DIVE PER UNA NOTTE

Dopo essermi cimentato con i sottotitoli in inglese di STILEMA, mi è stato chiesto dalla stessa casa produttrice Adamantis Cinema di ripetere il cimento con l’ultimo film girato, VANITOSE, per la regia del loanese Giorgio Molteni e i contributi della CCIAA di Lecco e del Comune di Bellagio, dove si sono svolti gli esterni.
A prima vista, i due film non potrebbero apparire più distanti: dannunziano il primo, popolano il secondo. Eppure, un lato comune c’è: l’evasione dalla banalità del vivere quotidiano, alla ricerca di una realtà parallela che sollevi i protagonisti al di sopra di se stessi: un Eden dove si realizzi la sublimazione di ciò che ciascuno immagina essere la sua natura più intima, il suo compimento.

Daniela Terreri nei panni di Patrizia, la presentatrice: un miscuglio di pompose annunciazioni e fatti personali, dall’anziana mamma dormicchiante in un angolo ai sospiri per la recente vedovanza

Se il protagonista di Stilema si elevava nel mondo dell’arte drammatica dannunziana, le tante interpreti di Vanitose si tramutano per una notte nelle protagoniste dei propri sogni di gloria attraverso una sguaiata arte povera del canto, del ballo, della recitazione, travolte dall’emozione di esibirsi finalmente davanti a un pubblico, di astanti e giurati. Giurati, peraltro, che nascondono le proprie analoghe frustrazioni dietro un atteggiamento ostentatamente professionale, che li porta a guardare con sussiego coloro che sono preposti a giudicare, quasi un abisso li dividesse.
Si profila così un mix di giudici e giudicati non così dissimili, anche se i primi vantano i roboanti titoli di assessore al traffico di un piccolo Comune sperduto nella bassa padana, o quello meno spettacolare di fotografo di nozze, comunioni e funerali, o ancora, uno scalino più sotto (o più sopra, secondo i criteri di valutazione), un produttore di film di serie B, fino al porno, dall’aria vissuta e scanzonata, entrambi con a fianco l’immancabile ingrediente della loro professione: una bella donna, con la bellezza come passaporto verso le stesse vette cui aspirano, o hanno aspirato, le partecipanti al titolo della serata: il CINEMA, eterno faro nel buio di una vita altrimenti piatta e oscura.

Scorcio del camerino, dove fervono i preparativi per sconfiggere il grande nemico di tutte le concorrenti alla fascia di Miss Over: il TEMPO!

Non si tratta qui del soliti titoli di Miss che Youtube ci ragguaglia svolgersi in giro per l’Italia. Vanitose va oltre, e precisamente “Over 40”, nel senso che le aspiranti hanno varcato, magari dimenticando quando, la soglia degli “anta”, tutte impegnate in una lotta corpo a corpo contro l’impietosa avanzata degli anni. Per rallentarne il ticchettio, le ex-ragazze ricorrono, come candidamente confessa una di loro, a tutti gli artifici che la moderna scienza anti age propone loro, dalla cosmesi ai “ritocchi” più o meno marcati, dalla ginnastica mirata alle diete più esotiche, dai trucchi agli indumenti, sopra o sotto, per trattenere gli ormai diradati ammiratori. Il tutto condito con ricorrenti declamazioni dell’elettrica -ed eclettica-  presentatrice, anch’essa over qualcosa, sullo “spessore culturale” di qualche scalcinata esibizione, tanto per elevare il livello della serata, la festa di Capodanno 2022.

Luca Molteni, l’ingenuo “regista”, instancabile cacciatore di ispirazioni per l’immaginario film con cui sfondare nei prestigiosi Festival di Venezia, Cannes, Berlino, Los Angeles…

L’evento potrebbe portare chi lo guarda attraverso uno schermo a commiserare le patetiche concorrenti, se non fosse per l’ironia con cui la sceneggiatura ce le presenta, invitandoci a ridere di noi stessi nella misura in cui non possiamo che rispecchiarci in loro, almeno in parte, cogliendone le rimosse somiglianze. Quanta parte di noi è rimasta ancorata, nel suo intimo, a certi cliché che la modernità ha preteso rimuovere in nome del progresso e dell’evoluzione, ma che resistono nei nostri recessi ancestrali? Quegli stessi che ci portano, a tratti, ad immedesimarci in questa goffa umanità, apparentandola al lato più vero di noi, che esce allo scoperto solo quando non siamo costretti ad apparire.

Il frate e il barbone-filosofo trovano punti in comune nel disquisire sulla frivolezza dell’evento alle loro spalle, entrambi dimentichi della debolezza della carne

Se poi ci allontaniamo dal novero delle concorrenti, ci ritroviamo con quattro personaggi alquanto avulsi dal tono generale della manifestazione: un ingenuo autodefinito regista, che scruta la serata con la sua handycam perennemente accesa, alla ricerca di ispirazioni per un ipotetico film; un frate, che sembra davvero caduto lì dalle nuvole del paradiso o da un ridanciano tribunale inquisitorio per distogliere dalle tentazioni della lussuria tanti peccatori, tra cui lo stesso regista-cameraman, addirittura da esorcizzare, nonché una minorenne plagiata dalla mamma, che vuole rivivere attraverso di lei ciò che avrebbe voluto ma non ha mai osato fare: una danza sensuale in abbigliamento provocante; la protagonista della serata, che si esibisce fuori concorso, se non altro per l’assai più giovane età, in uno strip tease replicante quello di Sofia Loren in “Ieri, oggi, domani”, affibbiando al titubante regista il ruolo di Marcello Mastroianni; e infine un barbone che filosofeggia sugli eventi della vita, rigorosamente alla larga dalla mondanità della Carpa Matta, dove si svolge il concorso.

Valentina Di Simone, l’affascinante “primadonna” di Adamantis, interpreta Laura, attrazione clou della serata, in uno spogliarello mozzafiato, con lei replicante Sofia Loren, e al suo fianco l’allupato regista, in un improbabile bis di Mastroianni

Ma sotto l’aria disincantata della spogliarellista, che ricorda tanto quelle degli avanspettacoli d’antan, Laura nasconde l’insopprimibile ricerca dell’amore che impronta ogni essere vivente; per cedere alle insistenze del “suo” Mastroianni, che la fa capitolare quando le chiede di ricambiare il suo sguardo, perduto nelle fattezze del suo bellissimo volto. Un finale da Grand Hotel, un fotoromanzo che, almeno una volta nella vita, ha visto capitolare anche noi.

Arrivata alla serata disillusa dagli uomini, Laura ritrova l’amore negli occhi perduti del “regista”, in un rassicurante lieto fine

Voglio concludere queste mie note tornando alle nostre Over e affidandomi a qualche verso del mio poeta più amato, il crepuscolare Guido Gozzano, che, in particolare nella sua poesia Cocotte del 1911, fa, attraverso di lei, un quadro vintage dello stato d’animo di molti dei personaggi over anta del film.
Il poeta rammemora quando, a 4 anni, ricevette, attraverso le sbarre del cancello tra i due giardini dietro casa, il bacio conturbante della vicina, dalla “bocca tanto, tanto diversa da quella di mia madre”. Vent’anni dopo, si accorge che è forse l’unica donna che ha amato e che ancora ama, incurante dell’azione del tempo sul suo viso, ormai invecchiato.

“Una cocotte…”
“Che vuol dire, mammina?”
“Vuol dire che è una cattiva signorina,
non bisogna parlare alla vicina!”
………
Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent’anni oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei,

cattiva signorina? Sei viva? Come inganni
[…] la discesa terribile degli anni?
Ohimè, da che non giova il tuo belletto,
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…

Idealizzazione, da un dipinto coevo, della Cocotte del Gozzano quattrenne (1887)

Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo. Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!

Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose

che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono state…
…..
[…] Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacerò: rifiorirà nell’atto
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.

[…] Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,

io riportassi te, giovane ancora.

Lo struggimento del tempo che passa, e che solo l’amore riesce a sospendere, come un’oasi di pace in un deserto di anime in pena. Dopo l’amore, rimane la gloria. Anche l’effimera gloria di una notte che dona scampoli di eternità, scanditi dai battimani, in un temporaneo gioco delle parti.
La mattina dopo, l’eterno svanisce nel tempo, e la vita reale ripiomba da madre a matrigna

Marco Giacinto Pellifroni      20 marzo 2022

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2 thoughts on “DIVE PER UNA NOTTE”

  1. Sia la recensione sia il film parlano di un argomento trascurato e poco conosciuto: l’obiettivo di molte donne di essere ancora al centro dell’attenzione e che, superati i 40 anni, non si sentono morte o finite ma hanno voglia di essere ancora desiderate. In fondo la vanità, dopo le esperienze (più o meno sconfortanti della vita) è l’unica via di fuga di fronte alla noia o peggio alla depressione.

  2. Sia la recensione sia il film parlano di un argomento trascurato e poco conosciuto: l’obiettivo di molte donne di essere ancora al centro dell’attenzione e che, superati i 40 anni, non si sentono morte o finite ma hanno voglia di essere ancora desiderate. In fondo la vanità, dopo le esperienze (più o meno sconfortanti della vita) è l’unica via di fuga di fronte alla noia o peggio alla depressione.

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