Disconosciuti sguardi (Prima parte)

DISCONOSCIUTI SGUARDI
Prima parte

DISCONOSCIUTI SGUARDI
Prima parte

 Domenica scorsa, 13 giugno 2021, a Finalpia, nell’ambito delle conferenze organizzate dal Circolo culturale “Domenica Est-Giorgio Girard” si è svolto, nel confortevole e ombreggiato giardino della cofondatrice del Circolo stesso, la professoressa Cristina Vecchiato, l’incontro, propiziato da Marco Giacinto Pellifroni, altro cofondatore  del Circolo insieme al compianto amico e maestro Giorgio Girard, con il prof. Fulvio Baldoino sul suo libro Disconosciuti sguardi. Questioni di logica, di fede, di morale, di paradosso, di bestialità (brevemente trattate), Marco Sabatelli Editore, Savona, 2018.


Si tratta di una raccolta di aforismi che vertono, appunto, su varie questioni filosofiche, teologiche ed etiche, ma tutti orientati al superamento della concezione antropocentrica che pone la specie umana al centro dell’universo e del pensiero dualistico dominante nel linguaggio comune, nella pubblica opinione e nella mentalità corrente che ancor oggi contrappone  lo spirito alla materia, l’anima al corpo, la ragione all’istinto e alle passioni, il bello al brutto,  il cielo alla terra, l’al di qua all’aldilà e così via. Vertono anche sul rapporto dell’uomo con la natura e quindi con gli altri animali, e su come questi vengono usati, sfruttati, manipolati, mercificati, macellati con la benedizione di Santa Madre Chiesa e del dio mercato e come tutto questo possa conciliarsi con la fede in un Dio personale creatore del cielo e della terra infinitamente buono e giusto. Questi i temi ricorrenti nel libro che ha, tra l’altro, il pregio di una scrittura chiara, essenziale e acuminata, a tratti anche poetica. Come specifica l’Autore nella sua Prefazione: “Ogni aforisma di questo libro è compiuto in se stesso. Il suo messaggio, a volte inteso alla provocazione, non si cura di confrontarsi con un pensiero più ampio di quello che va dalla sua prima alla sua ultima parola e perciò di adeguarsi alla costellazione di aforismi che gli stanno intorno.


Ecco perché vi si possono trovare pensieri tra loro molto simili, imputabili quasi di un vizio di iterazione”. Tuttavia, tra questi “pensieri” (la parola richiama opere famose con lo stesso titolo: dai Pensieri di Marco Aurelio, a quelli di Pascal, a quelli di Leopardi, a quelli di Wittgenstein…) purtroppo non numerati, pur nella loro autonomia, è rintracciabile un filo conduttore sottostante che li connette gli uni agli altri, e che ne fornisce una chiave interpretativa unitaria, filo o motivo conduttore che appare evidente più in alcuni aforismi che in altri e, naturalmente, nelle “parole-chiave” che non per caso sono le più ricorrenti nel testo. Ad esempio: uomo, animali, ragione, fede, chiesa, Dio, natura, coscienza, vita, macchine, anima, Cartesio, violenza, Diavolo, potere, colpa, giustizia, sacrificio, Bibbia, Inferno, Paradiso, bene, male, Darwin, vivisezione, gatti, topi, tori, caproni…Come si può vedere anche solo  da questo nudo elenco, per tutto il libro si intrecciano e si pongono all’attenzione del lettore che non sia insensibile di fronte alla sofferenza aggiuntiva e colpevole  inflitta agli animali dall’animale uomo questioni filosofiche, scientifiche, teologiche, religiose, etiche e antropologiche che ci riguardano perché hanno a che fare con la nostra coscienza e il nostro senso di responsabilità nei confronti di tutti gli esseri viventi, anzi, di tutto quello chi i Greci chiamavano “oikos”, che potremmo tradurre a un dipresso con “ambiente vitale e abitabile”, e del destino comune che ci attende. Ma da dove viene questo “complesso di superiorità”, o meglio, “di onnipotenza” dell’uomo rispetto agli altri animali? Ci viene dritto dritto da Genesi 1, 27-28: “Dio creò gli uomini a norma della sua immagine; a norma dell’immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò. Quindi Dio li benedisse e disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la Terra e soggiogatela, ed abbiate dominio sui pesci del mare, sui volatili del cielo, sui bestiame e su ogni essere vivente che striscia sulla Terra’”. La consegna di Dio ad Adamo ed Eva non potrebbe essere più chiara; su queste  parole del Dio creatore del cielo e della terra, fanno leva tutti coloro che credono di rimuovere il loro senso di colpa nei confronti degli animali  immaginando di agire secondo la volontà di Dio, convinti che Dio sia con loro (viene in mente il “Gott mit uns“ dell’ordine teutonico e poi dei nazionalsocialisti) “avendo messo l’uomo – leggiamo nell’aforisma  a pag. 18 – in posizione privilegiata rispetto alle altre creature.

Ora, se davvero quando Dio ha detto. ‘facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, e abbia potere sui pesci del mare e sui volatili del cielo, sugli animali domestici, su tutte le fiere della Terra e sopra tutti i rettili che strisciano sulla Terra’ intendeva che l’uomo può straziare, bruciare, forare, spellare gli animali per ottenere il suo proprio (dell’uomo) interesse, non bisognerebbe forse far notare che coloro i quali credessero in un Dio del genere, crederebbero in un ben poco Dio? Insomma, ritenere che non si possa attribuire a Dio la giustificazione di una pratica turpe come la vivisezione, serve a difendere gli animali dall’uomo, ma serva anche a difendere Dio da quegli uomini che pur di trarre un vantaggio materiale, non badano ad osannare un Dio che non trova altra soluzione per i malanni del genere umano se non lasciar fare a quest’ultimo ciò che vuole. Un Dio, dunque, che se è onnipotente, non è buono; e che, se è buono, non è onnipotente”. Qui l’Autore tocca, anche se non lo dice esplicitamente, la questione etico-teologica della “teodicea”, cioè della giustizia di Dio – dal greco theos (dio) e dike (giustizia) – la disciplina che studia il mistero della relazione tra l’asserita giustizia di Dio e la presenza del male nel mondo; questione affrontata in particolare dal filosofo e matematico tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz (e prima di lui dal libro di Giobbe, da Agostino, da Origene, da Gregorio Nisseno e da Tommaso D’Aquino) nella sua opera scritta in francese, Saggi di teodicea sulla bontà di Dio, sulla libertà dell’uomo, sull’origine del male (1710); questione rimasta a tutt’oggi irrisolta, dal momento che giustificare il male in quanto necessario all’affermazione di  un maggior bene futuro non pare una argomentazione convincente. D’altronde nella stessa Bibbia non mancano confutazioni di questa cervellotica e indimostrabile giustificazione di comodo della presenza del  male nel mondo creato dal buon Dio,  come il lamento sconsolato di Qohèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme: “Ho considerato il pianto degli oppressi e ho vito che nessuno li consola. Dalla mano dei loro oppressori non esce che violenza: nessuno li consola. Allora ho detto: beati i morti che già sono morti, più dei vivi che ancora sono vivi.


San Francesco e San Filippo Neri

Ma meglio ancora di tutti e due, chi ancora non è nato, perché ancora non ha visto tutto il male che si fa sotto il sole” (Qo 4, 2-3). Baldoino non fa sconti alla Chiesa cattolica mettendola giustamente di fronte alle sue responsabilità pastorali e pedagogiche anche per quello che riguarda la violenza sugli animali, nonostante i luminosi esempi di San Francesco e di San Filippo Neri e nonostante anche il Catechismo non manchi di raccomandare il (giusto) rispetto per gli animali in quanto anch’essi creature di Dio, nella prassi quotidiana la chiesa non brilla certo per la tutela dei diritti degli animali. In un altro aforisma, sempre a pag. 18, leggiamo: “Per la chiesa la violenza non ha mai costituito un problema, tantomeno quella sugli animali. Sicché poteva sostenere o lasciar che si sostenesse che il Diavolo andava a nascondersi proprio nel corpo di certi animali quali il gatto, il caprone, la civetta, il gufo, il lupo…Straziarli col fuoco o col bastone era una sana ed auspicabile conseguenza. Non tutti gli animali, quindi, ma il fatto che anche solo certi animali fossero visti come la sembianza camuffata del Diavolo, introduce a comprendere come fosse iniziato il tentativo, a lungo portato avanti e con esiti favorevoli, di fare degli animali il capro (appunto!) espiatorio del male commesso dall’uomo o dall’uomo subìto a causa della Natura. Così si vedevano e accettavano e si propiziavano roghi di tutti questi animali. E ad una istituzione per certi versi così raffinata quale era la chiesa, con i suoi Padri e i suoi Dottori, i suoi santi e i suoi teologi e i suoi filosofi, sfuggiva (‘sfuggiva….’!) che il Diavolo non sarebbe certo morto con la morte del corpo dietro al quale si nascondeva, essendo Satana puro spirito, e il pericolo delle tentazioni da lui agite, non sarebbe certo venuto meno. Così abituato al fuoco dell’Inferno, che danno avrebbe potuto avere dal falò in cui sarebbe stato gettato un caprone? Non era questo un altro dei tanti modi di contraddirsi della chiesa? Avere bisogno di distruggere il corpo del Diavolo dopo aver detto che non ha corpo? Avete bisogno di bruciarlo, dopo aver detto che le fiamme sono il suo elemento naturale?”. E non solo un caprone, vien fatto di aggiungere, ma anche povere donne accusate di stregoneria e filosofi come Giordano Bruno, condannato al rogo per non essersi pentito del proprio pensiero giudicato eretico dal tribunale ecclesiastico dell’Inquisizione. “A Giordano Bruno – commenta l’Autore nell’aforisma a pag. 84 – non hanno dato il tempo di rivoluzionare l’universo. Lo potrà fare solo Galileo chiedendo scusa a chi gli faceva un torto. Fu con questa sua esperienza non meno che con i suoi esperimenti che egli ebbe  ben a comprendere ‘come vadia’ il mondo”.

(Continua)

    FULVIO SGUERSO

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