Democrazia partecipata? Oligarchia asserragliata!

Democrazia partecipata?
Oligarchia asserragliata!
Più che la democrazia partecipata, ci aspetta quella parteciPAITA

Democrazia partecipata?

 Oligarchia asserragliata!

 Da sempre uno dei punti chiave, una delle basi dei nostri programmi di 5 stelle è la partecipazione.  Ripetiamo spesso che una corretta ed equilibrata democrazia, una democrazia avanzata e moderna, proiettata verso la futura versione 2.0, che ne elimini tutte le storture, e la renda davvero la più perfetta forma di governo possibile,  si ottiene attraverso la trasparenza, il contributo diretto dei cittadini, la progettazione condivisa.


Niente deve più passare sopra le nostre teste, a cura di qualcuno che pensa di sapere cosa sia bene per noi. Dall’altra parte, nessuno può pensare davvero che il suo compito nella vita democratica della sua città si esaurisca nel mettere una crocetta, e poi, delegare all’eletto ogni incombenza, come se fosse un altro noi.

Lo faremmo davvero, nella vita reale?  Quando diamo la delega per l’assemblea condominiale, per evitare fastidi,  se il delegato vota sì a lavori non previsti, inutili e costosissimi, forse non ci arrabbiamo? Forse non ci pensiamo due volte, alla prossima occasione, a non andare di persona o a delegare qualcun altro più affidabile? Continueremmo a delegare lui perché ha un bel sorriso e tifa per la nostra stessa squadra di calcio?

Eppure in politica funziona così. Proprio dove non si parla di una facciata o un corrimano,  ma di spese molto più ingenti e di decisioni che incidono sulle nostre stesse vite e su quelle di chi verrà dopo. Continuiamo a delegare gli stessi, per ideologia, per abitudine, per pigrizia.

Oppure, rinunciamo alla delega.  Ci disinteressiamo. Ma dato che non siamo in un condominio, e non c’è una quota minima di millesimi, questo equivale a permettere ai condomini e amministratori più corrotti, malintenzionati e inciuciati con le ditte, di operare ancora più liberamente.


Alla politica, non a caso, la partecipazione diretta, il cittadino che si interessa, non entusiasma  un gran che. Lo si tiene a freno e debita distanza. Si preferisce ragionare per gruppi, per associazioni, per clientele, per reti di potere e poterino, piuttosto che in un rapporto da pari a pari fra eletti ed elettori.

Lo ha detto bene la nostra Ruocco, di fronte a un politico del PD che criticava il reddito di cittadinanza: in effetti, la libertà del cittadino che recuperi una sua dignità e indipendenza, che sia libero di scegliere fra occasioni di lavoro e avere delle possibilità, dà fastidio. Mina alla base il potere di scambio, il potere clientelare, a volte ricattatorio, a volte paternalistico, su cui si reggono i partiti, e persino i sindacati. In una parola, tutta la “costruzione” democratica del Paese, dal dopoguerra in poi.

Il che andava bene in tempi di vacche grasse, ma adesso comincia a mostrare la corda e il suo vero volto. Adesso, la disperazione di chi è fuori da questa sorta di sistema arroccato, è tangibile, e porta persino al suicidio.  Se prima il clientelismo era discreto, democristiano, ammantato di sociale, ora è volgare e umiliante: ogni nostro singolo sacrosanto diritto deve essere fatto passare per una graziosa concessione regale. Se no ci montiamo la testa.

Pensiamo alla social card di tremontiana memoria: anziché operare un doveroso aumento delle pensioni minime che ridia fiato e dignità a chi è in difficoltà, che permetta di decidere se spendere, mettere da parte, regalare soldi ai nipotini, insomma, indipendenza e diritti,  si dà una carta, spendibile solo in un certo modo,  che ti identifica immediatamente  come un poveraccio, e che in più fa guadagnare soprattutto le banche.

O gli 80 euro di Renzi, o il bonus bebé. O per restare a noi, l’adesione entusiasta dell’assessore Sorgini, al sociale e  che dovrebbe essere di sinistra, al progetto Over to over, per il quale i vecchietti sono costretti a vendersi la casa, in nuda proprietà e a tutto vantaggio delle agenzie immobiliari, per avere dei servizi.


 

Eppure, abbiamo digerito tutto. Eppure, abbiamo (hanno) votato con entusiasmo in cambio di una elemosina. Siamo ancora in attesa della scarpa destra, con in mano la sinistra, come ai tempi di Lauro.  Ci facciamo pezzenti da soli,  col cappello in mano, e diamo ragione a chi ci tratta come tali.

Forse non ci meritiamo la democrazia? Forse non ci meritiamo la dignità di essere liberi? A volte capita di pensarlo, nei momenti di pessimismo. Di sicuro, riconquistare i nostri sacrosanti diritti richiede un risveglio collettivo, un nuovo impegno, non sarà facile né indolore, e sempre a rischio, se fallisce, di involuzioni autoritarie. Presto, con la crisi che morderà sempre più le ossa, non potremo far finta di niente, continuare ad adagiarci in ciò che resta. In altri paesi lo iniziano a capire. Qui da noi, il M5* è visto al contrario, grazie ai media, come il babau fonte di tutti i mali, e guai ad associarlo in qualche misura a Syriza, a Podemos, a Occupy Wall Street, alle tendenze democratiche più avanzate, al superamento delle ideologie.  No: siamo ecologisti solo per darci degli ingenui, siamo per la decrescita solo per darci  degli arretrati,  siamo nazifascisti e razzisti  se ragioniamo in modo razionale sul problema immigrati, siamo demagogici e populisti quando cerchiamo soluzioni pratiche ai problemi.

In ogni caso, non andiamo mai bene come siamo,  dobbiamo sempre scusarci e giustificarci a prescindere, dovremmo sempre cercare altre vie, comprometterci, cambiarci, stravolgerci,  essere qualcun altro o qualcosa d’altro, mai noi stessi, diamo fastidio e basta.

Vuol dire che diamo “davvero” fastidio?


Massì,  “troppa” democrazia dà fastidio. Il fatto stesso che si parli apertamente di troppa democrazia è grottesco. Proviamo a tradurre, per capirci: democrazia uguale governo del popolo. Troppo governo del popolo? E chi dovrebbe governare, allora?

In occasione della discussione recente di una nostra proposta di referendum nello Statuto, (poi ne parlerò, la prossima volta)  il  consigliere Acquilino di Sel ha espresso qualche dubbio sull’eccesso di democrazia diretta. E’ pericolosa, si presta a strumentalizzazioni.

Insomma, la massa dei cittadini sarebbe di per sé facilmente manipolabile. In una parola, tendenzialmente ignorante. Ma allora, che votiamo a fare alle elezioni, facendo vincere la maggioranza? Cambiamo sistema,  facciamo governare una minoranza illuminata. Chiamiamola meritocrazia, governo dei migliori.

Aspetta… aveva già un nome. Si chiamava aristocrazia. E se non sbaglio a capo c’era il re.


 

Già provato. E da qualche parte è pure saltata qualche testa, vuol dire che tanto bene non andava.

E’ chiaro (e mi meraviglia che una persona di sinistra non lo sappia o finga di non saperlo), che l’evoluzione della democrazia prevede e implica di pari passo una informazione capillare, una educazione costante dei cittadini, una attenzione alla cultura, una crescita in tutti i sensi. Anche economici. Alcuni gruppi che operavano nei paesi in via di sviluppo, sostenevano che il suffragio universale non è tale,  se i cittadini sono poveri, affamati e ignoranti.  Non saranno mai liberi e non sarà vera democrazia. Per cui quando si parla di esportare la democrazia (di solito con le bombe) si ragiona da ipocriti in malafede: promuoviamo la cultura, miglioriamo le economie, rendiamo i cittadini liberi dai ricatti e dai bisogni essenziali, e otterremo risultati migliori in modi molto meno cruenti.

Ma questo è un altro discorso. Torniamo a noi.

In occasione del fermo dei cantieri dell’Aurelia bis,  per i costi del trasporto terra e delle analisi del materiale,  il Sindaco Orsi sarebbe sbottato: questo succede ad ascoltare i comitati.

Ecco, vedete? I comitati, preoccupati dalla possibile presenza di amianto nel materiale, hanno chiesto controlli severi. Sono stati accontentati, i costi lievitano, l’opera entra in crisi.

Ma cosa significa, da parte del Sindaco, un eletto, lamentare l’ascolto dei comitati? I comitati non sono dei rompiscatole che si divertono a mettere bastoni fra le ruote, sono composti da cittadini, elettori, con precisi diritti sulla loro salute e la qualità dell’ambiente in cui vivono.

Questo succede quando un eletto ascolta gli elettori, ecco la lamentela.  Grane e rogne a non finire.


Ma il Sindaco Orsi io lo giustifico. E’ uomo di centrodestra (almeno lo era, adesso i contorni si fanno sfumati e anche qualcuno dei presunti avversari potrebbe dire la stessa cosa…), e il centro destra non ha mai fatto mistero di tifare per il liberismo totale, per le imprese libere da lacciuoli e fastidi.

Come la mettiamo, invece, con il centro sinistra? Qui, almeno a parole, la musica sarebbe ben altra. Poiché i fatti,  e le necessità  politiche, continuano a contraddire i propositi, il cruccio è sempre come barcamenarsi, come farlo digerire agli elettori, come intortare con slogan o salvare la faccia. Come non far capire che  gli abbiamo fatto inghiottire  l’esca del liberismo sfrenato, amo e tutto.

Le larghe intese “solo” per il bene del Paese, per pura responsabilità, non funzionano abbastanza. Nessuno ci crede più, la verità di un unico schieramento, un unico interesse emerge evidente.

Dopo Monti, Letta è copia sbiadita, non basta che sia targato PD per evitare gli strali.

Trovata la soluzione! O meglio, i veri poteri che dominano tutto questo l’han trovata.  Renzi, apparentemente un giullare, apparentemente un cane sciolto,  quasi percepito come uno che governi in alternativa al suo stesso partito (fermiamoci sul grottesco del concetto stesso, eppure funziona).


Raccoglie su di sé gli strali irosi, come prima Berlusconi (di cui non a caso è emanazione e allievo, e che ha risollevato dall’oblio doveroso in cui era caduto), raccoglie al tempo stesso l’approvazione di chi vuole l’uomo forte, il decisionista. E’ del PD ma è  come se non lo fosse.

E i piddini, al solito, mugugnano ma si adeguano, pur di governare. Così, il liberismo è servito. Così, si può svendere, distruggere  il Paese, tutelare gli interessi delle multinazionali e della finanza, invitare a banchettare sulle nostre ossa.

Forse, qualcosa nel meccanismo comincia a cedere. Forse, il gioco si fa troppo scoperto, qualcuno si pente, comincia a capire le conseguenze. Speriamo.

Per il momento, più che la democrazia partecipata, ci aspetta quella parteciPAITA.

Il resto alla prossima puntata.

Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

 

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