Da Battisti ai migranti

Da Battisti ai migranti

Dove va e da chi è ispirata la gauche mondiale?

Da Battisti ai migranti

Dove va e da chi è ispirata la gauche mondiale?

 Cesare Battisti, detenuto per reati contro il patrimonio, antesignano di quelli che oggi in carcere si radicalizzano e da semplici delinquenti diventano combattenti per la fede, vide il suo tornaconto nel seguire i compagni impegnati a combattere il potere economico e la tirannide politica borghesi. Tornato libero poté continuare a rapinare banche e gioiellerie con la foglia di fico della causa e lo fece con tanta determinazione da lasciare sul terreno qualche malcapitato borghesuccio. No era certo una delle “menti” (stavo per scrivere “dementi”) che dettavano la linea negli anni di piombo ma era sveglio e imparò un sacco di cose sulla lotta armata, su chi l’aveva provocata e dietro le quinte la stava manovrando.

Una volta catturato si poteva farlo fuori e cucirgli la bocca oppure coccolarlo, farne un divo del terrorismo, una specie di Bel René rosso, e tirarlo fuori di galera. Qualcuno in alto decise per la seconda opzione. Non è certo l’unico che, chiusa la stagione del terrore, la sinistra interna e internazionale ha provveduto a risarcire per l’incomodo assicurando una vita agiata ai combattenti sottratti alla giustizia e riparati in Francia e in Sudamerica ma il suo è stato un caso esemplare. Intanto perché per l’altra quarantina di sicari si sono evitati accuratamente i riflettori mentre di lui si è sempre praticamente saputo tutto, le sue frequentazioni parigine, la protezione di cui lo gratificava la première dame, le entrature alla corte di Lula, il sole e le spiagge di Copacabana. Mancava solo che Feltrinelli pubblicasse in Italia i suoi gialli.  Per 36 anni il pluriomicida con tre ergastoli sul groppone è andato avanti così, mentre giudici e politici fingevano di volerlo riportare in Italia e i nostri servizi fingevano di dargli la caccia. Con gli accordi fra il compagno Napolitano e il compagno Lula si rasentò la farsa, ma Berlusconi non seppe fare di meglio. Ora che è stato preso, impacchettato e riportato a casa Salvini e Bonafede possono legittimamente passare all’incasso ma la conclusione della vicenda impone che si faccia i conti con la rete di protezione di cui il Battisti ha goduto e che, evidentemente, esiste a prescindere dal caso particolare  e con la circostanza che al suo interno si sia creata una smagliatura proprio nel momento in cui la sinistra nostrana e i suoi complici, alludo a Forza Italia, sono stati messi in condizione di non nuocere. È il momento, ora, non solo di far scontare la pena che i nostri tribunali hanno loro inflitto alla quarantina di criminali “rifugiati politici” ma di dare un nome e un cognome  a quanti, quale che fosse il ruolo dentro o fuori le istituzioni, dentro o fuori i media o l’accademia, dentro o fuori i partiti – penso al Pci, Pds, Ds, Pd – che di quella rete facevano, e fanno, parte. Troppa gente in Italia deve ancora fare i conti col proprio passato; troppe le domande senza risposta sulle fulminee carriere di gente che si è formata spaccando vetrine e lanciando molotov, per non dire del fiume carsico cha dal brigatismo affiorava nelle redazioni e in Parlamento.

Straordinari gli opinion makerdella sinistra, che prima plaudono a denti stretti alla cattura di Battisti e subito dopo cominciano con i distinguo, si attaccano al video di Bonafede e sguinzagliano costituzionalisti d’area e Camere penali in nome dei diritti dei detenuti, dimenticando che il terrorista si pone fuori e contro lo Stato, è un eversore, qualcosa di diverso e peggiore di un comune delinquente.

Ma la domanda politica, o metapolitica, va oltre queste contingenze per entrare nel cuore del problema: perché? Perché lagaucheha non dico ispirato ma creato il terrorismo? Che cosa legava le Brigate rosse e le altre formazioni eversive nostrane alla sinistra mondiale? Qual era, ed è, il disegno e a chi faceva, e fa, capo? Se si limita lo sguardo all’Europa e all’interno dei nostri confini la risposta è semplice: la strategia della tensione ha aperto alla sinistra la porta principale del potere e ha indebolito il Paese. Gli anni di piombo furono un’occasione ghiotta per screditare l’Italia, “spaghetti e P38”, come titolava l’autorevole Der Spiegel, che riflette puntualmente il sentire dei potentati tedeschi. La locomotiva italiana affiancava quella germanica; bisognava rallentarne la corsa.

Ma questo è solo un aspetto locale e parziale di qualcosa di ben più ampio, di un progetto attuato in Italia ma di portata mondiale. Qual è questo progetto, al di là dell’evidenza che esso coincide con il moloch della sinistra?

E mentre mi pongo queste domande il sincronismo di due avvenimenti distanti fra di loro nello spazio e di dimensioni incomparabili mi sembra la prova di una precisa strategia  della quale si  avvertono gli effetti ma rimangono  misteriosi gli obbiettivi e invisibile la regia  anche se è scoperta la coincidenza con quella stessa rete che ha garantito a Battisti l’impunità. Uno è il braccio di ferro fra Trump e il Congresso sulla questione del muro che dovrebbe porre fine all’invasione dal Messico; l’altro i 49 “disperati” delle due navi olandese e tedesca, usati come un ariete contro il muro virtuale eretto da Salvini. Sullo sfondo le parole di Nancy Pelosi che li comprende entrambi, quella stessa Speaker nella quale si identificavano la strana sinistra dalemiana e la strana destra finiana.


Non voglio soffermarmi sull’aspetto fisico dei 49 “disperati”, che i rappresentanti delle Ong incautamente hanno divulgato forse per mostrare agli africani che l’avventura europea – anzi, italiana – è possibile: dopo un po’ di tira e molla lo sbarco è assicurato. Qualcuno dovrebbe prendersi la briga di documentare a campione le storie personali dei richiedenti asilo: la loro condizione in patria e i comportamenti successivi all’accoglienza. Magari verrebbe fuori che importiamo prostitute e manodopera per la mafia nigeriana. Quel che è certo è che il fenomeno epocale è una colossale bufala: con l’eccezione della Siria, che col pretesto di una guerra civile fomentata dagli americani è stata per anni il tormentato e involontario teatro di una resa dei conti fra Israele, Turchia, curdi, califfato, sunniti, sciiti e ovviamente Stati Uniti e Russia, tutti gli altri Paesi, africani e asiatici, dai quali partono i flussi migratori demograficamente ne sono, per fortuna,  appena scalfiti. Basti pensare alla Nigeria, con i suoi 200 milioni di abitanti. Più che a una fuga in massa è lecito pensare all’arruolamento di giovani in cerca di una vita facile da parte di mercanti senza scrupoli, eredi dei razziatori di uomini da vendere sui mercati di Zanzibar o di Algeri per poi essere  spediti nelle piantagioni di cotone americane. Il businessdi ieri si replica nel businessdi oggi. Con la differenza che ieri nessuno si sarebbe sognato di fornire non dico una giustificazione ma addirittura una base ideale al traffico di esseri umani mentre oggi, a parte la barzelletta del fenomeno epocale, si scomodano la disperazione, la fame – una fame che non lascia segni -, i cambiamenti climatici  e i valori della solidarietà, della comune umanità, dell’accoglienza, arrivando fino alla blasfemia di considerare Gesù un migrante. E allora mi viene da pensare che c’è veramente in questa faccenda qualcosa di epocale, che però non ha il suo centro né in Africa né nel centro America ma in chi ha steso sull’Occidente quella rete che ha protetto Battisti e che pianifica l’invasione.


 

Una rete che culturalmente, politicamente coincide con la sinistra ma i cui tessitori vanno cercati nella trimurti finanza globale, logge, Vaticano. Non so a che cosa mirano ma di sicuro è qualcosa di epocale che spiega la tenacia con la quale le Ong sfidano i governi, le leggi, l’evidenza  e continuano il loro lavoro di reclutamento e traghettamento incuranti del discredito presso la pubblica opinione, della chiusura dei porti, delle guerre diplomatiche che provocano; qualcosa di epocale se tutti i media italiani ed europei si prendono gioco di lettori e telespettatori e li sottopongono a un continuo tentativo di brainwashing; qualcosa di epocale se ha portato al suicidio ciò che restava del più grande partito comunista dell’Occidente, se per sua colpa l’establishment europeo rischia di crollare e i britannici hanno pensato bene di svignarsela.

Se nonostante la paura e la rabbia della gente, mentre la loro nave affonda, i nocchieri della sinistra continuano imperterriti ad allargarne la falla ripetendo la fola dei “disperati” che fuggono da guerre inesistenti, da una fame che non segna i loro volti, da fantomatici cambiamenti climatici, dei quali il 99,99% dei connazionali non sembrano rendersi conto, se continuano con supremo sprezzo del ridicolo a proporsi come paladini di diritti universali mentre conculcano i diritti dei cittadini e a sbandierare le loro improbabili bontà, fraternità e solidarietà, vuol dire che dietro c’è veramente qualcosa di epocale. Il business sicuramente c’è ma che basti per spiegare la protervia, l’accanimento nel difendere l’indifendibile e la disponibilità alla  perdita di consenso e di credibilità  sull’altare dell’accoglienza (o dei diritti umani del “prigioniero Battisti) francamente non lo credo. C’è ben altro  

   Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione

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