Crisi finanziaria

E ADESSO?
Sembra che il nostro destino dipenda sempre più
 nel prossimo futuro da due uomini di nome Mario,
forgiati entrambi alla scuola della Goldman Sachs

E ADESSO?
Sembra che il nostro destino dipenda sempre più 
nel prossimo futuro da due uomini di nome Mario,
forgiati entrambi alla scuola della Goldman Sachs

Toh, il Commissario europeo agli Affari economici e monetari, Olli Rehn,…LEGGI… conferma quello che ho scritto su queste pagine a più riprese: che l’Italia non riuscirà a raggiungere il pareggio di bilancio, ossia deficit zero, entro il 2013.

L’Italia infatti si trova a dover lottare su due fronti: un colossale debito pubblico e gli interessi sullo stesso che ogni anno dissanguano lo Stato per oltre € 100 miliardi: oltre il 5% del Pil (e tendenzialmente in crescita, visti gli interessi che lo Stato è costretto a promettere in questi convulsi giorni ai sottoscrittori di Titoli del Tesoro). Andare a deficit zero significa spillare ogni anno un simile colossale ammontare dalle tasche dei contribuenti, sia come tasse sia come tagli alla spesa, che perlopiù significa tagli ai servizi sociali, che anziché venir pagati dallo Stato vengono accollati direttamente alla gente. A ciò si aggiunge la mitica lotta all’evasione fiscale, che significa sì scovare i grandi evasori, ma insieme creare una rete fiscale terroristica per tutti i normali cittadini. E, come condimento generale, si invoca l’altrettanto mitica crescita, (vedi miei recenti articoli sul tema…KRESCERE, KRESCERE, KRESCEREeUN’ODIERNA FATA MORGANA: LA CRESCITA…) che dovrebbe miracolosamente convivere con i salassi appena accennati. Come dire: ti lego le gambe ma insieme pretendo che tu corra più veloce. E correre dove? Il mercato è già saturo di tutto, dalle case alle automobili ai telefonini ai televisori a…, così come l’ambiente è saturo di tutte quelle merci, sempre più rapidamente deteriorate a rifiuti, e sta lanciando chiari segnali di insofferenza per l’homo insapiens.

Eppure, quasi un emungimento di quelle dimensioni non bastasse, ci si chiede pure di ridurre il debito pubblico, che veleggia sui € 1.900 miliardi. Proposito lodevole, visto che è lì la causa degli interessi elevati che lo Stato paga a banche e risparmiatori.

Olli Rehn

Mario Monti

L’immagine più appropriata è un carro, quello dello Stato, stracarico di pietre, che viene alleggerito distribuendole sulla schiena dei cittadini che già stanno faticosamente tirando quel carro. Il quadro è ancora più completo se sul carro ci mettiamo, con la frusta in mano, tutti coloro che ruotano intorno e succhiano dalla politica, e che dal carro non vogliono mai scendere.

Fuor di metafora, se non cambia radicalmente il modo in cui il denaro entra sui mercati, come ho ripetuto per anni alla nausea, e se non si snellisce altrettanto drasticamente l’apparato della politica e i suoi costi astronomici, deficit zero e riduzione del debito pubblico resteranno un miraggio da proiettare agli italiani mentre il banchetto dei soliti noti, e meno noti, continuerà indisturbato.

Gli italiani sono un popolo molto più saggio e risparmiatore degli altri cittadini europei, tant’è che il debito privato è ben dentro la zona considerata “virtuosa” per il debito pubblico (ossia sotto il 60% del Pil): è al 45%, mentre il debito contratto dai nostri governanti di sempre ha raggiunto e superato il 120%. Tradotto: gli italiani non si meritano i governanti che pure hanno ripetutamente eletto, e tanto meno di esser chiamati a onorare quel debito.

Purtroppo, non c’è da attendersi da un uomo come Mario Monti – presidente dell’Università Bocconi e international advisor della Goldman Sachs, osannato da banchieri e capitalisti- che le misure davvero necessarie per scrollarsi di dosso un debito eterno, contratto sopra la testa di tutti noi, vedano finalmente la luce. Sembra che il nostro destino dipenda sempre più nel prossimo futuro da due uomini di nome Mario -l’altro è Mario Draghi-, forgiati entrambi alla scuola della Goldman Sachs: non precisamente il meglio per instillare il senso dello Stato….LEGGI

Marco Giacinto Pellifroni           13 novembre 2011

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