Fac, Piaggio, Gavarry: storie di industrie, di fallimenti e di speculazioni edilizie

 

FAC, PIAGGIO, GAVARRY:
STORIE DI INDUSTRIE, DI FALLIMENTI
E DI SPECULAZIONI EDILIZIE. 

  FAC, PIAGGIO, GAVARRY:
STORIE DI INDUSTRIE, DI FALLIMENTI E DI SPECULAZIONI EDILIZIE. 

   La storia dell’industria savonese sembra avere un’inesorabile fine, non troppo felice da quello che si può capire e neanche tutta dettata dalla crisi economica, qui più che mai alibi sbandierato di altre perdenti malcelate strategie.

L’industria savonese ha quasi sempre una vera “sfortuna”, quella  di risiedere con i suoi edifici, con le sue officine, con i suoi laboratori su aree qualitativamente strategiche che, oggi, finiscono per fare gola a chi vuole a tutti i costi trarne profitto da operazioni immobiliari.

 Chi cerca alleanze politiche e talvolta coperture sindacali, per riuscire a promuovere”accordi di programma”, concordare delocalizzazioni mirate, giustificare difficoltà intrinseche a quella o a quell’altra lavorazione per convincere le maestranze e tutti i cittadini che da lì l’industria deve andare via, non ha certo a cuore l’attività produttiva, tantomeno il destino di operai e maestranze che, non sempre vedrebbero a rischio il loro posto di lavoro per la crisi economica.


Fac 
I casi più eclatanti non sono industrie come una centrale a carbone, un’industria metallurgica, un bitumificio o cementificio che sia; non si parla di un’industria le cui emissioni compromettono la vita di interi territori, ma di una fabbrica di tazzine e stoviglie di ceramica come la FAC di Albisola, con commesse e richieste di prodotti che proprio in tempo di crisi avrebbero fatto invidia a chiunque.

Si parla della Piaggio ( di Finale Ligure), una industria prestigiosa la cui crisi sembra essere stata più pilotata che reale.

Si parla della Gavarry (di Albisola), una fabbrica storica di saponi e prodotti per l’igiene, che nel 2013  ha un fatturato di +2,8% e che oggi mette in cassa integrazione 34 dipendenti.

Tutte sembrano avere una comune colpa: quella di essere situate in luoghi appetibili, troppo adatti a speculazioni immobiliari .

Sulle vicende della FAC si è già detto molto, sull’incapacità di chi la dirigeva a mantenere con competenza e soprattutto con lungimiranza quella che poteva continuare a essere una realtà produttiva prestigiosa e unica nel nord Italia.


Piaggio di Finale

Sulla sua area, certi che potesse essere la panacea dei suoi mali, persino gli operai e i sindacati hanno sperato che si realizzasse l’operazione immobiliare che avrebbe foraggiato la delocalizzazione in non si sa quale luogo.

Evidentemente i tempi non sono stati maturi oppure, la faccenda poco edificante dove il cemento, a qualunque costo e di qualsiasi entità, debba diventare il salvatore di un’azienda che ha contribuito ad affossare , non ha trovato, per ora, convinti e sfrontati patrocinatori.

 Troppo vicine le elezioni e il fine mandato? Un affare troppo rischioso da gestire di questi tempi ?

Non c’è dubbio che comunque la FAC quell’area l’abbia liberata, col suo fallimento “opportuno”, ha tolto l’ultimo incomodo, dopo la Piral, altra prestigiosa  industria di terraglia  albisolese finita allora nelle mani di chi pensava più al cemento che alle “pignatte”, anch’essa de localizzata in uno squallido  capannone a Vado Ligure.

 L’area di Via Casarino ora è completamente libera e la prossima amministrazione (magari uguale all’attuale) potrà dare il via all’intera lottizzazione.

La Gavarry, nota e altrettanto storica fabbrica di saponi, sta affrontando una vicenda del tutto simile la FAC.


Gavarry

Nel marzo 2012 viene trasferita da Albisola Superiore a Tiassiano di Valleggia, in una sede infelice, all’altezza della centrale. Le motivazioni stanno in un accordo di programma, stilato dall’amministratore delegato e dalla giunta comunale precedente, quella del sindaco Parodi, che prevedeva che la fabbrica lasciasse libere le aree (guarda caso anch’esse in una posizione allettante) che, cambiando destinazione d’uso, sarebbero diventate oggetto di una massiccia edificazione residenziale, ripagando la proprietà che avrebbe finanziato la nuova sede.

Quando la sottoscritta, manifestò la sua opposizione all’idea del trasloco, che stava già maturando nella Giunta del 2000,  di un’azienda che ad Albisola  avrebbe dato non solo lavoro, ma prestigio al territorio albisolese, con la produzione di un sapone di Marsiglia che con processi artigianali tradizionali e di ottima qualità, magari promuovendone l’eventuale sviluppo con convenzioni con altre manifatture presenti sul territorio e l’eventuale vendita commerciale, l’amministratore rispondeva che quel sistema produttivo non era più compatibile con quel tipo di architettura sviluppata su più piani  e quindi inevitabile il trasferimento.

Ma è proprio sicuro che le amministrazioni non avrebbero potuto fare di più, magari, conservando l’attuale destinazione d’uso, consentendone una ristrutturazione che avrebbe avuto il suo valore e oggi un diverso destino?

Non è questo il ruolo dell’amministrazione pubblica di un territorio?

Qual è stato, poi, il ruolo del sindacato in queste vicende?

Pallido è dir poco.

Oggi che l’affare immobiliare sulle aree Gavarry non si fa più, per i ricorsi dei cittadini che si oppongono non solo a interventi su una zona esondabile , ma all’edificazione di due torri di decine di piani (quelli sì incompatibili)  al posto di quell’architettura industriale (neanche tanto  sgradevole), sostengono “…è difficile non pensare ad una speculazione edilizia!” e si mostrano preoccupati.

Industrie, storie e tristi vicende dove la parte politica sembra avere avuto un ruolo importante e non certo a difesa della produzione e dei posti di lavoro, tutta intenta a mediare tra i proprietari e costruttori insaziabili.

 Difficile, poi, trovare veri responsabili nei diversi schieramenti politici, perché mentre lo spostamento della Gavarry e la delocalizzazione della Fac sono state pensate nella giunta governata dal centro-sinistra del Sindaco Parodi, è anche vero che il Sindaco Orsi, centro-destra, l’ha realizzate egregiamente. La continuità delle scelte politiche in fatto di progetti immobiliari è sotto gli occhi di tutti e davanti a questi non ci sono lavoratori che tengano.

                                                            ANTONIA BRIUGLIA 

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