ELMO & MOSCHETTO

Il Medio Oriente è, oggi più che mai, un rompicapo. L’unica cosa certa è che Israele ha introiettato i principi dei persecutori dei suoi progenitori, a cominciare dalla riproposta esigenza di uno “spazio vitale”. Sin dal 1948, quando gli fu concesso una striscia di Palestina -sull’onda emozionale degli orrori da cui quegli ormai lontani progenitori erano da poco usciti- senza naturalmente chiedere il permesso ai suoi legittimi occupanti, Israele ha tosto dimostrato che il dono gli stava stretto.

La mappa rende l’idea della sproporzione territoriale di Israele rispetto ad altri Stati, oggi in particolare l’Iran

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E poiché Israele era, di fatto, una tacita emanazione degli Stati Uniti, un suo prolungamento oltreoceano, quasi un suo 51° Stato, godette sin dall’inizio di generose sovvenzioni pecuniarie e di tutta la tecnologia made in USA, senza il timore che finisse in mani oggi amiche, domani nemiche. Un simile fazzoletto di terra era, sin dall’inizio, una minaccia al quieto vivere di tutta l’area mediorientale, una mina sempre pronta ad esplodere.
Solo la sua stretta parentela con gli USA può spiegare la sua baldanza e la tendenza yankee a “metter mano alla fondina”, intimorendo gli Stati vicini, pur con numero di abitanti estremamente maggiore. Piccolo come estensione, ma agguerritissimo: pestare i piedi a Israele era -ed è- come farlo agli USA.
L’ultima conferma si è avuta col recente impegno militare su vari fronti, ultimo l’Iran, partendo dal solito pretesto dell’autodifesa preventiva, sulla base di un ipotetico piano di arricchimento dell’uranio, fino alla possibilità di produrre la bomba atomica. Non esistono prove in tale senso, solo il mantra della sicurezza israeliano, che suona tanto come un bis della stessa tecnica di false flag usata a più riprese dal protettore americano, in particolare per giustificare l’invasione brutale dell’Iraq, sulla base di fantomatiche armi di distruzione di massa. Una mossa alla quale tutto l’Occidente credette, giustificando tutto ciò che ne seguì.

L’UE ha chiuso entrambi gli occhi sui crimini di Israele, non pronunciando parole di netta condanna per ciò che continua a fare a Gaza e, più recentemente, contro l’Iran, sulla base di false flag: uno stratagemma imparato dagli USA, che ne hanno fatto largo uso negli anni, per giustificare atti di invasione in Stati sovrani sotto il vessillo della democrazia

Fino a quando il minuscolo Israele riuscirà a tener testa a vari avversari? A Gaza, per la verità, ha gioco facile: brutalizza una popolazione inerme, a cominciare dalla fame procurata e mantenuta sparando su chi si sbraccia per afferrare un sacco di aiuti umanitari. In Libano sono sconfinati, fregandosene del contingente cuscinetto dei caschi blu dell’ONU, e vincendo la resistenza di patrioti, etichettati come “terroristi”, al pari dei patrioti di Gaza.

Netanyahu, criminale di guerra e terrorista seriale, sta conducendo varie guerre su altrettanti fronti. Per prolungare il suo stato politico e personale ed evitare di finire in galera, non esita a incendiare il Medio Oriente e a rovinare la sua stessa nazione. Messo alle strette, non esiterà ad usare la bomba atomica

Questo epiteto abbonda, ieri sulla bocca degli americani dopo l’11 settembre 2001, e oggi su quella dei loro emuli israeliani. Mentre entrambi sarebbero garanti della sicurezza, nonché del trasferimento dei valori democratici occidentali a popoli asserviti a tiranni autocratici.
Con l’Iran il discorso si è fatto più duro, perché hanno trovato pane per i loro denti.
Ne è sorta una strana guerra senza militari al fronte, tra 2 nazioni non confinanti, quasi una gara a chi finisce per prima le armi a disposizione; in questo caso missili e droni. Sembra, ma il segreto militare la fa da padrone in questi casi, che l’Iran disponga di un numero maggiore di missili e droni; ma soprattutto abbia la capacità di sparare proiettili di molto minor costo rispetto al sistema di protezione antiaerea, Iron Dome, di cui s’è dotato Israele.

Guerra missilistica tra Israele e Iran, in parte cominciata tra Russia e Ucraina; ma con un’abissale moltiplicazione di vite umane nel secondo caso, dato l’enorme dispiegamento di truppe. La distanza tra i contendenti suggerisce l’uso di proiettili sempre più devastanti, con la tentazione finale di ricorrere al nucleare

Un rapporto tra milioni e decine di migliaia di dollari, insomma. Tra l’altro, il costosissimo Iron Dome (Cupola di ferro) ha dimostrato tutta la sua inefficacia, lasciandosi bucare dai proiettili iraniani. Proiettili sempre più micidiali, da missili ipersonici a bombe a grappolo (peraltro vietate, ma chi si cura più delle regole?), che colpiscono simultaneamente più obiettivi. Nel caso di un missile ipersonico, l’effetto sulla psiche umana è amplificato dall’assommarsi, al boato dello schianto, di tutto il rumore prodotto negli ultimi stadi precedenti al raggiungimento del bersaglio.
A questo stadio della guerra, in verità, sembriamo ancora lontani dalle distruzioni urbane a cui l’ultima guerra mondiale ci aveva abituati, tramite le immagini prodotte dagli stormi di bombardieri anglo-americani sulle città tedesche, con le “fortezze volanti B 17” inviate a migliaia sino a radere città intere a tappeto. Dresda e Berlino nell’aprile 1945 parlano da sole. Missili e droni israeliani e iraniani provocano invece danni, certamente gravi a livello puntuale, ma ben lungi dal fiaccare le resistenze avversarie. Danni più ingenti riguardano invece siti militari o di produzioni energetiche e belliche, senza però portare la nazione colpita alla bandiera bianca. Tutto sommato, mi sembra per ora una guerra di logoramento, per vedere chi finisce prima le munizioni o le difese aeree.

Screenshot dal filmato del Portale Storico della Presidenza della Repubblica: “13 febbraio 1945. Bombardamento di Dresda” [VEDI] Vennero usate bombe incendiarie al fosforo, trasformando le persone in torce. 135.000 morti. Questa potrebbe essere il finale di una scellerata escalation, passando dalle attuali vittime in numero esiguo nel conflitto Israele-Iran a cifre ben più devastanti. Bisogna tener ben presente a cosa si arriva, dopo anni di guerra, pur di avere la meglio sul nemico

La lezione delle giapponesi Hiroshima e Nagasaki, 80 anni fa, ci insegna che, quando un avversario non riesci a fiaccarlo e portarlo alla resa con armi convenzionali, sale la tentazione di passare a metodi devastanti per tutti, incluso chi decide di farne uso, se comincia una schermaglia nucleare. Una considerazione che potrebbe spingere ad una sconsiderata proliferazione nucleare, se il possesso di ordigni atomici risulta essere il miglior deterrente contro eventuali aggressori.

Marco Giacinto Pellifroni   22 giugno 2025

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One thought on “ELMO & MOSCHETTO”

  1. Complimenti per la lucidità, della quale ahimè non c’è traccia fra i politici e i media italiani.

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