Due o tre cose sul Consiglio -1

Due o tre cose sul Consiglio -1

Sono sicura che esistono, nel mondo, dei lettori (non più di due o tre, ma affezionati) a cui mancano i miei resoconti, dato che per questo mio secondo mandato, per tutta una serie di motivi, non ho potuto mantenere una attività tanto assidua e faticosa.

Due o tre cose sul Consiglio -1

 Sono sicura che esistono, nel mondo, dei lettori (non più di due o tre, ma affezionati) a cui mancano i miei resoconti, dato che per questo mio secondo mandato, per tutta una serie di motivi, non ho potuto mantenere una attività tanto assidua e faticosa.

Ebbene, per questa volta voglio accontentarli con un piccolo sunto, alcuni spunti dalle recenti attività consiliari.

Il 23 marzo si è tenuto un Consiglio monotematico sul sociale, richiesto da parte delle minoranze.  La maggioranza era in forte imbarazzo: c’erano i tagli drammatici, giustificabili a stento in ottica ragionieristica di bilancio, gli aumenti di tariffe e peggioramenti di servizi, e soprattutto c’era una assessore caratterizzatasi per la sua assenza dalla scena, i suoi silenzi e la sostanziale vacanza del ruolo. 

 
La Giunta e l’ex assessore Bellingeri

Difficilmente avrebbe potuto reggere il confronto con le associazioni. La soluzione, dopo aver tentato invano di negare il Consiglio, regolarmente chiesto con le firme necessarie e quindi inderogabile, è stata accelerare le dimissioni dell’assessore, affidando la delega alla Sindaco.

Naturalmente la Lega, per cui era in quota la Bellingeri, non l’ha minimamente supportata né difesa. Una ulteriore testimonianza, se mai ce ne fosse bisogno, del ruolo totalmente succube che ha questa forza politica, pur artefice del successo del centrodestra e con più consiglieri eletti rispetto alle altre liste, in questa amministrazione totalmente commissariata da ponente.

Da alcune dichiarazioni, di maggioranza e opposizione, veniamo poi a scoprire che la persona di cui abbiamo conosciuto solo imbarazzati silenzi, l’assessore dimissionaria, di suo sarebbe stata disponibile e attenta e volonterosa, ma non avrebbe ricevuto il supporto necessario.

Questo la dice lunga, dunque, sugli indirizzi e le direttive.  Il sociale, nell’ottica costi-rientri tanto cara al ragionierismo dell’assessore al bilancio, è il primo sacrificato sugli altari del predissesto.

E non solo: viene fuori anche una ben nota questione di mentalità, di impostazione di base. Lo si vede anche dalle associazioni invitate: se le minoranze avevano convocato tutta una serie di esponenti del terzo settore coinvolti nelle più disparate attività e un tempo stretti interlocutori del Comune, come Cesavo, Auser, Caritas, il centrodestra si è affidato ai Lions, e ad associazioni mediche che curano specifiche patologie cliniche, per esempio del fegato.


Idee un po’ confuse? Affatto, chiarissime. Esistono due visioni: una legata al passato e ormai ritenuta obsoleta e non più sostenibile, del sociale come pari dignità, solidarietà, uguaglianza fra gli individui, e comunque diritto insopprimibile di base.  Facente parte del vecchio caro mucchietto dei diritti: diritto allo studio, al lavoro, alla sanità, alla casa, ai trasporti pubblici, a un reddito minimo dignitoso…

Dall’altra, il liberismo che ritiene tutto questo un retaggio del passato, non più sostenibile in un’ottica di libertà individuale (fra cui la libertà di morire di fame se del caso), e di primato dell’economia.  Pareggio di bilancio, privatizzazioni, riduzione costi e tante altre nefandezze ci sono piombati addosso come un incubo del quale non riusciamo a liberarci, al quale, messi in soffitta da tutti certi vecchi ideali, non troviamo alternative.

La differenza, a questo punto, fra i due diversi schieramenti si fa più sottile, più marcata nelle dichiarazioni e meno nei fatti. Non che, obiettivamente, non ci sia.  Una amministrazione di centro sinistra deve comunque render conto ai propri elettori, e coltivare tutta una serie di relazioni mantenute nel tempo, concordando le scelte col terzo settore e tentando di tamponare le falle economiche e sociali.

Per questo nella precedente giunta, a dispetto di tutta una serie di problemi, si è mantenuto il dialogo aperto, si sono concordate le scelte passo passo, e pur con ogni difficoltà di bilancio (dovuta anche, lo ricordiamo, a scelte molto discutibili e responsabilità proprie, non solo a mancati trasferimenti) si è fatto ogni sforzo per non tagliare risorse al sociale.

Al tempo stesso, però, impossibile non rimarcare come a livello nazionale le stesse forze politiche come il PD siano tutt’altro che resistenti alle sirene del liberismo più scellerato, anzi, quasi più realisti del re, dei veri secchioni autolesionisti (per il Paese, e forse alla lunga per loro stessi) nell’applicare i più rigidi dettami della finanza internazionale.  Al netto di altre questioni e pasticci e dubbi salvataggi bancari…

Non possiamo dunque non rilevare che fin dai tempi dell’assessorato Sorgini (pur non rinnegando alcuni meriti della persona) la tendenza verso l’adeguamento alla “moda” imperante fosse in atto.

Il nome stesso, assessorato alla “promozione” sociale, a me non è mai piaciuto.  Non suggerisce un’idea di uguaglianza, di solidarietà, di diritti, ma piuttosto una di quelle situazioni dove ti metti la cravatta e speri che ti ammettano al club del golf, per elevarti socialmente e fare i barbecue con superiori e vicini influenti. Un’americanata da arrampicatori.

Oppure dà l’idea di persone assise su un seggio e circonfuse di luce, che tendono la mano verso il basso, verso la palude dove si agita una massa indistinta che tende a sua volta la mano, sperando di essere scelta e tratta dalla fanghiglia.

Cose così.  Ma a parte la deriva immaginifica e i voli pindarici, era evidente che certe tendenze di base erano accolte e date per scontate. Per esempio, quella dichiarazione di una esponente PD in tv che tanto scalpore fece, sugli anziani che potevano vendersi la casa per pagarsi le cure e l’assistenza, era stata accolta e sponsorizzata da Sorgini già in precedenza, con iniziative di giunta e accordi con agenti immobiliari. Per dire.

Ma tornando ai nostri attuali eroi, e lasciando perdere i vecchi, non è che passando dalla promozione al welfare (pronunciato walfar) si migliorino le cose. Tutt’altro.

Si conferma che i nomi inglesi servono sempre a mascherare nefandezze o a nascondere desolazioni, che gli appropriati nomi italiani benessere, previdenza eccetera renderebbero soltanto più livide e crude.


Dunque ecco che il centro destra, tranquillo e senza tradizioni o elettori da rispettare, se non il circolo del bridge, fa proprio il concetto di sociale come beneficenza. Non diritto, non rispetto, non dignità o uguaglianza, ma solo ineludibile e seccante soccorso minimo ai più deboli, grazie al contributo di chi ha di più.  Un concetto filantropico a dir poco ottocentesco.

O peggio, un richiamo al famoso concetto delle brioches al posto del pane, con buona memoria di Maria Antonietta. Che poverina, ci rimise la testa, ma chissà se ha mai pronunciato davvero quella frase.

Dunque ecco che le associazioni presenti giustamente chiedevano segnali, indirizzi, scelte, tentativi di raddrizzare una china pericolosa, che avrebbe prodotto e produrrà in effetti solo nuove povertà e maggiore bisogno di sociale e minori entrate per il Comune, in un circolo, un vortice vizioso che annullerà gli effetti di qualsiasi manovra. Si parlava di prospettive, idee, pianificazione, insomma, una qualsivoglia speranza che non fosse questa la scellerata direzione.

A tutto questo la Sindaco ha contrapposto un discorso interminabile, quasi un’ora, leggendo le singole voci di bilancio da scolara disciplinata e compitando tutta una serie di progetti, per dire che no, qualcosa si andava facendo e programmando.

Il risultato è stato far inferocire ancora di più le associazioni, che in qualche caso hanno risposto con interviste inviperite, sentendosi prese in giro.

Perché parte di quei progetti erano stati avviati in precedenza, quasi tutti comportavano contributi esterni e costo zero per il Comune, e perché andavano eventualmente a tamponare emergenze, a creare studi mirati, a occuparsi di minuzie specifiche o a impostare, appunto, beneficenza, ma non andavano affatto a incidere sulle problematiche più gravi e diffuse, sui servizi essenziali, che colpiscono direttamente vasti settori della cittadinanza, non solo gli indigenti.

Nessun tentativo di coinvolgere il sociale nell’allestimento del bilancio 2017.  Solo una vaga postuma promessa di “tavoli” tecnici con il coinvolgimento degli attori interessati.

Un’altra di quelle parole fortemente simboliche: si parla di tavoli tutte le volte che si vuole dare un contentino, dare l’impressione di fare qualcosa, di prendere in considerazione un problema, senza avere la minima intenzione concreta di occuparsene davvero. Solo fuffa per prendere tempo, cercarsi alibi e rimandare problemi o decisioni che non si vogliono prendere.

Lo vediamo quando si parla di inquinamento, e lo abbiamo visto di recente anche a proposito del gioco d’azzardo.

In sintesi, dunque, esistono due tipi di sociale: quello di emergenza, l’aiuto a chi è in fortemente in difficoltà, e quello superiore e preciso compito essenziale del Comune, i servizi da garantire ai cittadini tutti.  La Sindaco ha glissato sui servizi non più garantiti (mense, asili, trasporti) e si è dilungata solo sull’aiuto a chi è in difficoltà.  C’è una coerenza, comunque: a seguito degli aumenti delle tariffe e dei tagli ai servizi, i cittadini in difficoltà sono destinati a diventare sempre di più. Una Savona povera e smarrita.

In ogni caso, come si diceva a proposito delle teorie di cui sopra, quella parte di sociale che significa servizi garantiti è ignorata dal centro destra liberista, nella fattispecie dalla preponderante componente di area berlusconiana, proprio per ideologia.

Imbarazzante che nessun consigliere di maggioranza abbia preso la parola.  Dà l’idea dello spessore di questa amministrazione raffazzonata. Infatti se questa visione ultraliberista e un filino snob del sociale è appunto un faro guida della componente prevalente di questa Giunta, in sostanza quella che governa e decide, quella che da Genova e da ponente comanda e dispone e indirizza, non lo è o non lo sarebbe di chi l’ha votata.

Rispecchia gli equilibri di chi ha sostenuto questa coalizione e ancora la dirige, ossia Toti, i potentati e gli interessi locali, alcuni politici del ponente come Vaccarezza.

Non di chi ha votato Lega, o anche di alcune componenti del sociale di destra, che pure esiste.


Basterà fregarsene per cinque anni? O basterà resistere anche meno, se come dicono alcune voci la Sindaco, rispecchiando la concezione della politica che vede le cariche non come obblighi da onorare e servire, ma come trampolini e vetrine per traguardi più elevati, verrà premiata a breve con altre candidature? Di certo occorre tamponare disagi e figuracce, per ottenere questo risultato. Confidando nella ampia benevolenza dei principali media, nelle passerelle in favor di stampa e telecamere, della Sindaco e di alcuni assessori, che soverchino e mascherino la cruda realtà.

Chissà se ce la faranno.  Intanto, se la Lega appare smarrita e non pervenuta, si sa che molti consiglieri di maggioranza sono bersagliati in giro per la città dalle lamentazioni degli elettori e non sanno più cosa rispondere per non perdere la faccia e le possibili rielezioni future. 


La consigliera Saccone uscita dalla maggioranza e la Sindaca

E una consigliera, Saccone, appartenente a quel sociale di destra di cui sopra, che pure aveva portato consensi e voti alla coalizione, ha già deciso di veleggiare verso il gruppo misto.

Segnali di disagio.

La prossima volta parlerò del Consiglio sul bilancio del 28 marzo, delle nostre proposte di riduzioni compensi e gettoni negate, di una mozione fuffa della maggioranza per destinare al sociale le eccedenze di un recupero crediti già di per sé gonfiato, ossia somme che difficilmente vedranno le casse comunali, e, last but not least, della conclusione della vicenda registro tumori.

Stay tuned, dicono quelli che fanno i fighetti.

 

    Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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