Comunicare per confondere e disinformare
L’uso strumentale di tragedie private per occultare i disastri della politica
Nella comunicazione si mette in comune il pensiero e si scambiamo idee e opinioni come nel commercio si scambiano beni. In entrambi i casi lo scambio è reso possibile da un accordo: l’attribuzione del significato in un caso e l’attribuzione del valore nell’altro. Se uso una parola al posto di un’altra il mio pensiero viene frainteso o, meglio, non viene compreso: perché ci sia comprensione è necessario che la parola – il segno rimandi ad un campo semantico condiviso. Non siamo macchine: anche se ancorata alla scrittura la parola risente del passare del tempo. Cade in disuso, cambia di significato o, pur mantenendolo, cambia il suo campo di impiego .Ma in tutti i casi continua a rinviare ad un significato socialmente condiviso altrimenti si riduce a semplice suono, flatus vocis o, peggio, diventa strumento di una comunicazione apparente, un modo per alludere che serve in realtà a confondere, a sollecitare emozioni: pura espressione, urlo.
Nel solo 2023 si sono verificati 129 casi di donne assassinate mentre il numero di quante hanno subito forme di violenza fisica è di almeno venti volte superiore. Più o meno l’80 per cento di questi casi si verificano in ambito familiare o affettivo, per il resto sono aggressioni da parte di estranei, estranei che sono nella quasi totalità stranieri (o cittadini italiani di origine straniera). I due fenomeni non hanno nulla in comune e andrebbero trattati separatamente, con l’avvertenza che considerare meno grave il secondo per la minore incidenza numerica è stupido perché quello è segno di una disfunzione delle istituzioni che mina l’essenza stessa dello Stato. Ma in questo caso c’è una concreta possibilità di prevenzione con un doveroso controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine e con opportuni interventi sui fattori di rischio. Molto più complessi sono i problemi sollevati dalla violenza interna alla famiglia, alla coppia o al gruppo. Non si tratta più di sicurezza, vale a dire di inadempienza dello Stato, di latitanza delle istituzioni ma di qualcosa di più profondo, di una patologia delle relazioni sociali, di falle nei rapporti interpersonali che giustificano l’allarme, lo sgomento, la rabbia e il bisogno di trovarsi insieme per esprimerli e non cedere alla rassegnazione.
Niente da eccepire, pertanto, alle manifestazioni in nome di Giulia Cecchettin e delle altre vittime, indipendentemente dalla loro utilità pratica. Non posso dire che si tratti di manifestazioni di protesta contro perché non c’è un colpevole contro cui protestare ma ben vengano per esprimere, vale a dire latinamente protestari, il proprio dolore, il proprio sdegno, la propria disperazione. Ma l’alternativa non è fra l’accettazione fatalistica e la rimostranza nei confronti di qualcuno: la strada da seguire, una volta accertato che il fenomeno benché in diminuzione mantiene una rilevanza sociale, è quella della ricerca statistica, dello studio delle dinamiche familiari e degli stili educativi, delle psicopatologie individuali e di coppia, del rapporto fra autonomia e relazioni interpersonali.
Trasformazioni sociali e evoluzione del costume fra gli altri effetti hanno prodotto falle nella gestione delle emozioni e dell’erotismo, fragilità diffuse come l’incapacità di affrontare il distacco, l’abbandono e la solitudine, un diffuso senso di inadeguatezza, paura del sesso, che ci si illudeva definitivamente superata, riduzione dell’amore ad una relazione d’appoggio. Le sofferenze psicologiche individuali e elitarie sulle quali ha messo radici l’eredità di Freud, brutalmente liquidabili come problemi di chi problemi non ne ha, hanno contagiato tutti gli strati sociali, si sono insinuate nella famiglia e nella la coppia e sono diventate un fenomeno di massa che ha dato la stura a nuove professioni e percorsi disciplinari dallo statuto piuttosto traballante. Tanto traballante che da quel versante è un miracolo se si leva una voce sensata: dalla pletora di psicologi e cattedratici escono solo banalità o autentiche sciocchezze diffuse e amplificate dai media.
Banalità e sciocchezze che sono responsabili del deragliamento di quelle manifestazioni e della creazione di stereotipie e pregiudizi che allontanano la soluzione di problemi autentici. Che sono sì problemi psicologici ma non possono essere né affrontati né risolti da una scienza della psiche o della società che non esistono se non come aspirazioni. Rimangono di serio l’approccio psichiatrico e quello criminale ai singoli casi, che però avviene sempre a posteriori . C’è solo da sperare nel raffinamento della capacità di cogliere i segnali di degenerazione di una relazione affettiva; i giovani e non solo i giovani, sia maschi che femmine, devono essere emotivamente e cognitivamente attrezzati per riconoscere la perversione nell’altro, chiunque esso sia, farvi fronte e chiedere aiuto. Facile a dirsi…
Di sicuro se si tollera che nelle piazze, nei salotti televisive o sulla carta stampata si straparli di società patriarcale o di machismo.si fa un cattivo servizio alle vittime, si confondono le idee e si dimentica che le interazioni avvengono all’interno di un sistema dinamico e non si risolvono nell’incontro fra cappuccetto rosso e il lupo cattivo.
Tanto per puntualizzare: cosa sono la società patriarcale e il patriarcato? Per rispettare l’esigenza di chiarezza da cui ho preso le mosse trascrivo la definizione che ne dà il più prestigioso dizionario italiano, quello monumentale curato da Salvatore Battaglia. “Patriarcalato si dice della famiglia patriarcale, con riferimento alle società arcaiche che si fondavano sulla comunità familiare governata dagli anziani” e, per estensione “autorità indiscussa del padre (o comunque dei componenti maschi) nell’ambito della famiglia”. Applicare quest’ultimo concetto alle società occidentali è ridicolo. Società fotografate già da decenni come ormai “senza padre” altro che padre autoritario, società che hanno smarrito del tutto il senso non solo dell’autorità e della disciplina – esterna o interiore – ma anche quello dell’autorevolezza, società guidate dalla corrente della moda, dal conformismo e in questi anni bui in cui si è toccato il fondo dagli influencer. Semmai ci si dovrebbe chiedere se l’assenza di un’autorità esterna abbia determinato un crollo della coscienza morale, disorientamento, perdita della capacità di discernere il bene dal male, . Altro che patriarcato. Ma la nostra non è nemmeno una società violenta e se genera violenza è la violenza infantile della debolezza, di un’emotività incontrollata, della mancanza di ordine etico e cognitivo. In questo senso sono d’accordo nel considerare esemplare il caso Cecchettin, ma per ragioni opposte a quelle dichiarate dai manifestanti e, a quanto pare, dai familiari della vittima. L’omicidio di Giulia matura in un contesto nevrotico di insicurezza e crudeltà infantile che con una presunta cultura maschilista non ha nulla a che fare. Rinvia piuttosto ad una non infrequente degradazione dell’amore all’interno della coppia che se coinvolge entrambi i partner sfocia in una folie à deux ma se riguarda uno solo dei due, il maschio o la femmina, risulta devastante per l’altro. Non è riduzione dell’altro a oggetto né semplice gelosia ma rapporto simbiotico, con l’altro vissuto come un proprio prolungamento e privato del diritto a una vita propria. All’origine di questa patologia della coppia c’è la concezione romantica dell’amore, versione borghese dell’indissolubilità sancita dal sacramento che impatta in una società che si è evoluta più dei suoi membri.
Una relazione adattiva è quella dalla quale si può uscire indenni; il sesso deve mantenersi in una dimensione ludica senza scadere a mera prestazione fisica: richiede insieme maturità e levità ma soprattutto naturalezza. E così vengo al punto: il ritorno alla spontaneità della natura, al senso originario dell’amore e del mutuo darsi piacere, alla complementarità maschile-femminile è la strada da seguire, una strada ostruita dalle scorie della cultura cattolica e borghese. L’assassino non è né si sente un super uomo: è una povera anima stordita e incattivita frutto di una società senza regole, senza autorità e senza valori. In attesa di una palingenesi di cui al momento non si vedono segnali la difesa da quelle povere anime malvagie è riposta nel controllo esterno, nella paura di una giustizia puntuale e implacabile, che non si preoccupa di rieducare ma è decisa a punire, sulla base del principio sacrosanto che delega allo Stato il diritto del singolo alla vendetta. L’assassino è prima di tutto un vile: non colpisce d’impeto ma progetta il delitto e il modo per farla franca. Deve sapere che la sua vittima lo trascinerà con sé, che per lui non c’è scampo, che la sua vita è finita nel momento in cui commette il delitto. Chi sostiene che l’inasprimento della pena è inutile dimentica che la pena è proporzionale al delitto e che la percezione della gravità del delitto è funzione della civiltà di un popolo. Con tutta la retorica femminista che ci sta ammorbando l’aria da decenni , con la follia della contrapposizione dei sessi e le carnevalate LGTB+ l’unico risultato che si è ottenuto è la riduzione dello stupro, come ogni forma di violenza privata, a reato minore.
La libertà e la dignità della donna non sono a rischio per una inesistente cultura maschilista o per un fantomatico patriarcalismo. Chi uccide l’amante per paura di essere scoperto dalla moglie o uccide la moglie per non perdere l’amante è soltanto un ometto incapace di affrontare una situazione difficile, uno che non regge il peso delle responsabilità. Poi ci sono le sventurate, ma anche gli sventurati, che rimangono invischiati in un rapporto malato come le due Giulie.
Ma l’immigrazione selvaggia ha messo il nostro come altri Paesi europei a contatto con culture che calpestano la libertà e la dignità della donna. E lo fanno non in conseguenza di una depravazione individuale o di una deriva nevrotica delle relazioni affettive ma in forza della loro stessa impalcatura sociale, dei loro sistemi valoriali, delle loro credenze religiose. Su questo, che è un problema destinato ad aggravarsi col tempo, silenzio assoluto. Sollevarlo è politicamente scorretto ma tacerlo, come si fa nelle piazze, sui media e nei salotti televisivi è imperdonabile perché impedisce o quantomeno rallenta il ricorso a strumenti di prevenzione e repressione.
Fin qui, infatti, ho considerato il problema nell’ottica della società italiana prescindendo dalla presenza di una quota non inferiore al 10 % di stranieri, frutto nella quasi totalità di una vera e propria invasione . Del numero di assassinii di donne e di violenze sulle donne sono responsabili solo in parte italiani ed è a quella parte che mi sono riferito per escludere fattori come il patriarcato – di cui nella società italiana non c’è più traccia – o la condizione di marginalità della donna, che nonostante la Chiesa dall’antichità ad oggi non ha mai infettato la nostra cultura,. Ma, dati alla mano, quel 10% di stranieri delinque otto volte di più degli italiani e non per caso. In primo luogo lo straniero irregolare – il clandestino – è psicologicamente un predatore non tenuto a bada da norme interiorizzate e vincoli sociali; in secondo luogo lo straniero porta con sé la sua cultura di origine e lì sì che si annida la soggezione della donna, la violenza maschile e un modello di patriarcato sconosciuto alla società italiana ed europea di oggi e del passato.
Tacere questo dato è un modo spregevole di negare la verità per interessi di parte o per semplice stupidità, tanto per alzare bandiere e darsi un’identità. Troppa gente lucra direttamente o indirettamente sull’immigrazione illegale, a sinistra come a destra, come accade con quell’altra sporca faccenda che è la guerra. E, a questo proposito, mi pare ormai evidente che la politica italiana sia terrorizzata dalla prospettiva che da un momento all’altro un’opinione pubblica imbambolata si desti e prenda coscienza delle conseguenze che comporta l’asservimento alla politica criminale degli Usa, dell’Ue e della Nato. Nessuno, a destra come a sinistra si azzarda a levare una voce libera e forte, tanto forte quanto merita la causa: il destino del pianeta e dell’umanità. C’è solo il bisbiglio ipocrita, reticente, strumentale di Lega e Cinquestelle (l’AVeS non merita nemmeno di essere nominata), non meno colpevole del bellicismo incosciente degli ex missini e del Pd. Ai quali torna comodo spostare l’attenzione sulla Palestina, sui femminicidi, sul clima o sul sesso degli angeli. Dàgli all’ebreo, al razzista, alla famiglia, al fascista, al povero Valditara ma lasciamo lavorare in pace Crosetto & C.
Il potere, insomma, quale che sia la veste con la quale si presenta, per mantenersi agisce sulla comunicazione per confonderla (la reminiscenza biblica è involontaria) -falsando il significato delle parole e facendo leva sul loro colorito emotivo: “patriarcato”, “maschilismo”, “fascismo” o il ridicolo “ora e sempre resistenza” che ricorre nei cortei; non significano nulla, non rimandano a niente di concreto ma sono formidabili distrattori che fanno comodo sia a destra che a sinistra; paraocchi o lenti deformanti buoni per impedire che il popolo prenda coscienza della realtà e agisca di conseguenza. L’invasione, che nonostante i proclami continua come e più di prima, gli ha sottratto lo stato sociale, l’inflazione, che l’Istat eterodiretta ha spudoratamente fissato per quest’anno all’1%, lo ha impoverito, il duo Meloni-Schlein d’accordo con i burattini europei con la lancia in resta lo porta sull’orlo del baratro nucleare. E i sindacati che dovrebbero rappresentarlo guardando alla stella polare dell’equità sociale hanno consentito il costituirsi di nuove disuguaglianze, di nuovi privilegi, di nuove sacche di parassitismo. Ora, per far vedere che esistono, se ne sono usciti con un surreale sciopero generale non si sa per cosa o contro che cosa.
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Complimenti per il modo in cui hai trattato non un solo tema, sganciato dagli altri, ma tutto il caleidoscopio delle cause per cui ci troviamo in questa situazione, dando spazio anche al cancro dell’immigrazione selvaggia, responsabile di buona parte di stupri e femminicidi al di fuori di famiglia e rapporti di coppia
Caro Giacinto, il marcio della politica, dei media, delle cosiddette élites non ci lascia scampo. E’ un piano inclinato.