DODICI TESI SULLA GUERRA E SULL’AGGRESSIVITA’

DODICI TESI
 SULLA GUERRA E SULL’AGGRESSIVITA’ 

 DODICI TESI

 SULLA GUERRA E SULL’AGGRESSIVITA’ 

 

1. Il libro di Hillman (Un terribile amore per la guerra, Adelphi) è un atto di accusa ma anche un atto di amore per l’umanità.

L’accusa è rivolta anzitutto contro l’ipocrisia del potere, anzi, dei poteri rappresentati dalle diverse istituzioni che governano la nostra vita pubblica e privata. In che cosa consiste questa ipocrisia?

Per esempio nel far credere di amare la pace e, in caso di guerra, di combattere (o meglio, di far combattere) per il bene dell’umanità. E’ l’ipocrisia che nega la natura bellicosa della specie umana, appunto il terribile amore per la guerra che è alla radice di tutti i conflitti passati, presenti e futuri.

 

Se gli uomini odiassero veramente la violenza e la guerra, vivremmo da tempo in un nuovo paradiso terrestre. Il libro di Hillman, tuttavia, è anche un atto di amore per questa nostra tragica umanità: non si limita a denunciare l’ipocrisia dei poteri politici, economici e (ahimè) religiosi, ma indica anche una via, o, se si preferisce, una terapia; non facile, certo, ma nemmeno impossibile.

 Prima di affrontare il tema della terapia converrà occuparsi della diagnosi.

2. “Per afferrare le forze soggiacenti che muovono le vicende umane dobbiamo scavare in profondità, in una sorta di archeologia della mente, in modo da riportare alla luce i temi mitici che attraversano i tempi e sono senza tempo. E la guerra è una di tali forze.”

G. B. Vico pensa al modo di uno psicologo del profondo, cerca di penetrare sotto i costrutti convenzionali per raggiungere strati nascosti e accadimenti remoti. Il ragionamento causale arriva tardi alla ribalta. Lo strato di base della mente è poetico e mitico, si esprime attraverso “universali fantastici”, ovvero le strutture archetipiche dell’immaginazione.

Per Whitehead la comprensione non è mai una condizione completa e statica della mente. Essa porta sempre il carattere di un processo di interiorizzazione, e quando ci sentiamo impegnati in un processo di interiorizzazione-comprensione aumenta la nostra autocoscienza. Se la civiltà deve (vuole) sopravvivere, l’espansione della comprensione è una necessità primaria.

3. Le strutture archetipiche dell’immaginazione: la religione, l’amore, la violenza, la morte, i riti funebri, l’iniziazione, la patria, gli antenati, i discendenti, l’arte e, appunto, la guerra sono temi senza tempo dell’esistenza umana che ricevono significato dai miti. I miti sono la normazione dell’irragionevole. I tragici greci. Nella tragedia greca l’azione determinante del mito sulle vicende umane all’interno dello Stato, della famiglia, dell’individuo è rappresentata direttamente e coralmente.

4. Simone Weil: “Attraverso la sofferenza, la conoscenza” . Eschilo, Agamennone.

Per comprendere la guerra dobbiamo arrivare ai suoi miti, riconoscere che essa è un accadimento mitico. L’amore per la guerra dice di un amore per gli dei, per gli dei della guerra, e che nessun’altra interpretazione può penetrare fino agli abissi disumani della crudeltà, dell’orrore e della tragedia e fino alle altezze transumane della sublimità mistica.

5. Normalità della guerra. Due fattori: la sua costanza nel corso della storia e la sua ubiquità sul pianeta. Questi due ne presuppongono un altro, preliminare: la sua accettabilità. Le guerre non si combatterebbero se non esistesse chi è disposto a contribuire alla loro realizzazione. Se la guerra è normale, lo è perché è radicata nella natura umana o perché è essenziale per la società? Il Nuovo Testamento opta per la prima ipotesi (Gc 4, 1-2). Provate a immaginarvi una guerra senza prefigurarvi un nemico: è impossibile.

6. Per René Girard l’emozione che unifica una società è la unanimità della violenza e il suo atto fondante è l’uccisione collettiva di una vittima sacrificale, il capro espiatorio, un nemico contro il quale volgersi tutti insieme, senza eccezioni né dissenso, per eliminarlo. In tal modo gli ineliminabili conflitti interni che potrebbero portare alla violenza intestina, vengono esteriorizzati, ritualizzati e scaricati su un nemico. Una volta  trovato o inventato un nemico, ecco che la violenza unanime (il patriottismo e la guerra preventiva) è una conseguenza desiderabile.

 

7.La guerra è inumana. Lo stupro accompagna la guerra e la segue da presso, benché gli stupri non siano computati nelle statistiche . Gli stupri individuali  o di gruppo, con o senza uccisione della donna, non sono mai stati conteggiati tra le perdite civili. Lo stupro può dominare a tal punto l’immaginazione di una campagna militare che, tra le molte sue atrocità, questa i n particolare sembra rivelare l’origine segreta della libido bellica. L’invasione della Cina da parte del Giappone negli anni Trenta è spesso ricordata in Occidente come “lo stupro di Nanchino”. In meno di sei settimane di occupazione, le truppe nipponiche uccisero centinaia di migliaia di cinesi. Donne di tutte le età furono prelevate dalle loro case, ammassate insieme, umiliate e stuprate.

 Lo stupro è qualcosa di più di una violenza sessuale: è la pars pro toto (sineddoche) di quella trasgressione dei limiti umani che è la guerra. Nella città messa a sacco, il razziatore stupratore trova con ciò stesso il suo destino ultimo di nemico della vita, di figlio di Marte nella piena potenza della sua inumana vocazione.

8. La guerra è sublime. “O beati quelli che più hanno, perché più potranno dare, più potranno ardere. Beati quelli che hanno vent’anni, una mente casta, un corpo temprato, una madre animosa. Beati quelli che, aspettando e confidando, non dissiparono la loro forza ma la custodirono nella disciplina del guerriero. Beati quelli che disdegnarono gli amori sterili per essere vergini a questo primo e ultimo amore. Beati quelli che, avendo nel petto un odio radicato, se lo strapperanno con le lor proprie mani; e poi offeriranno la loro offerta. Beati quelli che, avendo ieri gridato contro l’evento, accetteranno in silenzio l’alta necessità e non più vorranno essere gli ultimi tra i primi. “ (D’Annunzio, dal Discorso di Quarto)

Quello di comprendere la fusione tra bellezza e violenza, tra terrore e amore – il terribile amore per la guerra – è appunto il compito che ci siamo prefissi. Troppo facile interpretare questa coppia (Marte e Venere) come una coppia di opposti. “Giammai, credetemi, gli Dei appaiono da soli” (Schiller). Il nostro prosaico stile di monomaniacale fobia dell’ambiguità è incapace di cogliere la “reciproca implicazione” delle configurazioni mitiche. Marte e Venere rimangono una congiunzione archetipica inseparabile: dove è Marte ci sarà Venere. Amore e bellezza, seduzione, fascino e languidezza accompagneranno Marte dovunque egli andrà.

9. La violenza mediatica. L’incessante avvilimento del popolo con le tossine dell’ipocrisia, della volgarità, dell’idiozia televisiva,  vera arma di distrazione di massa, è funzionale ai regimi populistici e mediocratici.. La cosiddetta “tivù spazzatura” (“Grande fratello”, “Amici”, “Uomini e donne”, “L’isola dei famosi”, ecc.), ottundendo il senso critico dello spettatore medio e ingenuo, lo consegna inerme alle mistificazioni propagandistiche di chi detiene, appunto, il potere mediatico e politico, il quale non esita a definire “umanitarie” guerre motivate esclusivamente da interessi economici e geopolitici.

10. La bella morte. L’azione per l’azione fa coincidere i fini  con i mezzi. L’atto fonda l’essere ed è santificato dalla Causa e dal Comando. Nell’agire sono assolto, dunque le mie azioni non sono mai peccati. Questo modo di pensare e questo stato dell’anima attengono al culto di Marte. O forse a qualunque culto, dove il dubbio e lo sconcerto umani sono consegnati al dio, che può essere rappresentato dal Comandante in capo, dalla Causa o dalla Nazione, liberandoci dall’esitazione di Amleto, una liberazione dall’umano per entrare nel sublime. “Io, miei compagni, pongo per pegno della mia e della vostra disobbedienza contro i venditori e i traditori di Roma la mia vita tutta intera devota alla più bella Causa che mai sia stata data all’uomo per la gioia e per la gloria di ben morire.” (Ancora D’Annunzio).

11. La religione è guerra. “Un solo corpo, un solo Spirito….un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti”. “(Ef 4, 4-6). La psicologia del monoteismo ebraico differisce radicalmente da quella cristiana, smentendo il trattino che vorrebbe fonderle insieme in una religione “giudaico-cristiana”.(il furore vendicativo del Dio biblico fu temperato attraverso centinaia di anni e centinaia di migliaia di pagine di interpretazioni e commentari, che hanno infuso nel letteralismo il lievito di significati metaforici, mistici e a più livelli. L’ebraico biblico consiste di gruppi di consonanti privi di vocali, sicché un testo può sostenere connotazioni diversissime tra loro, favorendo l’incertezza e una ricca ambiguità.)

Questa tesi di Hillman, così radicale ed estrema, è dura da accettare per chi è abituato a considerare l’Antico Testamento semplicemente come la preistoria del Nuovo. Ma anche nel NT troviamo espressioni per niente pacifiche e concilianti: “Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione , ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non sono degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro , pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestingubile.”  (Mt 3, 10-12). Come si vede Giovanni il Battista, il Precursore,  non è tenero con i farisei e i sadducei!

E Cristo stesso non scherza quando li  maledice per sette volte, o quando, nel “Discorso escatologico” annuncia l’inizio dei dolori e la grande tribolazione di Gerusalemme.  E non scherza nemmeno quando si tratta di cacciare i mercanti dal tempio o quando punisce il fico colpevole di non portare frutti.

12..Chi finirà prima, la guerra o l’umanità? O, detto altrimenti: “questa” umanità è degna di sopravvivere?”. Qualche dubbio può balenare se ci persuadessimo dell’invicibilità del male: “Le vittime di Eichmann erano ‘persone come noi’. Ma lo erano (terribile idea) anche molti dei loro assassini, esecutori agli ordini di Eichmann: e Eichmann? Entrambe queste idee grondano paura. Ma mentre la prima è un richiamo all’azione, la seconda ci blocca e ci rende inabili, sussurrandoci nell’orecchio che resistere al male è impresa vana. Forse è questo il motivo per cui ci opponiamo così strenuamente a quel secondo pensiero. Una sola paura è realmente e disperatamente insopportabile: la paura dell’invincibilità del male.” (Zygmunt Bauman, Paura liquida,  Laterza, 2008). Intanto le guerre, anche civili (o economico-finanziarie), continuano…. 

 

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