Dopo l’industrializzazione selvaggia…

 
Cosa non avete mai letto sulla crisi del turismo e dei posti di lavoro
Dopo l’industrializzazione selvaggia
i Piani regolatori suicidi, come uscirne?
Hanno inventato anche il “mattone a ciclo chiuso” ingannandoci tutti.
Nomi e cognomi di cosa è successo dal dopoguerra.
Mentre nelle altre nazioni…
  Ringrazio i numerosi giovani che si sono dimostrati entusiasti di quanto da me pubblicato nelle precdenti puntate di Trucioli Savonesi. Sono lieto di rispondere alle precise domande, che mi sono state da loro rivolte, su come l’Italia ha potuto accumulare un debito così spaventoso, creando in oggi una situazione economica che appare a Voi giovani senza via d’uscita. Ringrazio il mio carissimo amico Luciano Corrado per avermi aiutato ad esprimere i concetti che ci trovano uniti  e concordi da più di vent’anni. Ringrazio ancora il mio collega perito industriale Antonio Signorile per la sua assistenza di assoluta importanza e che, spero vada ancora avanti alle mie tesi, insieme ai miei figli, anche quando i miei anni assumeranno la loro importanza.
 
  

PREMESSA:

Gli errori o meglio gli orrori che abbiamo commesso in questa ultima metà di secolo hanno sconvolto, in modo molto più determinante, l’Italia che non le altre nazioni Europee. Infatti senza avere materie prime, per decenni abbiamo privilegiato l’industrializzazione chimica e metal-meccanica finanziate all’ 84%, di cui il 14% a fondo perduto ed il 70% all’ interesse del 3% da pagarsi in 30 anni, lasciando che il privato cittadino costruisse la prima, la seconda, la terza casa, in città, al mare o in montagna ( pagando, quando necessario, interessi  bancari del 20%).

Questo ha causato un’assoluta giungla progettuale per professionisti senza idee (come me) e con pochi scrupoli (come altri).

Dal dopoguerra ’45 ai giorni nostri tali progetti e le loro relative realizzazioni, prescindevano e prescindono dall’utilità e dalla produttività per cui venivano o vengono creati, a tal punto che anche le opere pubbliche erano e sono appannaggio di tecnici che mai sarebbero riusciti o riuscirebbero, a guadagnarsi da vivere progettando opere cosi improduttive, con i risultati che purtroppo constatiamo ogni giorno.

Sotto gli occhi di tutti stanno le realizzazioni che tanto ci hanno sconvolto e che continuano a rattristarci, industrie che devono essere smantellate, case popolari fatiscenti, centri storici al limite della statica, seconde case erette in luoghi da sogno e chiuse per undici mesi l’anno, alberghi trasformati in abitazioni o chiusi per fallimento commerciale.

Dopo la guerra dovemmo ricostruire il nostro Paese, e nel farlo, finalizzammo l’economia all’investimento del mattone, senza curarci minimamente che questo circuito avrebbe instaurato un’ economia denominata “a ciclo chiuso”, infatti che un bullone in Italia costasse due lire mentre in Germania costava una lira , non aveva importanza in quanto era sufficiente aumentare il prodotto finale del mattone a cui tutti dovevamo forzatamente adeguarci. Il fatto che da noi, il prezzo di un alloggio rasentasse così il doppio del costo di un alloggio tedesco, non veniva posto in esame per il solo fatto che gli alloggi non si possono né asportare né esportare.  

Su questo assurdo modo di procedere, e constatato che quindi, per poter dare lavoro non era necessario produrre a costi concorrenziali con le altre nazioni, si dette inizio ad un processo produttivo che inglobando: dall’acciaieria al prodotto finito di frigoriferi lavatrici ed automobili, risultava completamente fuori mercato o già obsoleto.

Per convincere gli operatori economici ad investire in tale processo i nostri politici autorizzarono i finanziamenti in premessa che ci hanno condotto alla  nostra montagna debitoria attuale. 

Personalmente dopo aver collaborato alla progettazione dei capannoni in acciaio dello SCI di CORNIGLIANO, ebbi l’occasione di udire, al pranzo inaugurale, il Direttore generale mentre  confessava   sommessamente  che  le  lamiere  da  loro  prodotte   avevano  un  costo aziendale di

120 lire/kg. contro le 60 lire/kg. della Polonia, ma, per accordi Segni – Valletta, la FIAT avrebbe acquistato le nostre, anche se di qualità nettamente inferiori.

Immagino che la contropartita di Valletta  sia stata un altro dei massicci finanziamenti Statali alla FIAT di cui tutti siamo a conoscenza!


Palazzi a torre del Mare

Su queste basi i politici di allora escogitarono sistemi interessanti: 

Poichè i nostri prodotti non risultavano, nonostante i predetti  finanziamenti, competitivi con quelli esteri, per continuare a  sostenerne la produzione ( e quindi la mano d’opera occupazionale ), potevano, successivamente al prolungarsi del bilancio negativo, scattare tre programmi :

– nel primo ove si prevedesse a breve termine un’integrazione concorrenziale nei prezzi internazionali, si poteva ottenere un ulteriore gettito finanziario Statale previsto per  “Industria che Langue”;

– nel secondo ove tale integrazione fosse prevista a tempi lunghi, si poteva ottenere l’acquisto associativo da parte dell’ I.R.I. del  50% della stessa  Industria;

– nel terzo ove risultasse impossibile fare fronte, nonostante qualsiasi ulteriore finanziamento, alle concorrenze del mercato, veniva assicurata l’ I.R.I.zzazione Statale e completa dell’Industria ormai decotta.

Naturalmente questi accordi venivano presi nel loro complesso molto discretamente, ma si può verificarne facilmente le infinite realizzazioni sul nostro territorio, vedi la tragedia delle industrie metalmeccaniche statali o para – statali, e  di quelle chimiche ove i loro Re, Gardini e Cagliari hanno fatto fini impietose.

L’altro sistema che garantiva l’occupazione era questo:

premesso che la Banca d’Italia era la sola autorizzata a finanziare le  Imprese  Produttive  Chimiche o Metalmeccaniche,  poteva farlo avvalendosi di 18 istituti di credito, vedi   IPO,  GEPI, MEDIOBANCA, MEDIOCREDITO ecc..  

   Le Imprese Produttive, predisposto un piano  generale attuativo concordavano con uno di  questi istituti, l’ammontare del costo dell’industria dilatandone, quasi sempre, i costi reali; a seguito delle solite, prevedibili difficoltà che normalmente coincidevano con l’estinzione dei finanziamenti , se l’ IRIzzazione  poteva  presentare  rischi  amministrativi  era    possibile, al momento del loro ormai inevitabile tracollo finanziario, farsi assorbire da un   altro dei 17 istituti rimasti a disposizione, ricalcolando i valori dell’ azienda che, con la nostra cronica svalutazione monetaria, erano senza troppe ingerenze ancora e  sempre ritenuti congrui.

         Con questo curioso sistema e con la validissima scusante occupazionale, molte nostre Industrie sono state rifinanziate anche  tre o quattro volte.

Oggi più nessuno si sente di riattuare tali nefasti sistemi, per cui non avendo nè la possibilità, né la capacità di modificare gli strumenti Urbanistici del Territorio, predisposti ad una civiltà eminentemente industriale che purtroppo prevedeva solo tali nefasti sistemi; siamo ridotti a costruire, con varianti ai piani regolatori, residenze di varie categorie, di cui a mio parere non  abbiamo necessità, sulle macerie delle industrie fallite !     

 
Palazzi a Noli e Spotorno

E’ molto importante a questo punto ricordare che tutti ,dico tutti i Comuni Italiani si sono dotati dopo gli anni ’50 di Piani Regolatori in cui le Zone produttive, circondate da Zone di servizi alla stessa produzione, erano destinate alle grandi industrie proprio in virtù dei finanziamenti in premessa, poche le Zone artigianali, pressochè nulle le Zone turistiche, mentre anche le grandi petroliere, ritenute indispensabili per la nostra civiltà Industriale, godevano di finanziamenti pari al 50% del loro costo.

SOLUZIONE:

 

L’asse portante della progettualità economica sono i Piani Regolatori, da questi viene predisposto il quadro del comprensorio preso in esame, ma nonostante che nel nostro Paese i comprensori siano in maggioranza finalizzabili al Turismo, tale indirizzo è stato da sempre, tecnicamente ed accuratamente evitato.

E’ sufficiente infatti ascoltare i Tour – operators stranieri, per rendersi conto dell’abisso che ci separa dalle nazioni che nel Turismo hanno ricercato una delle loro prime ragioni di vita produttiva, e, se esaminassimo attentamente i loro Piani Regolatori, credetemi, basterebbe fotocopiarli !  

Tutto quello che abbiamo fatto e stiamo facendo non è servito e non serve a nulla, anzi contribuisce a distruggere quel poco che resta! Infatti i figli di quei professionisti di cui in premessa, non avendo manco l’idea di dove andare economicamente e quindi progettualmente, ripropongono soluzioni che non danno occupazionalità e vero lavoro, pur avendo a disposizione il Territorio maggiormente dotato di opere d’arte, delle migliori coste, montagne e temperature del mondo intero.

Ma, sono da comprendere, poiché inconsciamente, spero, pare a loro assurdo proporre un disegno economico di cui i loro padri non si sono mai interessati, in quanto protesi allo sfacelo della premessa, sfacelo che ha provocato un appiattimento culturale tale che, soltanto riportando le nostre linee economiche, nella loro naturale, privatistica e giusta direzione con strumenti Urbanisticicompletamente diversi da quelli attuali, la nostra cultura potrà evolversi parallelamente alla nostra  enorme capacità produttiva ed alla nostra intelligenza.        

E questo è un fatto certo, si sta violando la nostra intelligenza, poichè quando un sistema economico che prevedeva la totale industrializzazione come  unico fattore produttivo, facendoci uccidere con premio in danaro gli animali, facendoci inquinare fiumi e mari in modo orrendo, FALLISCE,  occorre avere almeno la modestia di riconoscere i propri errori, occorre rivedere che cosa hanno fatto le altre Nazioni negli stessi nostri periodi di vita e di lavoro, e, copiare , copiare possibilmente migliorando, visto che tutto si può migliorare tranne partire da un  tragico errore senza proporre alternative, da discutere, ma questa volta, sicure. 

Guido  Luccini

lucciniguido@libero.it

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