Cinema:Umberto D.

 
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Umberto D.
Al cinema nel settembre 1952

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

Umberto D.

 

 Titolo Originale: UMBERTO D.

 Regia: Vittorio De Sica

Interpreti: Carlo Battisti, Maria Pia Casilio, Lina Gennari, Memmo Carotenuto, Elena Rea

Durata: h 1.31

Nazionalità: Italia 1952

Genere: drammatico

Al cinema nel Settembre 1952

Recensione di Biagio Giordano

 Roma, inizi anni ’50. Un vivace corteo di protesta che vede protagonisti i pensionati più poveri, chiede al governo un aumento sostanzioso delle pensioni e un miglioramento generale del welfare. Il corteo, che manca delle necessarie autorizzazioni, viene però interrotto dalle forze dell’ordine finendo poi per disperdersi.

 Anche il pensionato Umberto Domenico Ferrari (Carlo Battisti, grande interpretazione la sua e da non professionista) partecipa al corteo ed è particolarmente preoccupato a causa di diversi debiti da saldare che, se non pagati a breve, saranno causa di sfratto.

  
Umberto è stato un impiegato di concetto, ha lavorato per trent’anni come funzionario al Ministero dei lavori pubblici, adesso, dopo anni di svalutazione, la sua pensione risulta insufficiente, fino al punto da non riuscire più ad arrivare alla fine mese. Umberto percepisce mensilmente  18.000 lire, da cui deve poi detrarre 10 mila lire per l’affitto mensile della camera arredata in cui vive, una cifra esagerata perché è sistemato in un modesto vano senza servizi,  facente parte di un normale appartamento adibito  per quel genere di affitti senza eccessivi scrupoli di servizio.
 Il dramma di Umberto sta nel fatto che è indietro con il pagamento della pigione di 15 mila lire, somma che se non viene saldata entro pochi giorni, rischia  di fargli subire uno sfratto.

Pertanto per Umberto, ogni incontro con persone nuove e ogni conversazione ricorrente con vecchie conoscenze, sono l’occasione per cercare di vendere qualcosa o chiedere un dignitoso aiuto. In pochi giorni, e a grande fatica, Umberto riesce a procurarsi una discreta somma, tale da fargli pensare di poter rinviare lo sfratto: conclude infatti per 2.000 lire un affare con un libraio che gli compra due preziosi volumi sui quali lui da giovane aveva studiato, e alla mensa dei poveri svende il suo bel orologio per  3.000 lire.

La padrona dell’appartamento, che fiuta la possibilità, mandando via Umberto, di realizzare nuovi progetti sulla casa, rifiuta di ricevere l’acconto sul debito offertogli dall’uomo, facendogli capire chiaro e tondo che se non salda tutto a fine mese deve andarsene via. Umberto reso agguerrito da una palese ingiustizia le ricorda minaccioso che non può rifiutare, per legge, acconti sostanziosi sul canore arretrato.

Umberto depresso comincia a intrattenersi di più in cucina con la giovane colf Maria (Maria Pia Casilio attrice non professionista) che lo ascolta con attenzione, scoprirà però che anche lei ha dei problemi. Maria gli confessa di aspettare un bambino, ma di non sapere se il padre sia l’innamorato di Firenze o quello di Napoli, successivamente essi, col cinismo di uno dei due negano entrambi.

Umberto, febbricitante per tonsillite, entra in uno stato meditativo, confortato dal suo amico più caro, il cane Flaik, e dalla nuova amica: la colf Maria. Il pensionato non si arrende, trova il modo di farsi ricoverare all’ospedale così da risparmiare per qualche giorno le sue spese correnti e riuscire a saldare il suo debito con la padrona, ma all’ospedale i medici gli fanno capire che non non ha problemi  di salute tali da poter rimanere a lungo ricoverato.


Quando esce dall’ospedale, Umberto fa l’amara sorpresa di trovare la sua stanza sottosopra per dei lavori di muratura. Viene a sapere che la stanza sarà adibita ad altri scopi, precisamente da intrattenimento per gli ospiti in vista del matrimonio della padrona. Con sgomento l’uomo viene poi a sapere che il suo cane, Flaik, è scappato di casa, per via di una porta lasciata aperta volontariamente dalla padrona stessa.

L’uomo sa che i cani senza padrone a Roma vengono soppressi  con il gas, si reca quindi al canile dove cerca con trepidazione le ultime bestiole arrivate  e prossime alla morte, ma non trova il suo Flaik. Quando è ormai rassegnato alla perdita rintraccia Flaik mentre si trova nei pressi dell’uscita, intravedendolo in mezzo a un gruppo di cani stretti in una gabbia, trasportati da un veicolo di servizio  verso la camera a gas, Umberto blocca il mezzo di trasporto dopodiché il cane gli viene riconsegnato.

In seguito Umberto è tentato di chiedere l’elemosina ma la sua dignità lo glielo impedisce. Prova allora a usare Flaik per chiedere la carità, facendolo stare sul bordo della strada ritto su due piedi e con il cappello nero in bocca, ma al passaggio di alcune persone che conosce Umberto prova vergogna   e dice loro che stava solo giocando col suo cane.


Umberto il mattino successivo prepara la valigia, saluta Maria e abbandona la stanza. Cerca di sistemare per sempre Flaik in una pensione per cani, offrendo ai proprietari i soldi rimastigli e il raffinato vestiario usato, ma per i gestori, rozzi e poco amanti degli animali è troppo poco.

L’uomo va al parco e tenta di regalare Flaik a una ragazzina che  si era messa a giocare con la bestiola, ma la sua governante fa capire ad entrambi che non è possibile. Umberto allora, ormai prossimo a uno stato di disperazione, oltrepassa un passaggio a livello che ha le sbarre abbassate e si porta poi vicinissimo ai binari,  deciso a farla finita, quando il treno velocissimo sta per passare il cane intuisce il pericolo e, terrorizzato, si divincola dalle braccia di Umberto  e scappa verso il parco.

 

 

 Umberto raggiunge il cane che appare ora diffidente, e cerca di rassicurarlo. Il vecchio prova a giocare con lui lanciandogli degli oggetti, e il cane sta al gioco dimostrando di aver dimenticato quanto accaduto. Dopo di ché i due riprendono a passeggiare. In Umberto, a seguito del gesto del cane, nasce una speranza, forse delirante, sconosciuta nei suoi possibili contenuti, probabilmente assurda dopo le esperienze negative patite, ma inevitabile perché  legata all’amore per la bestiola.

Su questo film del neorealismo, un vero capolavoro, poco resta da aggiungere rispetto a quanto espresso da illustri critici e intellettuali dell’epoca, se non che i problemi sociali e umani che solleva, così mirabilmente rappresentati, sintetizzati, diventano oggi similitudini delle tragiche questioni esistenziali che sconvolgono i nostri strati sociali più deboli. Strati sociali in cui sono presenti anche persone colte e titolate, com’era appunto Umberto D. funzionario di ministero, abbandonati a se stessi a fronte di una ricchezza immensa prodotta dall’economia italiana dal dopoguerra ad oggi e mal distribuita nonché in buona parte evasa dagli obblighi di legge verso lo Stato.

Biagio Giordano   

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