Dialogo sulla sovranità

DIALOGO SULLA SOVRANITA’

DIALOGO SULLA SOVRANITA’

 Popolo:   Maestà o Legge (alle scuole elementari obbligatorie di Stato ci hanno insegnato che questi due termini sono sinonimi), qualcuno va da tempo predicando che il popolo, cioè noi – inteso come io al plurale – non è altro che un grosso animale tutto istinto e niente cervello, e che per questo è necessario un sovrano che lo diriga e governi, con le buone o con le cattive, perché non accada che, lasciato libero di fare quello che vuole, non finisca con il distruggere se stesso e i beni di tutti. Ma questo sovrano chi è? Dove si trova? Qual è il suo volto?

Legge:   Ma mio caro popolo, non hai studiato alle scuole elementari obbligatorie statali che il sovrano non è più una singola persona chiamata Re, bensì un insieme di persone anche molto diverse tra loro ma accomunate da una stessa lingua, da una stessa storia, da interessi comuni e che abitano su uno stesso territorio? Lo sai, vero, come si chiama questo insieme di persone?

Popolo:   Si chiama popolo.

Legge:    Appunto. Bravo, vedo che hai studiato. E ora ascoltami: forse non mi crederai, ma il sovrano sei proprio tu.

Popolo:   Io? Cioè noi? Ma come facciamo a dirigerci e a governarci se passiamo la maggior parte del nostro tempo libero a litigare tra di noi? Ciascuno ha le proprie idee su tutto ed è già tanto se riesce a governare la propria famiglia o se stesso. Ci troviamo uniti soltanto di fronte a un pericolo comune che minaccia la nostra stessa vita e quella dei nostri cari. Di tante teste come possiamo farne una?

Legge:   No, mio caro popolo, tu non devi fare di tutte le teste un solo fascio, ma devi esercitare il tuo potere attraverso di me, che ti voglio bene e ti impedisco di farti del male (naturalmente se mi obbedisci).

    

Popolo:   Ma benedetta Legge nostra, ci stai dicendo che non possiamo esercitare la nostra sovranità da soli, come meglio vogliamo, ma solo obbedendoti, cioè come vuoi tu? E dove va a finire, allora, la nostra sacra e inviolabile libertà? Vuoi forse renderci schiavi della tua volontà?

Legge:    Ma, popolo mio dalla dura cervice, la mia volontà è per il vostro bene. Io non vi voglio schiavi ma virtuosi. Ditemi dove vi hanno portato le vostre care volontà individuali molto spesso in conflitto insanabile le une con le altre! Mentre io unifico senza annullare le vostre individualità, voi vi dividete in tante piccole presunte sovranità contrapposte, annullando quella collettiva, che è la vera sovranità. Per questo c’è qualcuno che vi vorrebbe trattare alla stregua di animali, o, direbbe il nostro padre Dante, come pecore matte. Ora ditemi: siete persone mature e adulte o minorenni?

Popolo:    Ah, Legge, benedetta Legge, non ti pare di trattarci come fossimo ancora minorenni bisognosi del latte materno e della tutela paterna? Non ti sembriamo forse in grado di governarci da soli? Dopo tutto, malgrado le disgrazie e le avversità sempre in agguato, siamo ancora vivi e vegeti.

Legge:      Sì, come i fratelli Graviano, Massimo Carminati e Salvatore Buzzi? Anche loro sono vivi e vegeti.

Popolo:   Un momento, quelli sono criminali.

Legge:     Certo, ma sono criminali proprio perché non mi hanno obbedito.

Popolo:    Insomma, dicci tu che cosa dobbiamo fare, che cosa dobbiamo volere e che cosa non dobbiamo fare e non dobbiamo volere.

Legge:    Mio caro popolo, lo vedi che da solo non ti sai governare? Di più, proprio perché non sei, mi dispiace dirtelo, ma non sono qui per fare complimenti, ancora arrivato alla maggiore età, sei facile preda dei demagoghi di turno che ti promettono mirabilie se dai a loro tutto il potere, cedendo a loro, e non a me, la sovranità che ti appartiene non per natura ma per diritto.

Popolo:   Alludi al Contratto sociale  di Jean-Jaques Rousseau?

Legge:     Alludo al fatto che lo stato di natura, se mai è esistito, non lo troviamo nemmeno presso le più sperdute comunità amazzoniche od oceaniche. Così è per la democrazia diretta: oggi il mondo è troppo complesso per poter essere governato da giovanotti pieni di buona volontà e di buone intenzioni ma, passami il gioco di parole, ancor del mondo inesperti, oltre che  de li vizi umani e del valore.

Popolo:  Ah, se è per questo, cara Legge, nemmeno tu sembri oggi adeguata alla complessità del mondo e alle minacce che ci sovrastano: vedi il terrorismo e le guerre che sconvolgono, al di furi di ogni legge umana e divina, tanta parte dell’umanità.

Legge:   Vero, ma con una differenza: io conosco i miei limiti.


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