E L’INNOMINATO RISPOSE

Professor Lisorini, come lei ha avuto il buon gusto di ricordarmi in una sua precedente risposta di avere un nome e un cognome con cui si firma, così ora mi offre il destro per ricordarle che anche il sottoscritto ha un nome e un cognome con cui si firma. E qui si pone un primo problema: perché evita di nominarmi? Non ritiene offensivo definire il suo qui sottoscritto interlocutore “il signore che, per simmetria, chiamerò professore di italiano e storia in pensione”? Perché “per simmetria”? Il sottoscritto è effettivamente un professore di italiano e storia in pensione, non per simmetria ma perché vincitore di concorso a cattedre negli Istituti Superiori di Secondo Grado. E, visto che parliamo di titoli, aggiungo che mi sono successivamente diplomato in Counseling a indirizzo filosofico con una tesi sul Fedro di Platone. Questo per dire che quando parlo o scrivo di argomenti filosofici so quello che faccio. Ma veniamo, come si dice, al punto: lei, come d’abitudine, usa quello che, in retorica, si chiama Argumentum ad hominem spostando il discorso su quello che il mestiere avrebbe dovuto insegnarmi, evitando di argomentare sul focus della disputa, che non è nemmeno “che cosa ci fa un estraneo non allineato su questo sito”, ma il libro di Francesco Filippi sulle idiozie che continuano a circolare sul fascismo e sulla difesa d’ufficio del Duce da lei assunta su due piedi dopo aver solo sfogliato (immagino con una smorfia di disgusto) ma non letto né tantomeno acquistato il volume in questione. Nel mio articolo Mussolini mon amour ho indicato i punti deboli della sua apologia del Duce, per esempio quello della ingiudicabilità di un dittatore defunto, per criminale che possa essere stato. O mi vorrà ora sostenere che Mussolini non è stato un criminale di guerra? Lui e il re, sia chiaro, bisogna dare a ciascuno il suo. Questo era il focus della discussione, non il fatto marginale della sua assidua collaborazione a una rivistina online di provincia, della quale evita di citare il titolo per esteso, chissà mai perché. Quanto al localismo, scusi, che differenza fa pubblicare su un giornale locale savonese piuttosto che su uno livornese? Ma ho come l’impressione che tra lei e i suoi concittadini non tiri un’aria tanto buona. Riguardo poi al mestiere di docente di filosofia, sto ancora aspettando di sapere perché si è “ben guardato” (parole sue) dal leggere alcunché del suo amico e compagno di studi Remo Bodei, uno dei maggiori filosofi italiani contemporanei. E con questo la saluto, per ora, invitandola ad assumere un atteggiamento meno offensivo e sussiegoso nei confronti dei suoi interlocutori (“sono costretto mio malgrado, a sprecare due parole per non lasciare senza risposta…”) che parlano una lingua diversa dalla sua pur parlando in italiano. Fulvio Sguerso
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