Compassione e razionalità
Compassione e razionalità
Recentemente ho riletto: “Echi di una voce perduta” di G. Poli e G. Calcagno, Mursia, 1992. Si tratta di una rassegna degli interventi di Primo Levi.
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Compassione e razionalità |
Recentemente ho riletto: “Echi di una voce perduta” di G. Poli e G. Calcagno, Mursia, 1992. Si tratta di una rassegna degli interventi di Primo Levi. A pagina 203 Levi risponde alla domanda: “Come allenare le menti dei giovani alla libertà?” “Bisogna insistere anzitutto su un’educazione che non stimoli alla violenza. E poi il nazismo e il fascismo sono nati anche perché tutti credevano tutto. In quegli anni non si era spento il diritto di critica, ma la capacità di critica. L’impegno deve essere quello di diffidare dei “profeti” per non cadere nel gigantesco sortilegio che fa appello a tutti i sentimenti, ma non alla ragione”. Mi pare (come sempre mi paiono gli interventi di Levi) sinteticamente illuminante: non è riversando una colossale produzione cinematografica sui campi di sterminio, che ci si educa alla libertà. Ma addestrare al senso critico, all’approfondimento, soprattutto alla educazione scientifica, all’approccio scientifico alla realtà, lasciando poi il diritto di coltivare il trascendente o il sentimentale nella propria intimità. Educare al senso critico e al sistema scientifico vuol dire avere una scuola laica, forte, libera, senza condizionamenti religiosi o morali (o il meno possibile); avere famiglie in cui ci sia il tempo di annoiarsi e di parlare; avere strutture in cui impiegare il proprio tempo libero in pace e secondo il proprio estro.
La cultura è affidata ai canali televisivi tematici o al massimo a qualche rivista spettacolare, la famiglia non ha tempo, le strutture ricreative sono quasi sempre a pagamento. Siamo sempre più solo consumatori, e come tali dobbiamo essere superficiali e impulsivi, nevrotici, carichi di responsabilità verso lo sfruttamento, l’ambiente, la bilancia commerciale. Responsabilità che non abbiamo, perché le nostre scelte sono puntualmente guidate o imposte. Lo spazio che lasciamo ai sentimenti, all’emotività, è praticamente tutto assorbito dalla moda, dalle idee preconfigurate e rilanciate dai media: abbiamo un cuore grande, ma solo per le cose che ci stanno distante. So di concludere con una visione paradossale e incoerente, ma non trovo altre parole per dire che c’è un grande bisogno di razionalità e dunque di studio e approccio scientifico. Ma allo stesso modo c’è bisogno di compassione, carità e buona volontà. Più che mai queste ultime non vanno spese dentro uno schermo (sia esso di un televisore, di un telefono o di un cinema) ma verso persone in carne ed ossa, nel mondo reale, senza nessuna approvazione dal parte di nessuno che non sia la propria coscienza, cercando così di tenerla viva e vigile. Perché potrebbero tornare tempi bui, e rischiamo di non accorgercene.
Un video da guardare e ascoltare FERRANIA A MEMORIA – ALESSANDRO MARENCO
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