Cinema: recensioni brevi

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
La corazzata Potëmkin, Appaloosa, L’aquila solitaria

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

La corazzata Potëmkin

La corazzata Potëmkin è una pellicola cinematografica di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Del 1925. Ambientata nel 1905.

Oltre mille inquadrature brevi montate con grande cura da Ejzenstein. Capolavoro di montaggio che fa parlare la fotografia come mai era accaduto prima, una fotografia straordinariamente ricca di dettagli significativi disposti in una sintassi narrativa studiata con ottimi risultati.

Originale, magistrale, ricco di idee a sostegno dell’ideologia comunista in un film voluto dal governo comunista sovietico, ma nonostante l’accentuazione ideologica che pesa sul film come un macigno ammazza critica, Ejzenstein sul piano formale si fa beffa del governo sovietico che per ignoranza non si accorge del grande potenziale artistico del film, Ejzenstein in realtà non si limita alla propaganda comunista ma indica con questo film, con le sue geniali invenzioni formali, vie nuove per l’arte cinematografica, e l’impossibilità quindi per il linguaggio dell’arte cinematografica di comunicare con il cinema di propaganda legato alla costruzione del socialismo in Russia, genere che sarà imposto dai poteri sovietici di lì a poco e in parte già in atto durante la costruzione di questo film.

Biagio Giordano

 

 

Appaloosa

Appaloosa (cavallo americano col manto macchiato) è un film del 2008 diretto da Ed Harris. Il film è un western basato sull’omonimo romanzo di Robert B. Parker e sceneggiato dallo stesso regista Ed Harris

Ed Harris oltre ad essere un ottimo attore è un eccellente regista e sceneggiatore.

Ed Harris dimostra con questo film di saper raccontare bene per immagini e abbinare ad esse con efficacia parole ad effetto impregnate di una certa saggezza non solo popolare.

Mai una pausa in questo film, e senso etico eccelso nei protagonisti responsabili della legge, che sembrano andare controcorrente assumendosi il peso di una giustizia vanificata dalla burocrazia superiore.

Un film che vede la donna umiliata da situazioni sociali estreme che rendono drammatica la questione del maschilismo facendo intendere come già allora fosse impossibile un rapporto tra sessi diversi in chiave totale.

Un film con splendide fotografie in controluce e una ricerca riuscita dei colori complementari che sono sempre ben abbinati alla composizione delle scene dando una lodevole originalità visiva al film, cosa non facile in un film western…

Grande successo di critica e tiepido afflusso al botteghino.
Recitazione superlativa dei numerosi divi che mai come in questo film dimostrano quanto può essere importante a seconda del tipo di film la bravura professionale della recitazione.

Un western che è riuscito a trovare vie originali nei contenuti e nella forma nonostante le migliaia di film di questo genere presenti nella storia del cinema.

Biagio Giordano

 

  L’aquila solitaria

L’aquila solitaria (Titolo originale The Spirit of St. Louis) è un film del 1957 diretto da Billy Wilder.

Il grande regista Billy Wilder passa con questo filma a un genere cinematografico diverso dal suo solito. Il film è di forte impronta tecnica avio-metereologica-mappale, e in questo genere Wilder trasmette tutta la sua capacità narrativa nell’esprimere pathos, ironia, suspense, spirito di vitalità avventuriera, autoironia, umorismo, senso dell’eroismo, senza trascurare la precisione, del tutto prosaica, richiesta dalle tecniche-avio-metereologiche-mappali.

Se a questo si aggiunge la straordinaria interpretazione di James Stewart, già nella vita reale provetto aviere, il film diventa di serie A e a pieno diritto.

Ingiustamente accusato dalla critica di essere un film troppo celebrativo, cioè esaltante senza limiti la bravura del pilota nella grande impresa del sorvolamento dell’atlantico, in realtà questa opera di Wilder gronda di vero, in quanto sottolinea con una buona credibilità, tutte le difficoltà incontrate da Lindbergh nel suo difficile viaggio sull’oceano, difficoltà la cui risoluzione ha visto spesso protagonista la fortuna, come ad esempio nella scena del risveglio del pilota dal colpo di sonno. Dopo essersi addormentato inintenzionalmente a seguito di 25 ore di estenuante volo, il pilota per fortuna si sveglia grazie all’intervento sugli occhi chiusi di un insistente e potente raggio di sole proprio a poche decine di metri dall’oceano.

Le scene protagoniste del film non riguardano tanto la bravura e il coraggio del pilota, bensì eventi legati alla buona sorte, quest’ultima è risultata quindi decisiva, e ha accompagnato per un lungo tratto la sorvolata record del viaggio di Lindbergh.

Lindbergh, secondo il film, anche se indubbiamente coraggioso e razionale, appare qua e là come se fosse investito da pulsioni di morte di provenienza inconscia, pulsioni non sempre controllate.

Un film con una fotografia al naturale eccelsa, e dai profili dei personaggi in forte movimento mai statici e definitori, quindi molto empatici, aspetti che costringono di forza lo spettatore a mettersi nei panni del pilota eroico, distogliendolo per almeno due ore dai problemi quotidiani più impellenti della sua vita reale.

Attenzione! Un film con flash terapeutici, che risveglia pulsioni di vita profonde, con qualche vecchio confine immaginifico ancora ben delineato, pulsioni assopite da tempo nei sotterranei virtuali della globalizzazione straniante.

 Biagio Giordano

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