Duoce France

DOUCE FRANCE

DOUCE FRANCE     

 L’attentato nella cattedrale di Notre-Dame a Nizza di martedì 29 ottobre 2020, in cui sono state accoltellate a morte tre persone: il sacrestano e due donne che si erano recate in chiesa per pregare, non è che l’ultimo degli attentati terroristici di matrice fondamentalista islamista che hanno insanguinato la Francia a partire dal 7 gennaio 2015, quando due terroristi irrompono nella redazione del settimanale satirico parigino Charlie Hebdo e uccidono a colpi di kalashnikov dodici giornalisti tra cui il direttore Stéphane Charbonnier per vendicare l’oltraggio delle vignette dissacratorie su Maometto.


L’attentato nella cattedrale di Notre-Dame a Nizza

Poi il 26 giugno dello stesso anno, a Lione, un fattorino decapita con un coltello il suo principale; poi ci fu la strage del Bataclan, il 13 novembre sempre dello stesso anno, e poi la strage del 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia e festa nazionale con i tradizionali fuochi d’artifizio, a Nizza, quando un giovane di origine tunisina travolge e uccide con un camion ottantasei persone sulla Promenade des Anglais, prima di essere abbattuto dalla polizia; e poi il 12 maggio, un giovane francese nato in Cecenia colpisce con un coltello i passanti nel centro di Parigi al grido di Allah Akbar: un morto e quattro feriti; e poi 12 dicembre 2018 a Strasburgo, un terrorista spara in un mercatino di Natale uccidendo quattro persone tra cui il giornalista italiano Antonio Micalizzi.


Gli attentati in Francia

Il 16 ottobre 2020 è la volta del professor Samuel Paty, decapitato a Conflans Sainte Honorine, alla periferia di Parigi, da un diciottenne di origine cecena perché aveva mostrato in classe durante l’ora di educazione civica le vignette con la caricatura di Maometto come esempio di libertà di espressione. Se questa non è una guerra strisciante del fondamentalismo islamista contro la Francia, che cos’è? Si consideri che quasi in contemporanea con l’attentato di Nizza c’è stata un’aggressione, sventata in tempo, ad Avignone e un’altra nel consolato francese di Gedda in Arabia Saudita. A causa di questi attacchi il presidente Emmanuel Macron parla alla nazione e annuncia che non sarà più tollerato il separatismo delle comunità islamiche presenti in Francia e che verrà raddoppiato il pattugliamento dell’esercito per le strade delle principali città del Paese. Queste misure hanno provocato la dura reazione del presidente turco Erdogan, erettosi a interprete dell’indignazione del mondo islamico, che ha accusato Macron di trattare gli islamici come i nazisti trattavano gli ebrei e ha ordinato il boicottaggio dei prodotti francesi.  


Erdogan e Macron

A complicare la situazione ha provveduto ancora il nuovo Charlie Hebdo che rivendica il suo diritto alla blasfemia pubblicando in prima pagina una caricatura di Erdogan che, seduto in canottiera e mutande su una poltrona, solleva il lembo posteriore del burqa di una donna che sta portando un vassoio con due coppe di vino bianco ed esclama “Uh, le Prophete!”, e ripubblica, sempre in nome della libertà d’espressione, le vignette su Maometto, tutto questo mentre si sta svolgendo il processo contro i presunti complici dei terroristi che hanno massacrato i redattori del settimanale satirico in quel terribile mercoledì di cinque anni fa. Non è strano che il dittatore turco di fede islamica abbia contrattaccato con una querela contro il settimanale e accusando Macron di voler lanciare una nuova crociata islamofoba, e non è nemmeno strano che, in questo frangente, sunniti turchi e sciiti iraniani si uniscano contro l’Occidente ateo di cui la Francia laicista è l’esempio più evidente e che il “fratello musulmano” Erdogan riceva la solidarietà del rivale iraniano, l’ayatollah Alì Khamenei, il quale sottoscrive l’equiparazione tra la Shoah e la persecuzione dei musulmani da tempo in atto in Europa.


La vignetta di Charlie Hebdo

La stranezza, semmai, è quella di chi si meraviglia delle manifestazioni anti Macron del mondo islamico. I lettori di “Trucioli savonesi” più attempati ricorderanno le conseguenze di una provocatoria maglietta antislamica indossata incautamente dal leghista Roberto Calderoli, all’epoca in cui ricopriva l’incarico di Ministro per le Riforme, quando il 15 febbraio 2006, in una intervista televisiva del tg1 sul tema della libertà di espressione in Europa (si discuteva sull’opportunità o meno delle pubblicazione di vignette antislamiche da parte del quotidiano danese “Jyllands-Posten”), si sbottona ridendo la camicia ed esibisce una t-shirt su cui era stampigliata una vignetta pubblicata in prima pagina da France Soir il primo febbraio 2006 in cui si vedeva Maometto che, alla presenza di Budda e di Jahvé, viene rimproverato da Gesù Cristo che gli dice: “Non brontolare Maometto, siamo stati messi tutti quanti in caricatura qui”- Sennonché quell’incongrua e sciocca esibizione ebbe gravi conseguenze diplomatiche e non solo, dal momento che, come è (o dovrebbe essere) noto, nella religione islamica è proibito la rappresentazione della figura umana in generale, tanto più quella del Profeta, e men che meno in un contesto critico-satirico.


Calderoni mostra la maglietta antislamica

Insomma, a farla breve, il 17 febbraio venne inscenata una violenta manifestazione di protesta davanti al Consolato italiano di Bengasi e la polizia libica sparò sui manifestanti uccidendone undici. In seguito a questi fatti Calderoli dovette dimettersi, anche in ragione del fermo richiamo a un comportamento consono alla carica ministeriale del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Questo per dire: era proprio necessario in un contesto quanto mai cupo e incerto, anche a causa della pandemia, riproporre le vignette antislamiche di Charlie Hebdo? I nuovi redattori del settimanale satirico sono nati ieri? E, dispiace dirlo e naturalmente parlandone da vivo, era nato ieri anche il povero prof Samuel Paty? Con tutti gli esempi disponibili di libertà di espressione e di pensiero perché proporre agli alunni proprio quelle vignette macchiate di sangue? Senza contare il fatto che il gesto di irridere un credo perché diverso dal nostro non sembra avere un significato particolarmente educativo proprio riguardo alla libertà di espressione. Così i nuovi redattori di Charlie Hebdo come l’insegnate di storia, geografie ed educazione civica barbaramente decapitato alla periferia di Parigi da un diciottenne fanatizzato, poi inseguito e ucciso dalla polizia, hanno anteposto il principio etico che Max Weber ha chiamato della convinzione a quello della responsabilità, cioè che tiene conto delle conseguenze che possono, anche involontariamente, avere i nostri atti.   

 FULVIO SGUERSO 

 

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