Creare lavoro?

CREARE LAVORO?

CREARE LAVORO?

Proseguo qui il mio precedente articolo (vedi…) su questo tema, aggiungendo alcune considerazioni che ad alcuni sembreranno banali; ma   sfido a contestarne la validità.

La prima premessa perché ci siano persone che lavorano è che ci sia produzione e scambio di merci e servizi. In tanto consiste il lavoro: produrre e commerciare.

Seconda condizione: le aziende producono solo merci e servizi che il mercato (quello reale, non quello future) richiede. Questo si chiama libero mercato affluente, dove è la domanda a creare l’offerta (e non il contrario, come avviene nei mercati emergenti).

Terza condizione: il mercato, ossia i cittadini, i consumatori, o come li si voglia chiamare, compra se ha in tasca i soldi che glielo consentano.

La condizione che condensa le 3 precedenti è che le aziende producano con profitto e che i cittadini abbiano un reddito da lavoro tale da poter acquistare i beni e servizi che le aziende producono.

Alla base di tutto deve esserci una sufficiente disponibilità di denaro in circolazione che consenta alle aziende di investire e produrre e ai cittadini di spendere. La quantità esatta di denaro che permette ciò né in eccesso né in difetto corrisponde alla c. d. euflazione: giusto equilibrio tra inflazione e deflazione.


Una politica monetaria che tenga conto di queste semplici premesse, cosa fa? Dosa la quantità di denaro corrispondente alla situazione ideale dell’euflazione: non farà mancare né eccedere il denaro alle aziende e ai cittadini, favorendo così un equo regime di produzione e scambi. Dal 2008 ad oggi, invece, la BCE ha profuso € 4.500 miliardi, trattenuti come una possente diga dalle banche, senza beneficio alcuno per aziende e famiglie.

Il giusto dosaggio di denaro è un’operazione squisitamente politica, visti i riflessi che ha sulla società civile. Dosare significa dare e togliere mediante due leve: quella dei crediti pubblici e privati (per dare) e quella delle tasse (per togliere). Operazioni che incidono talmente sulla vita dei cittadini che non devono assolutamente essere lasciate in mani di privati, che, per definizione, operano a proprio ed esclusivo vantaggio e profitto.

Peccato che, in misura via via crescente, i crediti, fonte di guadagni abnormi tramite la creazione di moneta dal nulla, siano stati affidati a mani private; mentre le tasse sono lasciate in mani pubbliche, non tanto per finanziare opere di pubblica utilità e/o drenare eventuali eccedenze monetarie, bensì per pagare enormi e crescenti debiti alle banche centrali private, per giunta con la corresponsione –pur venendo anche i capitali di queste ultime creati dal nulla- di interessi, la cui entità è lasciata all’arbitrio delle banche stesse!

Se questa non è totale subordinazione (o soumission, per usare il titolo del libro e del film oggi all’attenzione della cronaca) degli Stati alla finanza privata, come altro la si dovrebbe definire? Le aziende e i lavoratori –attivi o in pensione- sono oberati di tasse e contributi sia per pagare i debiti fasulli verso le banche, centrali e commerciali, sia per sussidiare la massa crescente di disoccupati e, recentemente, di immigrati, respinti dalle nazioni viciniori, ai quali si corrispondono emolumenti mensili doppi o tripli di tante misere pensioni di vecchiaia, sociali e di invalidità ai nostri connazionali. I contributi si innalzano in quanto, mentre cresce lo stuolo dei beneficiari, ci sono sempre meno nascite e giovani che lavorano e pagano quei sussidi.


Mi sia concesso un excursus correlato al tema. Gli italiani non fanno più figli? Rimpiazziamo il vuoto con gli immigrati, specie musulmani, che figliano senza sosta, snaturando così ogni nostra identità nazionale, sociale, religiosa: Soumission li vede al potere nel 2022, in un’Europa islamizzata (Oriana Fallaci e Ida Magli sono state precoci profetesse; mentre un’altra donna, Giorgia Meloni, è una vox clamantis in deserto). Ma perché gli italiani hanno smesso di procreare? Per le miserevoli condizioni di cui ho appena fatto cenno: perché mettere al mondo figli condannati a stare molto peggio dei genitori a causa di uno Stato tirannico in quanto perenne, umile debitore della cricca bancaria e quindi sempre più famelico di soldi, che estorce col ricatto fiscale? E quanto costa tirare su un figlio fino non si sa più a quale età, magari a vita, mentre lo Stato ne spolpa i genitori e i nonni?


Giorgia Meloni

La preoccupazione per il futuro dei figli è tipica delle società avanzate (decadenti?), mentre non sfiora, paradossalmente, quelle più “barbare”, secondo uno schema già visto nel tardo impero romano. Con la differenza, però, che i barbari di allora presero il potere, ma assimilarono la superiore cultura latina; mentre i “barbari” odierni puntano al potere, imponendoci altresì la loro cultura. La “conquista di Roma” proclamata dall’Isis è un’eco dell’antico “abbevereremo i nostri cavalli nelle fontane di Roma”.

Oggi si sventola l’uscita dall’euro come una panacea. Sarà invece un inferno, se non si toglierà contestualmente alle banche, centrali e nazionali, l’inaudito privilegio di creare e prestare moneta dal nulla, a loro totale credito*, più interessi. Già: interessi. Ma a quale titolo, di grazia? L’interesse dovrebbe essere il corrispondente del premio che si paga a chi ti assicura contro un sinistro, in proporzione alla gravità e probabilità di quest’ultimo. Ma quale rischi corre chi ti presta soldi che non ha e che, in caso vada in default per speculazioni finanziarie che esulano dal rapporto di credito col cliente, viene salvato o dallo Stato (bail out) o dai conti correnti (bail in) di chi ha depositato i soldi guadagnati col sudore della fronte, illudendosi di metterli al riparo dalle rapine di delinquenti comuni? (LEGGI QUI)

Quanto alla parte di tasse che ci vengono imposte per pagare gli interessi sul debito pubblico, esse sono una rapina ingiustificata; mentre le ultime norme, che autorizzano le banche a pescare i soldi dei correntisti per salvarsi dai propri azzardi, legalizzano una rapina. Un rischio, quest’ultimo, tutt’altro che remoto, quando i derivati, di cui le banche hanno la pancia piena, scoppieranno con uno tsunami ben maggiore di quello iniziato nel 2007 e tuttora in corso.


Bernard Maris

·     Come chiaramente denunciava anche l’economista Bernard Maris, membro del consiglio generale della Banque de France, autore di vari saggi, tra cui “Lettera aperta ai Guru dell’economia che ci prendono per imbecilli”. Maris è stato inspiegabilmente ucciso nell’attentato di Parigi: caso vuole che mala sorte colpisca chi si oppone al clan della finanza.

Marco Giacinto Pellifroni                 11 gennaio 2015

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