato di estrema povertà in cui la maggior parte della popolazione versava, per la negazioni delle libertà individuali e per la corruzione delle autorità governative).Fu così possibile un’organizzazione sociale rapida e massiccia capace di affrontare le forze speciali di polizia e di far valere la propria voce in piazze e strade. Dunque il web non è l’unico strumento che ha reso possibile queste rivolte ( è doveroso ricordare che coloro che sono collegati ad Internet in questi paesi sono, nel migliore dei casi, il 35%.), perchè vi era un malcontento popolare ben diffuso tale che anche negli anni precedenti vi erano stati episodi di tumulti locali: Internet e i social media hanno solamente creato coesione a tanti piccoli movimenti locali innocui, creandone uno grande e pericoloso per i regimi delle regioni mediorientale e nordafricana.

Esiste anche una relazione in merito stilata dalla Commissione voluta nel 2011 dal Parlamento Italiano:

La Primavera Araba è stata alimentata grazie a pagine Facebook come “We are all Khaled Said” , dedicata ad un giovane 28enne massacrato da due poliziotti che volevano perquisirlo, grazie a numerosi tweet su Twitter con etichettati con l’hashtag #25jan, il giorno d’inizio dei tumulti in Egitto, e grazie a Youtube, sito sul quale furono caricati video di veri e propri crimini commessi dalle autorità per reprimere le proteste, come esecuzioni di ribelli, sparatorie contro civili disarmati e quant’altro, e dei momenti in cui le piazze erano gremite di manifestanti.

Ma il web e i social media, questi catalizzatori di rivolte, che accelerano di fatto i processi di organizzazione dei rivoluzionari e agevolano lo scambio d’opinioni, potranno mai rimpiazzare i mezzi tradizionali, come volantini, fax, incontri segreti ecc.?

E’ tutto oro quel che luccica?

Internet, se usato per scopi come quello di cui stiamo parlando ora, può risultare un’arma a doppio taglio:

  • con una connessione a disposizione gli attivisti possono organizzare spostamenti repentini per un moto di protesta, ma le autorità a loro volta, monitorando i canali di comunicazione, possono anticiparli;

  • utilizzando solo piattaforme digitali si possono avere viralità e velocità di espansione delle informazioni impressionante, ma se il governo imponesse un Internet Shutdown ( pratica altamente antidemocratica, che prevede lo spegnimento di Internet limitando al massimo la libera informazione) questa grande dipendenza dal digitale risulterebbe problematica;

  • inoltre il mezzo social permette di diffondere rapidamente ideologie e pensieri, ma, vi è una grande percentuale di persone, soprattutto anziani o coloro che appartengono a una classe medio-bassa, che non sono affini ai social media oppure che non possiedono una connessione Internet, persone che quindi non possono essere mobilitate.

I social media non si possono considerare portatori di cambiamento istituzionale, ma semplicemente canali attraverso i quali far convogliare le idee di cambiamento, come la stampa, la radio e la televisione in passato. Come i tradizionali mezzi di comunicazione, sono un’opportunità di aggregazione e di condivisione di idee; così come i loro “fratelli maggiori” possono solo influenzare l’opinione pubblica, allo stesso modo internet non è portatore per definizione di finalità democratiche o di cambiamento istituzionale.

Come afferma Lerry Diamond , sociologo politico dell’Università di Stanford  in California, “chiaramente, le tecnologie sono meramente degli strumenti, aperti allo stesso modo a fini nobili e non. Come la radio e la televisione possono essere veicoli di informazioni plurali e di dibattito razionale, così possono essere guidati da regimi totalitari al fine di promuovere mobilitazioni fanatiche o garantire il controllo statale”

In conclusione, i social network sono sicuramente un grande supporto per la diffusione del pensiero libero e per l’attivismo politico, come testimonia questo importante esempio, ma non sono tutto e devono essere utilizzati con cautela. Il manifestante del futuro, non si identifica più come una persona che si incontra con altri dei suoi in luoghi segreti, per parlare della prossima mossa, ma è una persona che affianca i mezzi tradizionali a tweet, post, sms e mail.

Ecco qui l’articolo di Carmona:

I grandi mezzi di informazione hanno celebrato da tempo Mark Zuckerberg come il bambino prodigio che, all’età di 23 anni, si è trasformato in un multimiliardario grazie al successo conseguito da Facebook, ma non hanno prestato la loro attenzione all’“investimento di capitale di rischio” di oltre 40 milioni di dollari effettuato dalla CIA per sviluppare la rete sociale.  

Ernesto Carmona

Quando il delirio speculativo di Wall Street ha fatto credere agli improvvidi che il valore di Facebook ammontava a 15 milioni di dollari, nel 2008 Zuckerberg è diventato il miliardario “che si è fatto tutto da solo”, il più giovane della storia della “graduatoria” della rivista Forbes, con 1500 milioni di dollari. A quel momento, il capitale di rischio investito dalla CIA sembrava avere ottenuto degli ottimi rendimenti, ma nel 2009 il “valore” di Facebook è andato ad aggiustarsi al suo valore reale e Zuckerberg è scomparso dalla graduatoria Forbes. La bolla Facebook si è gonfiata quando William Gates, il titolare di Microsoft, vi acquisiva nell’ottobre 2007 una partecipazione dell’1.6%, per un ammontare di 240 milioni di dollari.

Questa operazione induceva a fare il ragionamento per cui, se l’1% di Facebook corrispondeva a 150 milioni di dollari, allora il valore del 100% doveva ammontare a 15 miliardi di dollari, ma il sotterfugio finiva per apparire nella sua piena luce. La questione di fondo è che Facebook esiste grazie ad un investimento di capitali di rischio della CIA. Nel 2009, i grandi mezzi di comunicazione non si sono risparmiati nel produrre “propaganda informativa” per rendere omaggio a Zuckerberg come paradigma del giovane imprenditore di successo, ma la diffusione reiterata di questa “informazione” non è stata in grado di indurre la rivista Forbes a mantenerlo nella sua graduatoria, versione 2009.

Il bambino prodigio spariva dalla lista, malgrado l’intensa campagna propagandistica della CNN e della grande stampa mondiale, che riflettevano gli interessi di Wall Street. La lista Forbes corrisponde ad un Premio Oscar dei grandi affari e fa gonfiare o sgonfiare il valore delle azioni.  

Big Brother – 1984 – George Orwell

La CIA ha investito in Facebook molto prima che questa rete divenisse una delle reti sociali più popolari di Internet, questo secondo una inchiesta del giornalista britannico Tom Hodgkinson pubblicata nel 2008 nel giornale inglese The Guardian e ripresa e commentata da qualche mezzo di comunicazione indipendente di lingua inglese, ma senza alcuna ripercussione nella grande stampa.  

La propaganda corporativa ha trasformato il portale sociale Facebook in sinonimo di successo, di popolarità, e nel contempo di buoni affari. Facebook si presenta come un inoffensivo sito web di relazioni sociali, che facilità i rapporti interpersonali. La sua popolarità ha fatto prevedere che i suoi approssimativamente 70 milioni di utilizzatori potrebbero aumentare in un paio di anni a 200 milioni nel mondo intero, dato che nelle migliori settimane Facebook è arrivato a ricevere fino a due milioni di nuovi utilizzatori. Nel frattempo, Facebook non convince proprio tutti!

Critiche e detrattori:

“Colui che non compare su Facebook non conta nulla o si colloca fuori del sistema”, affermano taluni. Al contrario, altri dichiarano che si tratta di uno strumento atto a costruirsi una nuova immagine senza contenuti, per darsi 

dell’importanza nel mega-supermercato che è diventato Internet, sostituto dei posti pubblici di anziana memoria. I più pragmatici sostengono che Facebook consiste solo in uno strumento per ritrovarsi fra vecchi compagni di infanzia o di gioventù, che si sono persi di vista fra i movimenti della vita. 

I suoi difensori di sinistra ribadiscono invece che Facebook serve a promuovere le lotte contro la globalizzazione e a coordinare campagne contro attività come le riunioni del G8. 

Il giornalista spagnolo:

Pascual Serrano ha descritto come Facebook sia stato utilizzato dal governo della Colombia per coordinare la giornata mondiale contro le FARC, che nel 2008 ha marcato lo scatenarsi dell’offensiva propagandista contro la guerriglia, che continua tutt’oggi.  

Ed è molto evidente come Facebook sia stato utilizzato dalla CIA. 

Per Walter Goobar editorialista di Miradas.com “si è trattato in realtà di un esperimento di manipolazione globale:

Facebook è uno strumento sofisticato finanziato dall’Ufficio Centrale d’Informazione, la CIA, che non solamente lo utilizza per il reclutamento di agenti e per la compilazione di informazioni in lungo e in largo attraverso tutto il pianeta, ma anche per allestire operazioni sotto copertura.”  

Walter Goobar

A grandi linee, Facebook è uno strumento di comunicazione che consente di contattare e di archiviare indirizzi ed altri dati relativi a famigliari ed amici. Per istituzioni come il ministero di Sicurezza per la Patria, degli Stati Uniti, e, in generale, per l’insieme degli apparati di sicurezza dello Stato, consacratisi con pari entusiasmo al “nemico” interno come a quello esterno, dopo l’era Bush, Facebook è una miniera di informazioni sulle amicizie dei suoi utilizzatori. 

Milioni di utenti offrono informazioni sulla loro identità, fotografie, e liste di oggetti di consumo da loro preferiti. 

Un messaggio proveniente da un amico invita all’iscrizione e a partecipare a Facebook. 

I dati personali, spesso catturati da ogni sorta di truffatori e clonatori di carte bancarie, vanno inoltre ad approdare nei dischi rigidi dei computers dei sistemi di sicurezza degli USA.  Il sistema Beacon di Facebook realizza degli elenchi di utenti e associati, includendovi anche coloro che non si sono mai iscritti o quelli che hanno disattivato la loro registrazione. Facebook si dimostra essere più pratico e rapido degli InfraGard, che corrispondono a 23.000 micro-comunità o “cellule” di piccoli commercianti-informatori organizzati dall’FBI al fine di conoscere i profili psico-politici della loro clientela. 

Dopo il dicembre 2006, la CIA ha utilizzato Facebook per reclutare nuovi agenti. 

Altre organizzazioni governative devono sottoporre il reclutamento e gli ingaggi a regole federali, ma la CIA ha acquisito una maggior libertà di azione che non ha avuto mai nemmeno sotto l’amministrazione Bush, perfino per torturare senza salvare nemmeno le apparenze. 

La CIA ha dichiarato: “ Non è necessario ottenere un qualsivoglia permesso per poterci inserire in questa rete sociale.” 

Capitale di rischio della CIA: 

Il giornalista britannico Tom Hodgkinson ha lanciato un ben motivato segnale di allarme rispetto alla proprietà della CIA su Facebook in un articolo ben documentato, “With friends like these…”, pubblicato nel giornale londinese The Guardian, il 14 gennaio 2008.

Il giornalista ha sottolineato come dopo l’11 settembre 2001 l’entusiasmo per l’alta tecnologia si è assolutamente intensificato. 

 Entusiasmo che aveva già catturato gli apparati di sicurezza degli Stati Uniti, dopo che costoro avevano creato due anni innanzi il fondo di capitali “In-Q-Tel”, per far fronte ad opportunità di investimenti a rischio nelle alte tecnologie. 

Secondo il giornalista Hodgkinson, i collegamenti di Facebook con la CIA passano attraverso Jim Breyer, uno dei tre associati chiave che nell’aprile 2005 ha investito in questa rete sociale 12,7 milioni di dollari, associato anche al fondo di capitali Accel Partners, membro dei consigli direttivi di giganti del calibro di Wal-Mart e Marvel Entertainment e per di più ex-presidente di National Venture Capital Association (NVCA), caratterizzata nell’investire su giovani talenti. 

Hodgkinson ha scritto: “La più recente tornata di finanziamenti di Facebook è stata condotta da una compagnia finanziaria denominata Greylock Venture Capital, che vi ha impegnato 27,5 milioni di dollari. Uno dei più importanti associati di Greylock si chiama Howard Cox, che è un altro ex-presidente di NVCA, che inoltre fa parte del consiglio direttivo di In-Q-Tel”. “E In-Q-Tel, in cosa si configura?” si domanda Hodgkinson. “Bene, che lo crediate o no, 

(comunque lo potete verificare sul suo sito web) si tratta di un fondo di capitali a rischio della CIA. Creato nel 1999, la sua missione è quella di “individuare e di associarsi a società che sono intenzionate a sviluppare nuove tecnologie, per sostenere l’apporto di nuove soluzioni necessarie all’Ufficio Centrale d’Informazione CIA”. 

La pagina web di In-Q-Tel raccomandata da Hodgkinson è del tutto esplicita: “Nel 1998, il Direttore della Centrale di Intelligence (DCI) identificava la tecnologia come una prerogativa strategica superiore, direttamente connessa ai progressi della CIA nelle future tecnologie per migliorare le sue missioni di base, di compilazione e di analisi. I responsabili della Direzione di Scienza e Tecnologia hanno elaborato un piano radicale per creare una nuova struttura d’impresa con il compito di consentire un accresciuto accesso dell’Agenzia all’innovazione del settore privato.” Anche aggiungendo ancora acqua non potremo avere più limpidità, conclude Hodgkinson. 

Facebook ha oggi milioni di utenti – e 2 milioni se ne aggiungono ogni settimana. Ma non vi troverete Tom Hodgkinson arruolato come volontario ad offrire i suoi dati personali informativi – non ora che si è reso consapevole delle politiche populiste che stanno nel retroscena di questo sito-rete sociale. 

Questo è il testo dell’articolo di Tom Hodgkinson pubblicato proprio dal The Guardian, lunedì 14 gennaio 2008:   


L’entusiasmo della comunità spionistica di intelligence Statunitense per le innovazioni ad alta tecnologia dopo l’11 settembre 2001 è andato alle stelle, entusiasmo che aveva già catturato gli apparati di sicurezza degli Stati Uniti, visto che costoro avevano creato due anni prima, nel 1999, il fondo di capitali “In-Q-Tel”, per far fronte ad opportunità di investimenti a rischio nelle alte tecnologie. 

Io detesto Facebook. Questo “affare” Americano di enorme successo viene descritto come “un servizio di pubblica utilità sociale che vi mette in comunicazione con le persone che stanno nel vostro intorno”. Ma aspettate un attimo! Perché, per la grazia di Dio, dovrei io avere necessità di un computer per mettermi in comunicazione con le persone che mi stanno attorno? Perché l’insieme delle mie relazioni dovrebbe venire mediato tramite l’immaginazione di un branco di superfanatici degenerati in California? Cosa c’era di sbagliato nel pub? Comunque Facebook mette in comunicazione effettivamente le persone? Piuttosto, non è che ci sconnetta, dato che al posto di fare qualcosa di godibile come passeggiare e mangiare e danzare e bere con i miei amici, meramente invio loro delle note sgrammaticate e mi diverto con fotografie nel ciberspazio, mentre sto incatenato alla mia scrivania? Un mio caro amico di recente mi ha confessato che ha passato un sabato notte da solo a casa su Facebook, bevendo al suo tavolo di computer. Quale malinconica immagine! Ben lontano da metterci in comunicazione, in realtà Facebook ci isola nelle nostre postazioni di lavoro. Facebook fa ricorso ad una qualche forma di vanità e di alta opinione in noi stessi, fin troppo. 

Se io costruisco un ritratto lusinghiero di me stesso con una serie di cose ed attività da me preferite, io costruisco una rappresentazione artificiale di chi io sono, in modo da ottenere sesso o consenso. (“Io amo Facebook,” mi diceva un altro amico, “attraverso Facebook ho potuto anche scopare.”) 

Per di più, Facebook incoraggia una disturbante competitività intorno all’amicizia: sembra che con gli amici oggi, quella che conta sia la quantità e che la qualità non conti nulla. Più amici voi avete, meglio siete. Voi risultate “popolari”, nel senso molto amato nelle scuole superiori Statunitensi. Lo testimonia il titolo di copertina sulla nuova rivista di Facebook del gruppo editoriale Tennis: “Come raddoppiare l’elenco dei vostri amici.” 

Comunque, sembra che io sia veramente molto solo nella mia ostilità. Nel momento in cui scrivo, Facebook dichiara 59 milioni di utenze attive, di cui 7 milioni nella Gran Bretagna, il terzo più grande utilizzatore di Facebook dopo gli USA e il Canada. Si tratta di 59 milioni di creduloni, di potenziali vittime, molti dei quali hanno volontariamente fornito informazioni relative al loro documento di identità e alle loro preferenze come consumatori al sistema affaristico Americano, senza rendersi conto di nulla su questo. Giusto ora, ogni settimana 2 milioni di nuove persone si iscrivono. Al presente tasso di crescita, da ora fino al prossimo anno Facebook avrà più di 200 milioni di utenti attivi. Ed io potrei prevedere che, se mai, questo tasso di crescita vedrà una accelerazione nei prossimi mesi. Come il portavoce di Facebook Chris Hughes dichiara: “ Si è radicato tanto che non può altro che crescere , mentre sarà duro liberarsene.” Tutto questo per me è sufficiente per farmi rigettare Facebook per sempre. Ma vi sono tante altre ragioni per averlo in odio. Veramente tante! 

Facebook è un progetto ben costruito, e le persone che stanno dietro alla sua fondazione, un gruppo di capitalisti di ventura della Silicon Valley, hanno un patrimonio ideologico chiaramente elaborato, che sono fiduciosi di propagare in tutto il mondo. Facebook è una manifestazione di questa ideologia. Come per il precedente PayPal, si tratta di un esperimento sociologico, un’espressione di un particolare tipo di dottrina del libero arbitrio neoconservatrice. Su Facebook, voi potete essere liberi di essere chi desiderate essere, finché non verrete bombardati da annunci pubblicitari dei più importanti marchi del mondo. Come con PayPal, le line di demarcazione nazionali sono una cosa del passato. Sebbene il progetto sia stato inizialmente concepito dalla star delle copertine dei media Mark Zuckerberg, il volto reale che sta dietro alle quinte di Facebook è quello del filosofo futurista Peter Thiel , un quarantenne capitalista di ventura della Silicon Valley. 

Vi sono solo tre membri nel consiglio direttivo di Facebook, e questi sono Thiel, Zuckerberg e un terzo investitore che porta il nome di Jim Breyer, per conto di una impresa di capitali a rischio, la Accel Partners. 

Peter Thiel
Thiel ha investito 500.000 dollari in Facebook , quando gli studenti di Harvard Zuckerberg, Chris Hughes e Dustin Moskowitz lo hanno incontrato a San Francisco nel giugno 2004, subito dopo che questi avevano lanciato il sito. 

Da quel che si dice, attualmente Thiel possiede il 7% di Facebook, che, alla valutazione corrente di Facebook di 15 miliardi di dollari, dovrebbe corrispondere a più di 1 miliardo di dollari. Esiste un ampio dibattito su chi esattamente siano stati i co-fondatori originali di Facebook, ma chiunque siano stati, Zuckerberg è l’unico rimasto nel consiglio direttivo, benché Hughes e Moskowitz lavorino ancora per la compagnia. Thiel è ampiamente riconosciuto nella Silicon Valley e nello scenario Statunitense dei capitali di rischio come un genio libertario. Egli è il co-fondatore e direttore generale del sistema bancario virtuale PayPal, che ha venduto a Ebay per 1.5 miliardi di dollari, guadagnando per sé 55 milioni di dollari. Inoltre, ha amministrato un fondo assicurativo di 3 miliardi di lire sterline, il Clarium Capital Management e un fondo di capitali a rischio denominato Founders Fund. Di recente, la rivista Bloomberg Markets lo ha definito come “uno dei manager di maggior successo del paese nel campo dei fondi assicurativi”. Thiel ha fatto i soldi scommettendo sul rialzo dei prezzi del petrolio e prevedendo in modo giusto l’indebolimento del dollaro. Lui e i suoi amiconi assurdamente ricchi della Silicon Valley sono stati recentemente etichettati come “La Mafia di PayPal” dal periodico Fortune, e un giornalista della rivista ha per di più fatto osservare che Thiel impiega un maggiordomo in uniforme e possiede una superautomobile McLaren da 500.000 dollari. Per altro Thiel è anche un maestro di scacchi, decisivamente competitivo. In questo campo si è anche distinto per avere rovesciato con furia la scacchiera addosso agli altri giocatori, se perdente. E non si è mai scusato per questo atteggiamento iper-competitivo, affermando: “Mostratemi un buon perdente ed io mi dimostrerò perdente!” Ma Thiel è ben più di un capitalista abile ed avido. È anche un filosofo futurista ed un attivista neocon. 

Laureato in filosofia all’università di Stanford, nel 1998 egli scriveva in collaborazione un libro dal titolo “The Diversity Myth – il Mito della Diversità”, un minuzioso attacco contro il liberalismo e l’ideologia multiculturalista, che dominava Stanford. Egli affermava che la “multicultura” portava ad una perdita delle libertà individuali. 

Da studente a Stanford, Thiel aveva fondato un giornale di tendenze di destra, ancora pubblicato, il “The Stanford Review”- motto: Fiat Lux (“Che venga la luce!”). 

Thiel è membro del The Vanguard.org, un gruppo di pressione neoconservatore con sito in Internet, che era stato costruito per attaccare MoveOn.org, un gruppo di pressione liberale che opera sul web. Thiel si definisce “libertario di passaggio”. TheVanguard è diretto da un certo Rod D. Martin, un capitalista-filosofo grande ammiratore di Thiel. Sul sito Thiel dichiara: “Rod è una delle nostre menti guida della nazione nella creazione di nuove ed indispensabili idee per la politica pubblica. Ron è in possesso di una più che completa comprensione dell’America, più di quello che molti poteri esecutivi hanno dei loro affari.” Questo piccolo assaggio dal loro sito web vi darà un’idea della loro visione del mondo: Vanguard è una comunità online di Americani che credono nei valori della conservazione, del libero mercato e del governo limitato della cosa pubblica come i mezzi migliori per produrre aspettative ed opportunità per ognuno, specialmente per i più poveri fra noi.” 

Il loro obiettivo è quello di promuovere politiche che “daranno nuova forma all’America e al mondo”.  TheVanguard descrive la sua politica come “Reaganite/Thatcherite”.  

Un messaggio del presidente recita: “Oggi impartiremo a MoveOn [il sito web liberal], ad Hillary, e ai media radicali di sinistra alcune lezioni che mai hanno immaginato.” Allora, le politiche di Thiel non presentano dubbi di sorta. Cosa possiamo dire sulla sua filosofia? Io ho prestato ascolto ad un podcast [un podcast è un file (generalmente audio o video), messo a disposizione su Internet per chiunque si abboni ad una trasmissione periodica e scaricabile automaticamente da un apposito programma, chiamato aggregatore] sugli indirizzi che Thiel ha dato sulla sua visione del futuro. 

Donald Trump & Peter Thiel

 Un messaggio del presidente recita: “Oggi impartiremo a MoveOn [il sito web liberal], ad Hillary, e ai media radicali di sinistra alcune lezioni che mai hanno immaginato.” Allora, le politiche di Thiel non presentano dubbi di sorta. Cosa possiamo dire sulla sua filosofia? Io ho prestato ascolto ad un podcast [un podcast è un file (generalmente audio o video), messo a disposizione su Internet per chiunque si abboni ad una trasmissione periodica e scaricabile automaticamente da un apposito programma, chiamato aggregatore] sugli indirizzi che Thiel ha dato sulla sua visione del futuro. In breve, questa è la sua filosofia: dal secolo diciassettesimo, alcuni pensatori illuminati hanno sottratto il mondo da una esistenza legata a valori vecchi, costretta dallo stato di natura, e a questo proposito cita la famosa caratterizzazione di Thomas Hobbes sull’esistenza come “cattiva, brutale e caduca”, in favore di un nuovo mondo effettivo, in cui noi abbiamo conquistato la natura. Attualmente, viene riposto valore nelle cose immaginarie. Thiel sottolinea come PayPal poneva le sue motivazioni su questa concezione: non si ripone valore su oggetti di produzione reale, ma nelle relazioni fra esseri umani. Quindi, PayPal costituiva una modalità di movimentare denaro in tutto il mondo senza alcuna limitazione. La rivista “Bloomberg Markets” si esprimeva così al riguardo: “Per Thiel, PayPal è tutto centrato sulla libertà: dovrebbe consentire alla gente di scansare i controlli monetari e movimentare denaro in tutto il mondo.”  

 Chiaramente, Facebook è un altro esperimento del grande capitale: volete fare denaro con l’amicizia? Volete creare collettività libere da confini nazionali – e quindi vendere poi a queste la Coca-Cola? Facebook è profondamente acreativo. Non fa nulla di tutto questo. Semplicemente fa da mediatore in relazioni che sarebbero avvenute comunque. 

Il mentore filosofico di Thiel è un certo René Girard della Stanford University, che propone una teoria sul comportamento umano denominata “desiderio mimetico”. 

Girard riconosce che la gente è essenzialmente un branco di pecore, che tendono a copiarsi l’un l’altra senza troppa riflessione. Quindi la teoria dovrebbe sembrare essere dimostratamente corretta nel caso dei mondi virtuali di Thiel: l’oggetto desiderato è irrilevante; tutto quello che è necessario sapere è che gli esseri umani tenderanno a muoversi come un gregge. Da qui, le bolle finanziarie! Da qui, l’enorme popolarità di Facebook! 

Girard è una presenza regolare alle serate intellettuali di Thiel. 

René Girard

Quello che non sentirete mai nella filosofia di Thiel, fra parentesi, sono concetti…antiquati del mondo reale, come arte, bellezza, amore, piacere e verità. Internet è estremamente attraente per i neocons come Thiel, visto che promette un certo tipo di libertà nelle relazioni umane e negli affari, libertà dalle fastidiose leggi nazionali, dai confini nazionali e da cose di tal fatta.

Internet apre su un mondo di libero commercio e di espansione liberistica.  

Perciò, Thiel si mostra approvare i paradisi fiscali, e afferma con chiarezza che il 40% delle ricchezze mondiali risiedono in posti come Vanuatu [una Repubblica situata nell’Oceano Pacifico meridionale], le Isole Cayman, Monaco e le Barbados.  

 Penso che non siamo molto lontani dal dire che Thiel, come Rupert Murdoch, è contrario ad ogni tipo di tassazione. Inoltre ama la globalizzazione della cultura digitale, perché il digitale mette i signori supremi del sistema bancario al riparo da attacchi; e per questo ha dichiarato: “Non è possibile avere una rivoluzione operaia che prenda il controllo delle banche, se queste banche hanno la sede a Vanuatu.” Se l’esistenza nel passato era cattiva, brutale e caduca, allora per il futuro Thiel desidera renderla molto più lunga, e per questo fine ha investito in un’impresa che sta esplorando tecnologie che procurino un allungamento della vita. Egli ha impegnato 3.5 milioni di sterline su Aubrey de Grey, un gerontologo con sede a Cambridge, che sta ricercando le chiavi dell’immortalità. 

Inoltre, Thiel fa parte del consiglio direttivo di un istituto denominato “Singularity Institute for Artificial Intelligence”. Estrapoliamo dal suo fantastico sito web: “L’istituto Singularity è la creazione tecnologica di un’intelligenza più acuta di quella umana. Esistono diverse tecnologie…che spingono in questa direzione…Intelligenza Artificiale…dirette interfacce cervello-computer…ingegneria genetica…differenti tecnologie che, se raggiungessero un livello percettivo di sofisticazione, dovrebbero consentire la creazione di un’intelligenza più acuta di quella dell’uomo.” Dunque, per sua stessa ammissione, Thiel sta cercando di distruggere il mondo reale, che egli identifica con “natura”, per imporre al suo posto un mondo virtuale, ed è in questo contesto che noi dobbiamo considerare la nascita di Facebook. 

Facebook consiste in un esperimento programmato a tavolino di manipolazione globale, e Thiel è un giovane e lucido pensatore nel pantheon dei neoconservatori, con una inclinazione per insolite fantasie techno-utopistiche. Ed io non desidero aiutare nessuno a diventare ancora più ricco!  

Il terzo membro del consiglio direttivo di Facebook è Jim Breyer, un partner nell’impresa a capitale di rischio “Accel Partners”, che nell’aprile 2005 ha portato in Facebook 12.7 milioni di dollari. Breyer fa parte del consiglio di amministrazione di giganti Statunitensi del calibro di “Wal-Mart” e di “Marvel Entertainment”, ed inoltre è un ex presidente della “National Venture Capital Association (NVCA)”. 

Jim Breyer

Ora, queste sono le persone che realmente muovono le cose negli Stati Uniti, dator che investono nei giovani talenti, sul tipo di Zuckerberg. La più recente tornata di finanziamenti di Facebook è stata condotta da una compagnia denominata “Greylock Venture Capital”, che ha posizionato una somma pari a 27.5 milioni di dollari. Uno dei soci importanti di Greylock si chiama Howard Cox, un altro ex presidente della NVCA, che è anche nel consiglio direttivo di “In-Q-Tel”. 

A cosa corrisponde “In-Q-Tel”? Bene, che lo crediate o no (ma lo potete verificare nel loro sito web), https://www.iqt.org/ questa organizzazione gestisce il fondo a capitale di rischio della CIA. Prima dell’11 settembre, l’organizzazione spionistica Statunitense si era tanto eccitata per le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e dalle innovazioni portate avanti nel settore privato, che nel 1999 istituiva un suo fondo a capitale di rischio, l’In-Q-Tel, che “identifica e si associa con quelle imprese che sviluppano tecnologie all’avanguardia per aiutare a trasmettere queste soluzioni alla Central Intelligence Agency e ai contigui Servizi Informativi (IC) per le loro future missioni”.  

Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e la CIA adorano la tecnologia perché questa consente loro di spiare più facilmente. Nel 2003, il Ministro della Difesa USA Donald Rumsfeld dichiarava: “Noi abbiamo bisogno di trovare nuovi mezzi per scoraggiare i nuovi avversari; abbiamo necessità di spiccare un balzo nell’era dell’informazione, cosa che costituisce il fondamento cruciale dei nostri sforzi di trasformazione.” 


Il primo presidente di “In-Q-Tel” è stato Gilman Louie, che aveva fatto parte del consiglio direttivo della NVCA con Breyer.  
Un’altra figura chiave nella squadra di “In-Q-Tel” è Anita K. Jones, ex- direttrice delle ricerche e dei servizi di ingegneria per la difesa per il Ministero della Difesa degli USA e, sempre con Breyer, membro del consiglio di amministrazione di “BBN Technologies”. 
Anita K. Jones

Quando lei ha lasciato il Ministero della Difesa USA, il Senatore Chuck Robb le ha riservato il seguente tributo: “La Jones ha procurato la tecnologia e le organizzazioni militari operative insieme ai progetti dettagliati per sostenere il dominio Statunitense sui campi di battaglia per il prossimo secolo.” 

Ora, anche se voi non accogliete l’idea che Facebook sia una qualche sorta di allargamento del programma imperialista Americano incrociato con un massiccio strumento di raccolta delle informazioni, comunque non vi è modo di negare che come affare consista in una trovata puramente megageniale. Alcuni analisti della rete hanno suggerito che la sua valutazione di 15 miliardi di dollari sia eccessiva, ma io reputo al contrario che sia troppo modesta. Le sue quotazioni sono veramente da vertigine, ma il suo potenziale di crescita è effettivamente senza limiti.  
Big Brother – Grande Fratello

La voce impersonale del Grande Fratello sui siti web incita: “Tutti desideriamo essere in grado di usare Facebook”. Potete scommettere che questo avverrà! 

È il potenziale enorme di Facebook che ha indotto Microsoft ad acquisirne l’1.6% per 240 milioni di dollari. Una recente voce di corridoio assicura che l’investitore Asiatico Lee Ka-Shing, si dice che sia il nono uomo più ricco del mondo, ha acquistato lo 0.4% di Facebook per 60milioni di dollari. 

 I creatori del sito devono fare ben poco, se non giocherellare con il programma. Principalmente, devono molto semplicemente stare a guardare e aspettare che milioni di fanatici intossicati da Facebook a titolo volontario inviino file con dettagliati i loro dati identificativi, le loro fotografie ed elenchi dei loro oggetti favoriti di consumo. Dopo avere assemblato questo enorme “database” di esseri umani, Facebook non ha altro da fare che vendere ad agenzie pubblicitarie le informazioni ricevute, o, come ha sottolineato Zuckerberg in un recente blog post, “di cercare di aiutare le persone a condividere informazioni con i loro amici su argomenti e cose che fanno sul web.” Ed infatti, è precisamente quello che sta avvenendo. 

Il 6 novembre dello scorso anno, Facebook ha annunciato che 12 marchi mondiali hanno dato la scalata al consiglio direttivo. Fra loro, Coca-Cola, Blockbuster, Verizon, Sony Pictures e Condé Nast. Tutti addestrati nelle stupidaggini del marketing di ordine più elevato, i loro rappresentanti hanno reso commenti di fiamma di questa natura: “Con Facebook Ads, il nostro marchio può diventare parte del modo in cui gli utenti comunicano ed interagiscono su Facebook,” ha affermato Carol Kruse, vice presidente della sezione marketing interagente mondialmente della Coca-Cola Company. 

“Noi pensiamo questa come una maniera innovativa di coltivare relazioni fra milioni di utenti, mettendoli in grado di interagire con Blockbuster in un modo conveniente, adatto e divertente,” così ha dichiarato Jim Keyes, presidente e direttore generale della Blockbuster. “Questo va al di là della creazione di effetti pubblicitari. Questa è la ragione per cui Blockbuster partecipa alla comunità dei consumatori, in modo tale che, per concerto, i consumatori vengono motivati a condividere i vantaggi del nostro marchio con i loro amici.” “Condividere”, questo il linguaggio di Facebook, per “reclamizzare”! Iscrivetevi a Facebook e diverrete gratuitamente pubblicisti rice-trasmittenti per Blockbuster o la Coca, decantanti le virtù di questi marchi ai vostri amici. 

Stiamo assistendo alla modificazione mercantile delle relazioni umane, all’estrazione del valore capitalistico dall’amicizia. 

Ora, rispetto a Facebook, i quotidiani, ad esempio, cominciano ad apparire sorpassati senza speranza come modello produttivistico. Un giornale vende spazi pubblicitari alle imprese commerciali perché sembra vendere materiale di valore ai suoi lettori. Ma questo sistema è molto meno sofisticato di Facebook per due ragioni. Una è quella che i giornali devono affrontare la fastidiosa spesa per pagare i giornalisti che devono fornire i contenuti. Facebook fornisce questo servizio gratuitamente. 

L’altra è che Facebook può raggiungere l’obiettivo pubblicitario con una precisione molto più grande di quella di un quotidiano. È vero che Facebook recentemente naviga in acque agitate, dato il suo programma pubblicitario Beacon. Degli utenti avevano fatto presente come uno dei loro amici aveva fatto un acquisto online presso alcuni esercizi commerciali pubblicizzati; 46.000 utenti hanno considerato che quel livello di pubblicità risultava intrusivo ed hanno firmato una petizione dal titolo “Facebook! Basta invadere la mia privacy!”, tanto per dire. Zuckerberg ha presentato le scuse presso il blog della compagnia, asserendo che ora il sistema era mutato da “opt-out” a “opt-in”. 

[ N.d.tr.: Con il termine “opt-out” (in cui opt è l’abbreviazione di option, opzione) ci si riferisce ad un concetto della comunicazione commerciale diretta (direct marketing), secondo cui il destinatario della comunicazione commerciale non desiderata ha la possibilità di opporsi ad ulteriori invii per il futuro. In mancanza di tale opposizione e in virtù di una sorta di silenzio-assenso può continuare a essere destinatario di questo tipo di comunicazioni; i metodi di opt-out sono quindi i metodi con cui un individuo può evitare di ricevere informazioni su prodotti o servizi non desiderati. Un esempio molto comune di opt-out è l’apposizione della scritta “Niente pubblicità” o similare sulla propria casella di posta in modo da evitare l’inserimento non desiderato di depliant pubblicitari. 

Si definisce “opt-in” il concetto inverso, ovvero la comunicazione commerciale può essere indirizzata soltanto a chi abbia preventivamente manifestato il consenso a riceverla. I metodi di opt-in sono i metodi con cui un individuo può esprimere il consenso al ricevimento di informazioni su prodotti o servizi non desiderati. Un esempio molto comune di opt-in è l’invio di una e-mail per confermare la propria volontà di ricevere un servizio che potrebbe essere stato attivato senza esplicito assenso.]  

Ma ho il sospetto che la piccola ribellione a questo sistema tanto radicalmente modificato sarà quanto prima dimenticata: dopo tutto, nella Gran Bretagna della metà del diciannovesimo secolo vi è stata perfino una protesta nazionale da parte del movimento per le libertà civili quando era stata proposta l’idea di una forza di polizia! Per di più, voi tutti, utenti di Facebook, avete letto effettivamente le norme che regolano la privacy? Questo vi sta a dimostrare che non avete molta privacy. 

Facebook pretende di essere un campione di libertà, ma in realtà non è forse un sistema virtuale totalitario, ideologicamente motivato, con una popolazione di utenti che va ben oltre a quella della Gran Bretagna? Thiel e gli altri hanno creato un loro proprio paese, una nazione di consumatori. Ora, come Thiel e gli altri nuovi proprietari di questo poetico cyberspazio, voi potrete trovare questo esperimento sociale anche tremendamente eccitante. Finalmente si è realizzata la condizione Illuminista tanto desiderata fin dai tempi dei Puritani del diciassettesimo secolo che hanno veleggiato verso il Nord America, un mondo dove ognuno è libero di esprimere se stesso come più gli aggrada. I confini nazionali sono una cosa del passato ed ognuno salterella insieme a ruota libera in uno spazio virtuale. La natura è stata conquistata tramite l’abilità inventiva illimitata dell’uomo. Sì. E come voi potete decidere di inviare al geniale investitore Thiel tutti i vostri denari, allora certamente dovreste impazientemente attendervi la costituzione pubblica di un sistema Facebook senza blocchi limitanti. O potreste riflettere che veramente non potete desiderare di far parte di questo programma pesantemente finanziato per creare una arida repubblica virtuale globale, nella quale il vostro io e le relazioni con i vostri amici sono trasformati in merci da vendere ai marchi giganti mondiali. 

Voi potreste decidere di non volere di far parte di questo tentativo di prendere il controllo sul mondo. Per parte mia, io non sono interessato al sistema Facebook, rimango quanto possibile senza strumenti elettronici e spendo il mio tempo che risparmio non per andare su Facebook, ma per fare qualcosa di utile come leggere qualche libro. Perché dovrei desiderare di sprecare il mio tempo su Facebook, quando non ho ancora letto il poema “Endimione” di John Keats? E quando vi sono ancora sementi da piantare nel mio giardino di casa? Non ho alcun desiderio di allontanarmi dalla natura, desidero ricongiungermi con essa. Maledetta l’aria condizionata! E se io desidero mettermi in rapporto con le persone che mi stanno attorno, farò riferimento ad un metodo tecnologico molto antico. Si tratta di un metodo libero, facile da usare e che trasmette una ineguagliabile esperienza individuale nel distribuire le informazioni: questo metodo viene denominato “parlare faccia-a-faccia con gli altri”.  

La politica di Facebook sulla privacy. (Tanto per divertimento, proviamo a sostituire le parole “Grande Fratello” tutte le volte che leggiamo la parola “Facebook”.) 

1) Noi vi faremo pubblicità: “Quando usate Facebook, avete la possibilità di fornire il vostro profilo personale, costruire relazioni, inviare messaggi, svolgere ricerche e presentare quesiti, formare gruppi, presentare eventi, rivolgere istanze e trasmettere informazioni mediante svariati canali. Noi raccoglieremo queste informazioni in modo tale da fornirvi i servizi ed offrirvi attrattive personalizzate.”

2) Voi non potete cancellare o perdere nulla: “Quando volete aggiornare le informazioni, noi conserviamo di regola una copia registrata della versione originale per un ragionevole periodo di tempo in modo da rendere possibile la riacquisizione della primitiva versione di quelle informazioni.”

3) Ognuno può lanciare uno sguardo sulle vostre più personali confessioni: “… noi non possiamo garantire, e non lo facciamo, che il contenuto pubblicato sul sito da un utente non sarà visionato da persone non autorizzate. Noi non ci rendiamo responsabili per l’aggiramento di qualsiasi regolazione della privacy o delle misure di sicurezza presenti sul sito. Voi siete ben consapevoli che, anche dopo la rimozione, copie del contenuto dell’utente possono rimanere visibili in pagine conservate nelle memorie di archivio, o possono essere state copiate da altri utenti, che ne hanno conservato il contenuto.”

4) Il profilo di marketing che noi vi procuriamo sarà imbattibile: “Inoltre, Facebook ha la potenzialità di raccogliere informazioni su di voi da altre fonti, come giornali, blog, servizi che consentono di scambiare messaggi in tempo reale e da altri utenti del sistema Facebook mediante l’operatività del servizio (ad esempio, cartellini fotografici) in modo da fornire informazioni a vostro riguardo le più opportune e un curriculum più personalizzato.”

5) Decidere di ritirarsi non vuol dire “decidere di ritirarsi.”: “Facebook si riserva il diritto di mettere a disposizione i dati che vi concernono, anche se decidete di ritirarvi del tutto spontaneamente mediante comunicazioni via e-mail.”

6) La CIA può visionare tutto il materiale, quando ritiene opportuno farlo: “Diventando utenti di Facebook, voi acconsentite a che i vostri dati personali possano essere trasferiti ed elaborati negli Stati Uniti…Noi possiamo ricevere la richiesta di mettere a disposizione le informazioni su un utente conformemente ai requisiti e alle norme di legge, come mandati di comparizione o citazioni del tribunale, o in conformità alle applicazioni di norme legali. Noi non rendiamo pubbliche le informazioni fintanto che non riceviamo valide garanzie che le richieste di informazioni per imposizioni legali o per controversie private non corrispondano a consone modalità legali standard. Inoltre, noi possiamo condividere il materiale informativo quando pensiamo sia necessario in ottemperanza della legge, per proteggere i nostri interessi e le nostre proprietà, per prevenire frodi o altre attività illegali perpetrate tramite il servizio di Facebook o con l’utilizzo del marchio Facebook, o per impedire imminenti lesioni corporali. Questo può intendersi come condivisione di informazioni con altre compagnie, studi legali, magistrati, agenti o agenzie governative.” 

Concludendo, sono passati nove anni da quegli articoli, la situazione è peggiorata e ora si assiste a veri attacchi in rete di informazioni false, create ad hoc e fuorvianti, dalle quali una sola regia può intessere la rete, sia nei controlli dei fruitori, che per la fonte dalle quali partono, un grande e potente Servizio Segreto cospirativo, la CIA.

Si Ringrazia per la raccolta di parte di queste notizie: Umberto Spallotta

PAOLO BONGIOVANNI

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