– Dalla sabbia all’alternativa di sistema –

– Dalla sabbia all’alternativa
di sistema –

– Dalla sabbia all’alternativa di sistema –

 

 Se in queste giornate politiche si legge, parla e commenta della questione elettorale, o meglio della legge elettorale, è perché da Savona, come da poche altre città italiane, è partito un ricorso contro la “legge elettorale più bella del mondo, che gli altri Paesi non esiteranno a copiarci” (cit. Renzi).

E se oggi non siamo in campagna elettorale il merito è invece di un’ottima percentuale di affluenza del corpo elettorale che a maggioranza si è espresso nel referendum “omnibus” costituzionale che, al riguardo del sistema politico italiano, prevedeva la cancellazione del Senato ed un impianto politico strutturale del tutto inedito nella storia della Repubblica italiana.


Insomma due belle manciate di sabbia sono state messe negli ingranaggi di un processo storico che, per come era narrato, sembrava davvero ineluttabile e incontrovertibile. Una manciata è stata assestata in modo giuridico-costituzionale l’altra popolare.

Come si risolveranno le questioni di fondamentale importanza al riguardo della rappresentanza del popolo sovrano nelle massime assemblee elettive, Parlamento e Senato, non è ovviamente ancora deciso.

Sgombro il campo al riguardo dell’esito del 4 dicembre: ho trovato forzato il conteggio dei voti per il NO come il SI avocandolo ad un mero riflesso delle capacità di orientamento delle forze politiche in campo se è vero, come spesso si è detto e scritto, che i partiti in Italia sono da decenni avulsi dal sentire del popolo, meri comitati elettorali o cerchi magici.

Questo spiegherebbe infatti come la discesa in campo a favore ad esempio del NO da parte di Berlusconi sia stata dettata da esiti sondaggistici che davano vincente quella parte e che non poteva esserci a destra, per opportunità politica, una sola forza (la Lega) ad aggiudicarsi l’esito.

Così specularmente nel PD un maggior senso di realtà ha fatto sì che pezzi non indifferenti, almeno nell’immaginario collettivo di una certa parte, propugnassero per il NO dato vincente (Non volevo dare alla destra la vittoria del NO – disse Bersani). 

Così non è credibile, se non nella narrazione fuffesca dei perdenti bevuta dai boccaloni di turno, che l’esito referendario possa tradursi in conteggio elettorale (Abbiamo perso ma abbiamo il 40% – disse Renzi).

E’ plausibile che il risultato referendario sia stato davvero il frutto di un sentire diffuso di disagio, specie giovanile, che ha avuto modo di esprimersi in modo netto, senza deviazioni, alchimie, algebricità.

Difatti anche l’affluenza al voto in controtendenza, rispetto alle precedenti consultazioni sia referendarie che elettorali, ci dice senza dubbio che una parte dell’elettorato era tornata ad esprimersi dopo anni di astensionismo.

Bloccata la narrata inarrestabile ascesa del Presidente del Consiglio, su cui pendono una serie di fallimenti del suo governo – che sarebbero degni di un saporito articolo a parte, è arrivata la sentenza sull’Italicum. Sentenza che era attesa prima della consultazione del referendum costituzionale ma che per calcoli politici fu fatta slittare a gennaio di questo anno.


Una sentenza dolce-amara perché pur bocciando, rilevando l’illegittimità costituzionale del ballottaggio (un vero e proprio obbrobio), un perno centrale della stessa legge lascia la porta aperta ad una di stampo maggioritario.

Vero è che senza la sentenza, e prima ancora senza che vi fossero stati alcuni cittadini guidati da eminenti avvocati come Carlo Felice Besostri (già vincitore del ricorso insieme ad altri contro il Porcellum), noi avremmo in piedi la peggior legge elettorale del mondo, e questo ha fatto segnare il passo, la succitata manciata di sabbia nell’ingranaggio.

Ma, e qui sta la domanda dalle cento pistole, possiamo davvero credere che questo sistema politico con le distorsioni presenti, con la scarsissima capacità di rappresentanza nelle istituzioni, con una drammatica crisi economica materiale che coinvolge il mondo del lavoro, dello studio, della soddisfazione dei bisogni primari come la salute o un tetto sulla testa possa essere ulteriormente frenato o addirittura capovolto buttando manciate di sabbia? O magari rivolgendo petizioni a quegli stessi parlamentari, legittimandoli, che sino a ieri molti hanno definito illegittimi?

Va ricostruito un tessuto di relazioni politiche e sociali che abbandonino – abbattendoli –  manicheismo, opinionismo, tatticismo, settorialità, politicismo. Perchè questi sono i frutti avvelenati di un concetto di presente espanso, sterile e perduto, che annienta il significato di futuro. E senza questa idea di futuro e di strategia non è possibile fare passi avanti, perché impantanati nella più assoluta immobilità, sprofondando nel nostro stesso smarrimento.

Occorre dar voce, una tensione, ad un progetto di società alternativa che esiste già, sta lottando frammentata e senza requie (spesso nel silenzio dei media) subendo repressione e punizioni senza legittimità, ma che non pare ancora trovare strumenti di espressione complessiva, di “com-prensione” e coinvolgimento di massa e di più ampio respiro.

PATRIZIA TURCHI 

 

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