Da il NEGRIN gli statuti di Celle 1414
Da ‘A Civetta’ di Celle Ligure Periodico di critica, cultura e informazione Da il NEGRIN gli statuti di Celle 1414 “A tutti coloro che amano Celle, Cellesi e no, perché scoprano un pezzetto della sua Storia”. |
Da il NEGRIN gli statuti di Celle 1414 “A tutti coloro che amano Celle, Cellesi e no, perché scoprano un pezzetto della sua Storia”. Dedica dell’Edizione a cura del Comune di Celle – Marzo 1983 – Traduzione di Anna Paola Castagno. Un po’ di Storia introduttiva la proporremo nel prossimo numero, per i Capitoli che andremo a pubblicare man mano scegliendo quelli più curiosi, gli ancora e sempre attuali, o di abbinamento a qualche ‘pezzo’, come l’attuale, o agli argomenti trattati. Qui cominciamo con quello sulla pesca per correlazione con il racconto che precede.
“CAP.10 – SUI PESCATORI CHE PESCANO SULLA RIVA O NEL MARE DI CELLE
Tutti i pescatori e coloro che svolgono questa attività nel mare o sulla riva di Celle e anche coloro che “tirano le reti” ed i loro collaboratori debbano vendere a chiunque lo desideri e portare oppure far portare a vendere di ciascuna cesta di pesce pescato in mare o sulla riva o con le reti fino a una quarta parte del prodotto (*) oppure in più o in meno a secondo l’ordine ed il beneplacito dei Ministrali di Celle(*1). La vendita deve essere tenuta nei luoghi soliti, cioè dal fossato di Glaria (*2) al Carruggetto. Non si debba portar via il prodotto della pesca dai luoghi stabiliti fino all’ora fissata e si debba vendere secondo i prezzi stabiliti. Nei giorni in cui si può mangiare carne, i pesci si vendano in ragione di 2 denari (*3) ecc. per ogni libbra di palamiti (1) e di tonno, di 6 denari per ogni libbra di “Cecchia” (2) o dentice; di 1 denaro per ogni libbra di “parazerra” (3) (*4). “Nei giorni di quaresima invece, si vendano in ragione del doppio alla libbra a seconda della qualità di pesce. Se qualche pescatore o qualche suo aiutante avrà trasgredito le predette disposizioni, sia condannato ad una multa di 5 soldi (*5) di detta moneta di cui la metà sia applicata a favore della Comunità e l’altra metà dei Ministrali. Se al presente o al futuro sarà tenuta una vendita all’ingrosso di qualche quantità di pesce e qualche persona del luogo o forestiera, presente alla vendita, abitante o meno in Celle, vorrà comprare una parte di pesci in quantità stabilita e al prezzo stabilito o da stabilire, i pescatori o i loro collaboratori siano autorizzati a vendere una parte dei pesci purchè tale persona abbia prima concluso un adeguato contratto di vendita. Per il resto, altrimenti i pescatori o qualcuno dei loro collaboratori non possano fare o permettere altra vendita di pesci pescati con le reti nel mare o sulla costa, tranne nel caso in cui abbiano raccattato o preso pesci pescati in altro modo. E se qualcuno dei pescatori dei loro collaboratori avrà trasgredito tali disposizioni, sia condannato ad una multa di 3 libbre genovine (*6) ecc. di cui la metà vada a favore della Curia e l’altra metà al testimone accusatore.
Note. (1) Il testo riporta “paramie”. Il Rossi ne assimila il significato a dentexus = dentice. Il Casaccia invece parla di “pamìa”, cioè di palamita o palamis sarda, pesce del genere degli sgombri, quasi simile al tonno ma molto più piccolo, di colore turchino cupo e rigato.
(2) Il termine corrisponde a “leccia” o lampuga dorata – dal Dizionario genovese-italiano e vv. 1910 di G. Frisoni – o anche a scomberoncia: pesce di color verdiccio o azzurrino, come l’ombrina, con cui ha similitudine, senonchè è senza scaglia ed ha la testa alquanto più aguzza; la sua carne è bianca, grossa e di ottimo sapore: G.Casaccia. [Il testo originale riporta ‘lecchie, ficus et dentexi’ e successivamente cita ‘sardenarum, amplutarum seu zerlorum’ sardine, acciughe e zerli, di cui però non v’è cenno nella traduzione; forse per difficoltà con quell’amplutarum: gen.pl. di ampluta = acciuga, da S.Aprosio, vol.A-L, 2001, n.d.r.]
(3) Per questo termine è stato necessario lasciare la traduzione letterale (v/ *4)
N.d.r. (*) ‘Quarta parte del prodotto’ cioè un quarto alla vendita in proprio del pescatore ed il resto bene pubblico della Comunità.
(*1) ‘i Ministrali’: due uomini saggi del Comune di Celle, scelti ed eletti dagli otto Consiglieri comunali, in carica per sei mesi.
(*2) ‘fossato di Glara’: nel testo ‘fossato Glarie’ che, correlato al ‘Currubietum-Carruggetto’, l’odierna Via Ghiglino da una parte e Via Aicardi dall’altra, è da leggersi ‘Ghiare’, il nome del nostro torrentello.
(*3) ‘denari’: il ‘denaro’ era la 240.ma parte della ‘libbra’ o ‘lira’ in argento prevista dalla riforma monetaria europea di Carlo Mano (700-800 a.C.) in contrapposizione della pressochè equivalente ‘tari’ circolante nel Mediterraneo, suddivisa in ‘tarini’.
(*4) ‘parazerra’: nel testo ‘pisces…parazenarum’, qui e in passo precedente: cioè il pescato della ‘paranza’, rete a strascico da natante, non da riva (sciabica), ma usata in varie modalità stanziali specie in lago e in fiume, a paracadute capovolto.
(*5) ‘soldi’: il ‘soldo’ era la 20.ma parte della ‘lira’.
(*6) ‘libbre genovine’: la già vista ‘libbra-lira’ d’argento, diventa ‘genovino’ o ‘genoino’ in conio d’oro (3,5 gr. oro 24 kt – diam. 22 cm.), prima coniazione nel 1252, con perdurante diatriba sull’aver battuto di alcuni mesi il ‘fiorino’ di Firenze, pressochè simile per peso e valore.
A Civetta – Periodico di critica, cultura e informazione NUMERO 35
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