Da schiavi a servi creditori
DA SCHIAVI A SERVI DEI CREDITORI |
DA SCHIAVI A SERVI DEI CREDITORI
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Premessa: dedico questo articolo agli odierni “tribuni del popolo”, da Fratoianni a Salvini, affinché facciano proprio il discorso sul debito, senza la cui remissione l’intera umanità, e il nostro stesso pianeta, sono destinati a perire. Se gli antichi ne riconobbero la gravità e ricorsero ai giusti rimedi, sembra che l’attuale società ritenga il debito una sua componente ineludibile, come un malato che non vuol riconoscere la sua malattia, fino a renderla incurabile e devastante.
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Niente di (molto) nuovo sotto il sole: sin dalla più remota antichità, la società è divisa tra creditori e debitori; e la storia, traguardata attraverso questa dicotomia, ci appare nella sua giusta luce. Se facciamo un confronto tra gli umani e gli animali, notiamo subito che l’esistenza dei secondi è tutta tesa al reperimento di cibo. E così era anche per gli umani, finché rimasero cacciatori-raccoglitori. Quando divennero stanziali, con l’avvento dell’agricoltura e l’allevamento del bestiame, cominciò a radicarsi i concetto di proprietà, soprattutto della terra e sorsero i suoi primi proprietari, che se la presero con la forza bruta o se la videro assegnata per meriti diversi, quali ad es. la difesa del territorio da invasioni nemiche. Con la proprietà della terra coltivabile nacque anche un ordinamento giuridico, fatto dalla classe dei proprietari, per assicurarsene il possesso senza limiti temporali, ossia per diritti ereditari. Nacque così la classe dei possidenti, che disponevano dei cespiti che i coltivatori di un terreno non proprio dovevano riconoscere loro. In concreto, si delinearono due classi: una parassitaria e l’altra lavoratrice; l’una con accesso all’istruzione e con in mano le chiavi del potere, l’altra, tenuta nell’ignoranza, affinché accettasse lo stato di cose come fosse un immutabile disegno divino, e destinata a provvedere al sostentamento della classe creditrice col proprio lavoro.
Moneta raffigurante l’imperatore Adriano che appicca il fuoco a documenti attestanti debiti verso lo Stato
Onde tenere ben salde le redini sul collo dei contadini, i possidenti avevano un altro potente strumento: il prestito, necessario per l’acquisto di tutto quanto servisse alla gestione agricola del fondo, dall’attrezzatura agli animali. Prestito che sarebbe stato ripagato all’epoca del raccolto principale, in particolare quello estivo. Non contenti del giogo cui avevano sottoposto coloro che garantivano loro una vita agiata, i possidenti praticavano sui prestiti un interesse, nella certezza che questo avrebbe reso i contadini loro schiavi perenni. Schiavi non in senso figurato, ma reale: se non riuscivano a ripagare i debiti, dilatati dagli interessi, dalla condizione contadina passavano senz’altro a quella di schiavi, sia in prima persona che col coinvolgimento di parenti prossimi, con la facoltà del creditore di farne ciò che più gli aggradava, dalla sua vendita a terzi allo stupro, fino alla morte stessa.
Antica Roma: le mogli dei ricchi senatori accudite da schiave della classe debitrice
Se non si pagava un debito, per moglie e figlie iniziava il calvario della schiavitù, divenendo proprietà del creditore
La ferocia di un simile trattamento, che incoraggiava abusi di ogni sorta sulla classe lavoratrice da parte dei suoi sfruttatori, suscitò il sorgere di provvedimenti atti a mitigare lo scempio. E ciò sin dalla più remota antichità storica, della quale cioè esiste una documentazione che attesti, oltre alle guerre di conquista purtroppo costellanti la storia umana, anche i provvedimenti emanati dai vari monarchi per temperare gli effetti di un sistema, dal baratto alla moneta, atrocemente iugulatorio della maggioranza povera da parte della élite creditizia. A questi provvedimenti i reggitori giunsero non solo per generosità, ma anche per loro tornaconto, in quanto risultava sempre più arduo contare, nei momenti di pericolo e quindi di battaglia difensiva, o per l’erezione di opere pubbliche, quali mura di cinta, castelli, strade, ecc., su una massa di persone affamate, debilitate o demotivate. Non furono infrequenti, infatti, quelli che oggi chiameremmo scioperi generali, fino alle sommosse, contro l’arruolamento forzato, se prima i debiti non fossero stati d’imperio ripianati. Per quanto strano possa oggi sembrare, c’era una sorta di inespressa alleanza tra i popoli e i troni contro i comuni nemici: i creditori, perlopiù proprietari delle terre e prestasoldi. A partire dalle civiltà mesopotamiche e fino al ca. 1200 a. C. si assiste ai ripetuti vari di leggi promulgate dai governanti per la cancellazione dei debiti, perlopiù in occasione dell’insediamento di un nuovo monarca e poi ripetute a cadenze diverse. In sostanza, venne verificandosi un braccio di ferro, mai risolutivo, tra i reggitori e i creditori privati (antesignani dei banchieri di parecchi secoli dopo). Si noti, per inciso, che una simile prova di forza contrassegnò tutto il XIX° secolo tra i banchieri e i Presidenti degli Stati Uniti per il controllo del denaro, oggetto dei prestiti ai cittadini e allo stesso Stato. Era in predicato la natura stessa del denaro, pubblico o privato: strumento di benessere se in mano pubblica, di ricatto se in mano ai privati prestasoldi. Una differenza che contrassegna ancor oggi la nostra società, succube del denaro privato e dei debiti mai rimessi.
La famosa Stele di Rosetta, ritrovata durante la spedizione napoleonica in Egitto del 1799 ed oggi al British Museum, conferma la tradizione dei faraoni, dopo l’VIII° sec. a. C., della sistematica cancellazione dei debiti; e descrive quella di Tolomeo V, nel 196 a. C. L’essere scritta in 3 lingue, permise a Champollion di decifrare i geroglifici egizi nel 1822
Dopo il 1200 a. C., col crollo della civiltà micenea (“medioevo ellenico”, causato dall’invasione dei Dori, rozzo popolo del Nord, e dall’instaurarsi di un cambiamento climatico), inizia una serie di “secoli bui”, fino al ca. 750 a. C., nei quali, favoriti dal caos sociale, i creditori privati prendono il sopravvento, annullando i provvedimenti dei monarchi precedenti e ripristinando i soprusi dei creditori sulla plebe debitrice. Verso la fine del buio, in Israele i profeti maggiori, Elia, Amos, Osea, Isaia, Geremia, non si stancano di condannare l’usura e lo sfruttamento dei debitori, invocando la remissione dei debiti (invocazione poi ripresa dal Cristianesimo, come recita il Pater Noster); e, se la Bibbia testimonia in vari passi la generale avversione verso i creditori, il Vangelo con Gesù va oltre: dapprima facendo propria la predicazione dei rotoli, appunto, di Isaia, e più tardi scacciando i mercanti dal tempio, per condannare la cupidigia di guadagno dei creditori e dei mercanti (in una profetica assonanza con gli odierni “mercati”) e per dimostrare che contro gli speculatori non ci sono che le maniere forti (altro che gli educati cinguettii tra governi lacchè e la reggia di Bruxelles).
Gesù legge Isaia nella sinagoga di Nazareth annunciando la sua missione di ristabilire l’Anno del Signore (Giubileo)
Gesù scaccia i mercanti dal Tempio, poiché inquinano la casa di Dio per l’avidità di denaro
In Grecia coloro che vengono etichettati come “tiranni” fanno, al contrario, opera di alleviamento e cancellazione dei debiti, ad es. a Corinto, Megara e Sicione. E altrettanto fa ad Atene Solone, con la sua famosa riforma delle leggi, che cancella i debiti e il servaggio dei debitori. E similmente fa Licurgo a Sparta. Anche nella Roma repubblicana è un susseguirsi di editti per mitigare il giogo del debito, su sollecitazione dei vari tribuni della plebe, di cui Mario, contrapposto al ricco Silla, è forse il più noto; come lo sono i fratelli Gracchi, Tiberio e Caio, entrambi assassinati. Ma altrettanto noto è Catilina, grazie alle orazioni contro di lui, le Catilinarie, pronunciate dal suoacerrimo nemico e difensore dello status quo: il dives Marco Tullio Cicerone. E, non a caso, un caposaldo del programma di Catilina è proprio la cancellazione dei debiti. Ma tutta la storia è arrossata dal sangue dei debitori, cui non rimane che il ricorso alla violenza per tentare di liberarsi dal giogo dei debiti: i grandi creditori non demordono spontaneamente, per crisi di coscienza.
Il conservatore Cicerone ci ha tramandato la figura di Catilina come quella di un cospiratore, nemico di Roma, in quanto osava mettere in dubbio i diritti della classe creditrice
Da notare anche un genere di leggi che, se non azzerano i debiti, prevedono che gli interessi pagati vadano a ridurre il capitale ancora dovuto, azzerandolo al raggiungimento della parità. Una soluzione che renderebbe tanti odierni mutui assai più sostenibili, considerando che la loro concessione non è costata nulla alla banca, che applica l’interesse solo per nascondere questo dato di fatto e mettere così al passivo il capitale mutuato, rendendolo tax free. Quanto al famigerato debito pubblico, si tratta di una somma inesigibile, se non mandando in bancarotta l’Italia (e ogni altro Paese), tant’è vero che nessun Paese l’ha mai ripagato, fermandosi ai soli interessi; e se questi venissero detratti dal capitale (il principal), i debiti pubblici globali svanirebbero come neve al sole! Ritengo di aver fornito sufficienti spunti per guardare con occhi diversi ai tempi nostri, che confermano la restaurazione dei “secoli bui” suaccennati, con la protervia dei creditori privati nel riguardi sia degli Stati che dei privati, cittadini o aziende: i divites della finanza predatoria sono riusciti nel duplice capolavoro di asservire tutti, comprando anche i governi. Si sono limitati, in quanto “buonisti”, a renderci soltanto servi, non più schiavi: un enorme passo avanti, rispetto all’antichità! Non possono più stuprarci moglie e figlie, ma ci spogliano di ciò che abbiamo, con la complicità delle leggi e dei tribunali, che le applicano alla lettera. Oggi sei libero di scappare verso… la nullatenenza; perché solo a quel punto le aggressioni si fermano. Ma, economicamente parlando, sei uno zero. Un po’ come il fuoco, che può aggredire un bosco, ma non quello già incenerito.
Marco Tullio Cicerone: uomo di raffinata cultura e grande oratore, ma sempre a difesa delle classi privilegiate
Negli ultimi decenni, l’eredità dei tribuni della plebe, in precedenza appannaggio delle sinistre, in modo più marcato in Italia che altrove, è passata alle nuove destre, ribaltando, anzi vanificando il vecchio assetto bipolare. Oggi, chi va nelle periferie degradate, si batte per la democrazia e il consenso popolare e contro lo strapotere dei divites odierni sono partiti sino a tempi non remoti pensati come difensori proprio dei divites. Ciò mentre i tribuni con le bandiere rosse predicano quegli stessi principi di solidarietà e fratellanza, negati ai loro concittadini, solo nei confronti degli immigrati clandestini, con ciò incentivando un traffico criminale e il suo oggettivo supporto da parte di navi, pagate e attrezzate da grandi speculatori finanziari, scopertisi d’un tratto umanitari; e rendendo di fatto legale la violazione dei confini e la trasformazione dell’Italia in territorio aperto alla violenza e all’illegalità d’importazione. Si combattono le mafie nostrane, ma prosperano stranamente le nuove mafie, cinese, africana e via dicendo. Il disegno dei creditori, ormai padroni del mondo, è quello di portare tutti al rango plebeo, onde poter esercitare il dominio assoluto, senza neppure più il fastidio di contestazioni inscenate da stuoli di poveracci, ridotti all’acquiescenza dallo spettro della miseria e della fame. Ma destre e sinistre, o comunque le si voglia chiamare, non riconoscono la centralità del debito nelle loro formule salvifiche.
L’ingresso di una banca: vi entri libero, ne esci debitore. Da debitore del padrone di casa a debitore del mutuo bancario. Da debitore del rentier a debitore del prestasoldi. Il primo ti affitta un bene fisico, il secondo dei numeri, che starà poi a te “fisicizzare” nei decenni a seguire, affittando il tuo tempo lavorativo
In tale disegno criminale non c’era spazio per una nuova destra che s’era messa a prestare soccorso a quanti erano stati abbandonati alla deriva dalle sinistre, passate ad assaporare il dolce gusto degli agi e del potere, sia pur subordinato. L’obiettivo principe, per eliminare il male alla radice, era quello di defenestrare l’odierno e odiato tribuno della plebe, Matteo Salvini, in troppo prorompente ascesa verso la reggenza e reo di aver ventilato l’obiettivo dei “pieni poteri”; che devono restare saldamente in mano agli aristocratici. A tale scopo si sono impegnate le armi della propaganda: compito strafacile con i mass media di proprietà dei divites. Quanto alla rete, si sta cercando in molti modi di imbavagliarla, col pretesto del “rigurgito fascista”, a cominciare dai bandi di Casa Pound e Forza Nuova da Facebook e Instagram.
Conte, nel suo habitat, Bruxelles, promuove un Patto su migranti e crescita. Non per arrestare i flussi migratori, ma per ridistribuirli in un‘Europa riluttante. E l’obiettivo di abbassare il debito pubblico, non già rimettendolo, ma drenando soldi dall’economia reale, collide con la promessa crescita
Il governo Conte-bis, lisciato da chi l’ha imposto: UE, BCE, Vaticano e “mercati”, nasce inviso alla gran parte della gente e si dichiara pronto a fare alcune delle cose che non si lasciarono fare al governo precedente. Tra queste spiccano i provvedimenti a favore dei lavoratori dipendenti, abbassando il cuneo fiscale. Ma poco o niente si prevede a favore delle mini-aziende, dimenticando che la grande massa dei lavoratori sono oggi proprio le piccole partite Iva, emarginate dai governi di sinistra. Nel mare magnum, e in crescita, della “plebe”, esse sono ormai alla pari dei lavoratori precari o sottopagati; e spesso peggio. Il Conte bis, in coro con la UE, promette “l’abbassamento del debito”, non già rimettendolo, ma raschiandolo da un’economia reale in crescente affanno. Per far contenti i “mercati”. Il premier parla forbitamente, indossa abiti firmati, è sempre accuratamente pettinato e a plomb: una maschera per fregarci “educatamente”. Perfetto “avvocato dei tartufi e dei comunisti al caviale”, come lo etichetta Renato Farina. [VEDI] Quanto alla Chiesa, che ogni tanto si lancia, per bocca del papa, ad invocare la remissione dei debiti, specie in occasione del Giubileo, un istituto che la contempla come misura principe, sarebbe più credibile se, anziché limitarsi a predicarla, la praticasse, che so, abbuonando almeno un anno di affitto agli inquilini dei suoi numerosi immobili, o dimezzando i canoni. Invece, solo belle parole ex cathedra.
Le esortazioni umanitarie papali avrebbero maggior efficacia se attuate dalla Chiesa, grande proprietaria immobiliare
E il Quirinale? Invece di adoprarsi, anche solo con una pilatesca astensione di facciata, per il mantenimento della divisione perenne tra creditori e debitori, il moderno monarca potrebbe usare la sua moral suasion per la promulgazione di leggi che ammorbidiscano questa iniqua contrapposizione.
Il Quirinale: il suo vangelo dovrebbe essere la Costituzione; ma si stenta ad accorgersene
In conclusione, il governo oggi in carica non può varare misure sgradite ai suoi superiori d’Oltralpe, che mai acconsentiranno a temperare le disuguaglianze sociali: i popoli per loro sono soltanto i garanti della loro facoltosa e parassitaria esistenza; e discorsi come quelli sin qui accennati sono fumo negli occhi. Tanto per dargli un nome, sono demonizzati come fascismo. Dare voce al popolo, alleggerirne i debiti sarebbe fascismo. Scritti come questo inciterebbero all’odio sociale, al contrario dei pacati discorsetti dei “moderati”, da Casini a Berlusconi, che propendono per il “vogliamoci bene”, come nei pranzi natalizi elargiti alla plebe.
E i resti del comunismo che fu? Persa l’identità, ormai sono solo sagre e “anti”: antifascismo
Nel Paese con la Costituzione “troppo a sinistra” non resta che disattenderla, col concorso fattivo di tutti i privilegiati, dalla politica buonista alla finanza, dai prestasoldi ai rentier. Con buona pace dell’art. 1…
Epilogo: sono debitore (!) per tutti i riferimenti storici al magistrale libro “… and forgive them for their debts” del grande economista “eterodosso” Michael Hudson, del quale riporto qui qualche frase emblematica del suo pensiero: “L’avallo della Tabula Rasa (Clean Slate) finanziaria da parte degli antichi legislatori è l’opposto dei principi che governano le odierne economie. Secondo l’ortodossia economica moderna, la cancellazione dei debiti personali avrebbe condotto al caos finanziario, anziché proteggere le economie dal caos. In realtà il prodigioso sviluppo dell’area mesopotamica non sarebbe stato possibile se i suoi reggitori avessero aderito all’attuale “santità” del debito. […] Noi viviamo in un tipo di economia di mercato che favorisce ambiziosi tycoon e imperatori finanziari che indulgono in ciò che la filosofia classica chiamava hybris [tracotanza]: l’avidità ingiuriosa e predatoria dei creditori contro i debitori.” Un altro autore fondamentale in questo contesto è l’antropologo David Graeber, autore del ponderoso volume “Debito. I primi 5000 anni”, edito in Italia da Il Saggiatore. Ecco una sua amara considerazione: “Già nell’antichità si pensava che il peggior scenario in grado di condurre alla dissoluzione della società era proprio una grossa crisi del debito; le persone comuni erano così indebitate con quell’uno o due percento della popolazione che deteneva il grosso della ricchezza, da trovarsi costrette a cedere in schiavitù membri della famiglia o addirittura se stessi. Cosa accade invece oggi? Anziché dar vita a qualche genere di istituzione sovraordinata per proteggere i debitori, si creano queste immani istituzioni planetarie come il Fondo Monetario Internazionale e Standard & Poor’s per proteggere i creditori. Queste istituzioni dichiarano, in spregio ad ogni logica economica, che a nessun debitore dovrebbe essere consentito fallire. Inutile a dirsi, il risultato è catastrofico. Stiamo sperimentando qualcosa che ricorda le circostanze tanto temute dagli antichi: una popolazione di debitori che cammina sull’orlo del disastro.”
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