Come dire bye bye allo spread

 COME DIRE BYE BYE
ALLO SPREAD

COME DIRE BYE BYE
ALLO SPREAD

 Latest news: Draghi trova porte spalancate al Quirinale, dove incontra Mattarella in forma riservata per esprimergli i rischi di spread e default insiti nel DEF appena inviato alle Camere per la sua promulgazione in legge. Notare che Mattarella dovrebbe fare gli interessi dell’Italia; Draghi quello delle banche private, proprietarie della BCE. Tuttavia, entrambi ritengono che questo sistema non vada modificato, in quanto l’interesse pubblico deve diventare secondario rispetto a quello privato. Ergo, non sia mai detto che un governo osi ribaltare questa priorità. Stranamente, Mattarella si avvale della Costituzione laddove sancisce la tutela del risparmio, pur con tutte le nubi che sul risparmio si addensano, non già per dare alle classi media e bassa più soldi per vivere dignitosamente, ma da quando il nostro Tesoro s’è dichiarato ancillare a Bankitalia e s’è messo a fare operazioni di finanza internazionale, inginocchiandosi ai mercati, come vedremo.

 


Mentre le repliche del governo alle preoccupazioni di Bruxelles variano dagli insulti di Salvini alle rassicurazioni sulla crescita di Tria, nessuno parla nei termini, pacati, ma insieme stringenti, di Guido Grossi.

 

Nell’ultimo mio articolo concludevo, come non mi stanco di ripetere da anni, che la via d’uscita dalla morsa del debito pubblico, dello spread e dell’inevitabile epilogo nelle fauci del famigerato ESM (cosiddetto Fondo Salva Stati, già attuato in Grecia, a costo di miseria e svendita dei beni, pubblici e privati, a caimani stranieri) non poteva che essere il ripudio delle norme monetarie attuali e la riconquista da parte dello Stato della sua imprescindibile prerogativa di stampare moneta in proprio.

 


A fianco di Grossi parlano coralmente altri oratori (echeggianti il “Manifesto degli economisti sgomenti” del 2011, su come superare la crisi)

 

Mi imbatto, in quel meritevole sito web che si chiama Byoblu, nel breve video di un economista di cui la maggior parte di noi, me compreso, non aveva mai sentito parlare: Guido Grossi. [VEDI] Merita dedicare questa puntata proprio ai suoi argomenti, vista la competenza di questo insider, ex dirigente titoli della BNL e quindi profondo conoscitore dei meccanismi finanziari internazionali. Aggiungo che il suo discorso è corale a quello di un consesso più ampio di “economisti sgomenti” [VEDI].

Grossi non si appella allo scardinamento dalle fondamenta di questo sistema finanziario, ravvisando la possibilità di liberarsi dal ricatto dei mercati pur all’interno delle sue regole: è sufficiente cambiare composizione dei titoli di Stato in emissione.

Grossi parte dalla constatazione oggettiva della grande ricchezza liquida degli italiani, intorno ai € 4.200 miliardi: una massa monetaria che è impiegata contro i nostri interessi, in ossequio a scelte politiche di passati governi, a partire dagli anni ’80, quando lo Stato, anziché finanziarsi con i risparmi degli italiani, offrendo loro BOT e CCT, si lasciò convertire all’internazionalizzazione dei capitali, cominciando a emettere BTP ai cosiddetti investitori “istituzionali”, elevando al rango di istituzioni un clan di banche d’affari private, dedite alla speculazione internazionale.

 


BOT e CCT facevano la parte del leone quando lo Stato non si affidava quasi totalmente ai mercati speculativi per rifinanziarsi alla loro scadenza

 

Differenza non di poco conto, anzi. Tale scelta determinò infatti il “cambio di pelle” del risparmio in investimento: competenza di Bankitalia il primo, della Consob il secondo.

Il normale cittadino non è un investitore, bensì tendenzialmente un risparmiatore: vuole mettere i suoi soldi al riparo dagli sbalzi dei tassi, per ritrovarsi in futuro lo stesso potere d’acquisto e poter far fronte ad eventuali necessità; al contrario dello speculatore che su tali sbalzi basa i suoi continui movimenti di capitale, alla ricerca spasmodica del profitto a breve termine. Al risparmiatore si confacevano, appunto, i BOT a breve e i CCT a tassi variabili con l’inflazione, che ne garantivano un valore pressoché costante; mentre i BTP, a tasso fisso, rispondono ai desiderata dello speculatore, poiché se i tassi salgono il valore dei BTP scende; e viceversa. 

Ebbene, che cosa fece lo Stato italiano, guidato da personaggi, alcuni dei quali poi premiati con carriere folgoranti, sino alla Presidenza del Consiglio e della Commissione Europea (Prodi) e della Repubblica (Ciampi)? Dettero impulso ai BTP, contraendo BOT e CCT. 

In parallelo con questa scelta sciagurata, il Ministero del Tesoro passò dalle aste competitive dei Titoli di Stato alle aste marginali. Una follia in cui lo Stato italiano primeggia nella sua solitudine. Si tratta in sostanza di questo harakiri: anziché vendere i titoli ai maggiori offerenti (ossia che si accontentano di tassi più modici, intervenendo Bankitalia ad acquistare i titoli invenduti), nelle aste marginali si fa la stessa cosa ma a fine asta il tasso più alto degli ultimi compratori si estende a tutti, anche a coloro che erano soddisfatti di tassi più bassi: si livellano i tassi di tutti al valore più alto! 

 


Oggi il grosso sono BTP: un cappio al collo del governo, che banche d’affari e agenzie di rating possono stringere a loro arbitrio, trascinandoci verso lo spread, il default, l’ESM

 

Quasi non bastasse questa idiozia, lo Stato va a cercare i compratori tra le maggiori banche d’affari internazionali, tipo JP Morgan, Goldman Sachs, MorganStanley et sim., col risultato di ritrovarsi il grosso dei creditori fuori dai confini nazionali. Lo Stato quindi non si rifornisce più di denaro attingendo all’immensa massa dei risparmi degli italiani, che finiscono invece nelle banche e nei fondi d’investimento, e di qui in titoli di Borsa, gonfiando i listini, e in derivati, ma va a cercarli sui mercati speculativi. Ai quali, ad ogni scadenza, si chiede –o meglio si implora- di rifinanziare il debito con nuovi prestiti, naturalmente ai tassi che vogliono loro.Non si dimentichi che l’uno, lo Stato, concedetemelo, si è “tagliato i coglioni” da solo, inibendosi la creazione di moneta, mentre i suoi “fornitori” la creano dal nulla, invertendo le parti. Non è immaginabile una posizione negoziale peggiore: lo Stato è legato mani e piedi ai caimani di Wall Street e della City e alle loro agenzie di rating, i cui tagli di affidabilità gettano un’intera nazione nel discredito, mettendo le ali allo spread; per cui s’impone come esito ultimo l’intervento del meccanismo devastante dell’ESM, a condizioni capestro: privatizzazioni, tagli brutali di tutto ciò che è pubblico, dai trasporti alla sanità, dai licenziamenti alla svendita del patrimonio collettivo:  amenità che abbiamo subito sinora solo in modesta misura. Tutto ciò mentre si sente invocare ogni giorno l’arrivo di investimenti esteri, in nome di una dichiarata scarsità finanziaria nazionale. 

Notare anche che la finanza giudica l’economia; e quand’anche quest’ultima fosse in buone condizioni, il “voto” lo decide la prima, a ciò bastando la vendita massiccia di titoli di Stato per mandarlo in default. Si noti anche, a tale proposito, come il puerile tentativo del nostro Tesoro di assicurarsi contro il rialzo dei tassi portò i suoi dirigenti a stipulare contratti derivati con i soliti mastini di WS, col risultato che l’inopinata discesa dei tassi costò, sta costando e costerà miliardi a profusione all’Italia, mentre i mastini ingrassano e brindano alla nostra insipienza. Ricordate i due miliardi e rotti che Monti si affrettò a pagare alla Morgan Stanley, che richiese il rimborso anticipato di un derivato, stipulato ad esclusivo vantaggio della MS, in quanto questa ritenne –a dispetto della realtà- l’Italia un Paese non più affidabile?

 


Ecco alcuni degli “investitori istituzionali” che, bontà loro, acquistano i nostri BTP. Ma solo col beneplacito dei supremi giudici: le agenzie di rating: un meccanismo farsesco, se non fosse tragico

 

Ecco, questo è lo Stato italiano, quale è stato plasmato dai nostri governanti e “tecnici” del Tesoro, in ossequio allo tsunami della globalizzazione; che non si ferma alla finanza, beninteso, ma alla caduta dei confini nazionali per uomini e merci, con la conseguenza tragica di delocalizzazioni e immigrazione selvaggia, per deprimere ancor più le retribuzioni dei nostri lavoratori.

Certo, ce n’è voluto prima che anche i più distratti si sentissero bruciare la pelle a causa di queste politiche auto-distruttive, con le sonore sconfitte della pseudo-sinistra, che per anni non ha fatto che declamarle, in nome della solidarietà, dell’”apertura all’altro”, e altri concetti validi semmai a livello individuale, ma non quando dal personale si ampliano al sociale. E per sociale intendo un’architettura politica in cui lo Stato sopperisce agli egoismi dei singoli, che, più lo Stato si defila, e più si chiudono a riccio nella difesa dei propri interessi, in un individualismo atomizzato. Mentre ci ritroviamo con uno Stato che, almeno sino all’ultimo cambio di governo, ha strizzato l’occhio al nemico, facendo gli interessi di quest’ultimo, invece dei nostri. Purtroppo, nessuno ha pagato, come dimostra l’esito del processo contro “i barbari” della solitaria Procura di Trani; mentre di tante Procure in giro per l’Italia, non se ne alza una per far pagare il fio ai responsabili di questa mala amministrazione dei nostri soldi: crimini senza colpevoli.

 


Salvini, detto “il barbaro”. A mio avviso la barbarie abita nelle voraci banche d’affari, che vivono affamando mezzo mondo; nonché negli esecutori delle loro politiche, a Bruxelles

 

Oggi c’è chi definisce Salvini “il barbaro”. In realtà le sue prese di posizione non fanno che restituire allo Stato i suoi compiti statutari, in primis quella sicurezza, fisica ed economica, che il cittadino si aspetta di ricevere, in cambio delle tasse che paga.

Grossi ritiene, e sarebbe bene che trovasse orecchie aperte anche a livello governativo, che il ritorno dello Stato ai BOT e CCT, offerti ai risparmiatori italiani anziché agli investitori cosiddetti istituzionali, cioè agli speculatori finanziari, permetterebbe di ripagare buona parte del debito estero, col parallelo schiacciamento dello spread verso lo zero, mentre lasceremmo alla fame, in un meccanismo rovesciato, proprio loro: i caimani d’oltre Manica e d’oltre Atlantico. Propone cioè di fare come il Giappone che, con un rapporto debito/Pil oltre il 230% (100 punti più del nostro!), non vive nell’ansia dello spread e dei creditori alla porta, in quanto i suoi titoli sono acquistabili solo da cittadini giapponesi.

Questa soluzione permetterebbe di risanare i conti pubblici senza ribellioni sanzionabili dall’UE: sarebbe, in sostanza, un’uscita dolce dall’attuale ricatto dei mercati.

  

   Marco Giacinto Pellifroni    7 ottobre 2018

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