Covid-19, Tu quoque

Covid-19, Tu quoque

Covid-19, Tu quoque

 Visto che ho più tempo a disposizione e i social sono pieni zeppi di pensieri e riflessioni di chiunque, tanto vale che ne faccia alcune anche io, con qualche spazio in più.

Appartengo alla categoria di chi ha decisamente sottovalutato il rischio oggi conclamato dal Covid-19, non tanto per disinformazione, ero assolutamente a conoscenza del diffondersi di un virus, diciamo pure influenzale benchè il termine sia riduttivo, ma quanto perchè fintanto era confinato in Cina, mi ricordava più la SARS degli anni 2000, o come fu al tempo in Africa per Ebola.

Certamente egoistico, ma credo come per molti una percezione di un problema esistente ma lontano.

L’evoluzione della situazione ha manifestato con gravità mai vista nel mondo occidentale moderno, quanto quella sottovalutazione fosse errata e di fatto abbia colto impreparati tutti noi. Per me è stato nel fine settimana del 7-8 marzo, quando già erano attivi provvedimenti del Governo e delle regioni del Nord Italia ma tant’è ancora in tanti non comprendevano la reale portata del fenomeno, dove ho preso coscienza che il problema fosse serio e c’era un reale e concreto pericolo per la salute di tutti, nessuno escluso.

Cosa è successo dopo, a parte le reazioni di ciascuno di noi, è notizia di cronaca: l’OMS dichiara la pandemia, la diffusione globale del virus, i decessi, le progressive e sempre più stringenti misure di chiusure, il cosiddetto “lock down”etc…misure che hanno radicalmente cambiato le nostre vite, tra l’altro ricordando quanto ciascuno di noi abbia una vita sociale, anche i più “orsi” caratterialmente, come il sottoscritto. Come alcuni sanno ho un ruolo pubblico, come consigliere regionale, che svolgo dal 2015 quando allora fui eletto, per cui più di altri in questo periodo ho avuto ed ho tutt’ora relazioni con molti soggetti, ora tutte “virtuali”, ma soprattutto la responsabilità quantomeno di rappresentare delle istanze, dei problemi o anche delle proposte, da trasferire a chi governa, al netto di essere in minoranza in regione Liguria; quindi ancor più sentito è stato ed è un sentiment, una percezione più ampia dei problemi non tanto per particolari capacità ma semplicemente per le informazioni che acquisisco, come chiunque in questo ruolo.

Visto lo stato attuale delle cose, alla data in cui scrivo siamo al 27 marzo, gli ordini di problemi sono ovviamente 2: l’aspetto sanitario strettamente correlato a quello epidemiologico, e l’aspetto economico, conseguenza diretta del primo.

Sul primo punto credo che non si possa fare altro che mantenere rigide le misure di contenimento sociale, la curva dei contagi sta rallentando e nell’arco dei prossimi 10 giorni potremo misurare, come auspicato da tutti, una riduzione, frutto semplicemente dei minori contatti sociali. E’ una mera questione statistica, di grandi numeri, ci saranno zone con curve di rallentamento più o meno accentuate, ma la Cina ha dimostrato che un rigido protocollo di lock down porta a ridurre drasticamente i contagi. Protocollo che la Cina, anch’essa con qualche ritardo, ha adottato verso le fine di Gennaio e conta di rimuovere i primi di Aprile, dopo oltre 2 mesi. 

Della nostra sanità, della capienza di posti letto, della disponibilità di personale etc.. scriverò successivamente, ci basti sapere che sono meno rispetto a diversi anni fa su tutti i fronti, come sono meno le risorse economiche disponibili. 

Ma la riflessione che vorrei fare in questa sede è quanto mi abbia colpito un aspetto. Al 2020, con i big data, la rete, l’intelligenza artificiale, la possibilità di andare nello spazio, le macchine elettriche,  i super computer e chi più ne ha più ne metta, un virus, come altri in passato, sta penetrando nelle nostre società più avanzate e ricche, e l’unica arma per combatterlo è….stare a casa. Di cotanta tecnologia, siamo di fatto nelle condizioni di rispondere al picco più alto del contagio come bene o male si poteva fare secoli e secoli addietro.

E’ una considerazione agrodolce questa, che ci ricorda alla fine quanto siamo piccoli nell’universo, ricorda a chi ha il dono della fede il nostro spazio all’interno di un grande disegno non sempre comprensibile, ricorda come alla fine niente è assolutamente certo e scontato. Non vorrei cadere però nel pessimismo, caratteristica che non mi appartiene, personalmente ho grande fiducia nella scienza e nella ricerca scientifica e sono certo verranno individuate contromisure importanti, il tema vero è che trattasi di una guerra anche contro il tempo e i danni epidemiologici e sanitari saranno maggiori tanto quanto il tempo per trovare delle soluzioni scientifiche andranno lunghe.

L’altra riflessione, come accennato, è di carattere economico. E’ stato detto da persone molto più illustri del sottoscritto: siamo in guerra. Le guerre si combattono con strumenti straordinari. E’ evidente che l’impatto del Covid sia duplice, il primo è l’alto tasso di infezione comporta una sempre più ampia fetta di cittadini che nella migliore delle ipotesi sono costretti a casa per la malattia, nella peggiore come purtroppo avviene, in ospedale. Il secondo aspetto è che le stesse misure di contrasto, ovvero di contenimento sociale, hanno fermato tout court un’ampia fetta del nostro mondo produttivo ed economico, che ovviamente non può passare indenne da una prova di questo genere, mai vista dal dopoguerra ad oggi. 

Ed allora la politica, auspicabilmente quella più alta, entra in gioco per mettere in campo soluzioni prima emergenziali e poi, parallelamente ad una sperata riduzione del contagio, di rilancio di tutti i settori. Vedo in quest’ottica il dibattito a livello europeo vera chiave di volta. L’Italia, e forse nessun paese europeo da solo, può avere tutti gli strumenti necessari per ripartire azzerando quanto avvenuto, vorrei essere ottimista ma i dati economici del nostro paese al netto del “coronavirus” non erano incoraggianti prima e tantomeno lo potranno essere dopo. E’ quindi inevitabile che ci sia un ruolo chiave dell’Unione Europea, che siamo anche noi. Ed allora oggi si misurerà se questo organismo che nei decenni è cresciuto ed ha acquisito ruoli sempre più importanti nelle vite dei propri cittadini europei, è in grado di fare quel salto di qualità da molti auspicato; chi scrive è un europeista convinto, per una Europa vera, unita e solidale che nella propria carta fondante ha i valori di coesione sociale una colonna portante della propria ragion d’essere e che purtroppo ad oggi mostra ancora grossi limiti.

Quella che viviamo è la più grande “crisi” dell’epoca moderna, alcuni riconducono il significato di crisi (dal greco antico κρίσις ) a “opportunità, che è più l’interpretazione cinese. Io, pessimo studente al liceo classico, rimarrei sul presunto significato originale dal greco antico di “separazione” o “scelta”: credo sia, per l’aspetto economico – politico, il momento delle scelte in chiave europeista e l’evoluzione del dibattito ci dirà quale sarà la scelta che dovremo fare.

Per ora non possiamo che ringraziare tutto quel personale ospedaliero che in prima linea combatte per noi.

Per aspera ad astra.

 

   Andrea Melis Consigliere Regionale del M5S

 

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