Endotanasia o catarsi del governo Meloni?
Tra declino e rinascita, il centrodestra al bivio della sua stessa sopravvivenza
Politica surreale e autolesionismo collettivo: un balletto di contraddizioni tra austerità e retorica populista, in cui l’eutanasia di governo sembra inevitabile, ma la catarsi è ancora lontana.
Il potere come lenta endotanasia
L’endotanasia, intesa come l’autodistruzione interna di un organismo, appare oggi una lente attraverso cui guardare il governo Meloni. In un’escalation di tensioni e contraddizioni, l’esecutivo sembra vivere un lento processo di dissoluzione, incapace di trovare una via d’uscita che non sia autolesionistica. Ogni ministro si barrica dietro le proprie priorità, incapaci di agire come corpo unico. Giorgia Meloni, la leader che voleva incarnare l’autoritarismo decisionale della sua tradizione politica, è ora costretta a continui compromessi, frustrata dall’impossibilità di imporre una linea decisa.
Giorgetti e il pallottoliere dei sogni infranti
Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’Economia, ha assunto il ruolo scomodo dello strozzino che, invece di gestire la spesa pubblica come un bon vivant craxiano, si ritrova a fare conti con un pallottoliere. Le sue manovre sembrano più calcoli da ragioniere che visioni da statista, e ogni taglio diventa un affondo sul corpo già martoriato del bilancio pubblico. Il sogno di un’espansione economica senza limiti si infrange contro la realtà di un’Europa che chiede rigore, mentre il paese annaspa tra la crisi sociale e il malcontento elettorale.
Tajani: il grugnito di un sogno finito
Antonio Tajani, l’erede sbiadito dell’immortale Berlusconi, si presenta in scena con il sigaro e il cilindro, ma più che un magnate splendente sembra un anziano signore che grugnisce di fronte a una politica che non riconosce più. La sua retorica contro l’imposizione di nuove tasse sugli extra-profitti bancari suona come una difesa stanca di privilegi ormai fuori tempo, un tentativo di resuscitare un passato glorioso che non tornerà più. Tajani si aggrappa ai fantasmi del berlusconismo, mentre l’attualità politica gli sfugge di mano.
Salvini e il pentimento nazionale
Matteo Salvini, nel frattempo, si ritrova a maledire il giorno in cui ha trasformato la Lega da partito regionale in un’entità nazionale. La sua breve stagione di gloria è stata travolta dalla necessità di mediare con alleati e nemici interni, mentre la vecchia retorica antistatale di “Roma ladrona” non può più essere il grido di battaglia di un leader che siede al governo. Le barricate di Salvini oggi sono simboliche, ma la sua frustrazione è palpabile. Il guerriero di una volta è ora un soldato stanco, prigioniero delle sue stesse ambizioni.
Crosetto e la facciata del gigante buono
Guido Crosetto, con la sua imponente stazza e il sorriso bonario, cela dietro l’immagine del gigante buono la fama di guardiano dell’industria militare. Il suo fervore nel richiedere ulteriori fondi per l’ammodernamento delle forze armate non è solo patriottismo, ma anche una necessità economica per sostenere un settore cruciale. Tuttavia, ogni suo discorso sull’ampliamento del budget militare suona come una cacofonia rispetto alle richieste di austerità e tagli, esponendo le contraddizioni interne al governo.
Piantedosi: il mite contraddittorio
Matteo Piantedosi è il mite di cui nessuno si aspetterebbe decisioni dure, eppure si trova a benedire il controverso accordo sull’export di migranti in Albania. Il responsabile dell’Interno sembra fluttuare in un limbo tra la necessità di mantenere l’ordine pubblico e l’incoerenza delle politiche migratorie di un governo che si fa scudo di una retorica securitaria mentre chiude gli occhi di fronte alle sue stesse contraddizioni.
Schillaci: il medico del paradosso
Orazio Schillaci, il ministro della Sanità, è il medico costretto a una cura che non guarisce. La sua richiesta di fondi per il personale sanitario è stata dimezzata, e ora si trova a dover gestire una sanità che più che curare, deve sopravvivere. Ogni taglio al budget sanitario è un colpo inferto alla possibilità di riforme strutturali, e Schillaci sembra destinato a essere ricordato come il ministro delle occasioni mancate.

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Le frattaglie del potere
In questo caos, emergono figure politiche minori, ma non meno emblematiche. Maurizio Lupi, che spera ancora in una resurrezione politica, si trova invece sempre più emarginato in un contesto caotico. E poi ci sono i parvenues, come Donzelli e Crippa, che sgomitano senza capire esattamente perché o per cosa. La loro presenza appare più come un riempitivo, un elemento grottesco in una commedia dell’arte che si fa farsa.
Le regionali: un teatro dell’assurdo
In questo scenario di endotanasia politica, le regionali in Liguria, Emilia Romagna e Umbria non sono altro che una farsa. Più che competizioni politiche serie, sono uno spettacolo per un pubblico ormai stanco e disilluso. Le campagne elettorali si trasformano in un teatro dell’assurdo, dove le promesse si accavallano, sapendo già che saranno disattese.
Catarsi: un’illusione lontana
La catarsi, il processo di purificazione e rinascita, sembra un’illusione. Il governo Meloni è bloccato in una palude di compromessi sterili, incapace di liberarsi dalle sue stesse contraddizioni. La possibilità di una rigenerazione politica sembra sempre più lontana, mentre l’endotanasia del centrodestra prosegue inesorabile. La domanda è: riuscirà a risorgere dalle sue ceneri o sarà l’ennesima vittima del ciclo autolesionistico della politica italiana?