CINEMA: Omar Mukhtar – Il leone del deserto

 
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Omar Mukhtar – Il leone del deserto
Film reperibile in rete

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO  

Omar Mukhtar – Il leone del deserto

 

(Omar Al-Mukhtar)

Regia: Moustapha Akkad

Produzione: Libia 1980

Genere: Guerra

Durata: 110′

CRITICA: 2,5

Interpreti: Anthony Quinn, Oliver Reed, Rod Steiger, Irene Papas, John Gielgud, Gastone Moschin, Raf Vallone, Lino Capolicchio, Mario Adorf, Claudio Cassinelli

Recensione di Biagio Giordano

Film reperibile in rete

 Siamo nell’anno 1929 e il dittatore fascista Benito Mussolini (bene interpretato come in altri film da Rod Steiger) deve contrastare  la ventennale guerriglia  libica dei beduini senussi  che si battono per l’indipendenza. La presenza italiana, nonostante gli impegni di sviluppo e di aiuti presi dal Duce,  è ritenuta dai libici solo una colonizzazione  forzata, orientata allo  sfruttamento del popolo, dei minerali del  territorio, della agricoltura e alla creazione, con le nazioni europee alleate, di un Impero d’Africa.

 


Dopo i precedenti fallimenti militari contro la guerriglia senussa da parte di quattro governatori  italiani, Mussolini nomina  governatore il generale Rodolfo Graziani (Oliver Reed), noto per la sua spietatezza e attaccamento al fascismo; l’alto ufficiale viene investito di una responsabilità senza precedenti.  Al nuovo governatore, che avrà a disposizione molti più mezzi,  è vietato  fallire, pena una perdita di credibilità del fascismo sia nei confronti del proprio popolo che delle altre nazioni amiche.

Per Mussolini Graziani è  l’uomo giusto, quello che quando perde non trova mai giustificazioni banali o artefatte, che sa vincere senza proclami, un uomo  privo di scrupoli,  disposto a usare ogni mezzo per raggiunger l’obiettivo, un ufficiale ambizioso, a tal punto da  mettere in secondo piano il rispetto dei diritti umani.

 L’obiettivo di Graziani è  ristabilire l’ordine in Libia, e assicurare tranquillità ai lavoratori italiani presenti. Per far ciò il governatore deve annientare del tutto i guerriglieri senussi. A differenza del suo predecessore  ora Graziani  può avvalersi di seimila nuovi soldati e numerosi mezzi militari corazzati e aerei, usati per la prima volta in Libia.


 Graziani, nel caso che  Omar-Mukthar (Antony Quinn), capo carismatico della rivolta senussa  e insegnante di Corano nelle scuole libiche, rifiuti  la proposta  del governo italiano di ritirarsi dalla guerriglia  con un vitalizio di 50.000 lire, è  deciso a catturare vivo o morto Mukthar.

Come i suoi predecessori del 1911 il governatore libico italiano provoca i guerriglieri con interventi atroci verso i civili, azioni del tutto disumane, fuori da ogni regola internazionale. La risposta di Mukhtar sarà durissima, e avverrà sul campo di battaglia; il capo senusso distruggerà nel deserto, con i suoi uomini più addestrati, numerosi mezzi blindati e diversi depositi di munizioni e mine degli italiani situati nei punti di maggior conflitto.

I guerriglieri senussi possiedono solo armi leggere ma si avvalgono della  straordinaria conoscenza del territorio e quando Graziani deciderà di stanare i ribelli  marciando vero le colline di Kufra, i libici, con la loro capacità di mimetizzazione e forti degli esplosivi rubati agli italiani  procureranno a Graziani  umilianti sconfitte.

Di fronte alla netta supremazia dell’esercito italiano, fino a quando i ribelli riusciranno a resistere? E se il capo Mukthar verrà catturato come verrà giudicato: un rivoluzionario degno del riconoscimento delle armi, quindi non condannabile a morte, o un cittadino qualsiasi che ha trasgredito, con gli omicidi, alle leggi libiche stabilite dagli italiani, in tal caso destinato a morire?


Il regista Moustapha Akkad, di origine siriana, gira questo film (1980) con l’ambizione di svelare  verità scomode riguardanti alcune importanti vicende della lunga rivolta libica contro il fascismo italiano in Libia. All’inizio del film  il regista premette appunto che il suo racconto è costituito da fatti veri.

L’Italia aveva invaso la Libia nel 1911-1912 col pretesto delle violenze subite dai cittadini italiani in Cirenaica e Tripolitania, l’esercito italiano sconfiggerà dopo dure resistenze  i Turchi presenti,  quest’ultimi erano del tutto inferiori in mezzi ma capaci di infliggere dure perdite circoscritte alle nostre truppe come nella famosa battaglia  avvenuta subito dopo l’occupazione italiana di Tripoli e Bengasi, in cui perirono quattrocento bersaglieri. Fatto quest’ultimo che mandò fuori di testa i nostri generali a tal punto da  farli decidere per una spaventosa rappresaglia contro i civili libici,  un fatto gravissimo che stupì e indignò  attraverso la stampa tutto il mondo civile.

A supporto della sua ricostruzione storica dei fatti il regista Moustapha Akkad  alterna a scene da lui girate in modo spettacolare, documentari d’epoca in bianco e nero di varia origine che testimoniano inequivocabilmente la crudeltà del fascismo, come ad esempio le immagini dei campi di concentramento costruiti dagli italiani, costituiti da un fitto ammassamento di tende sporche e reticolati ad ampio raggio dove venivano brutalmente relegate le popolazioni libiche più ostili agli italiani, o le scene documentario di impiccagione dei civili libici, etc.

Nel film si intende bene come in quel periodo in Italia  si osannasse, con la pubblicità dei media asservita al capitalismo e al regime di Mussolini, l’impresa fascista in Libia. Per lo più si riteneva la conquista libica un atto di civilizzazione utile  all’Italia  e all’economia libica, una sorta di missione etica imperiale necessaria per potenziare il fascismo e lo sviluppo generale della Libia. Quest’ultima era ritenuta una nazione non in grado di essere autonoma  perché arretrata, nonché di cultura ancora troppo animistica, con un’economia precaria basata su una agricoltura primitiva, una pastorizia povera, un artigianato poco inventivo e arcaico e un piccolo commercio falso e predatorio.


Nel racconto filmico  il generale Graziani, mostrato il suo feroce piano militare  al proprio esercito, si trovò   immediatamente in grande difficoltà con i suoi stessi ufficiali, quelli più sensibili al rispetto delle regole di guerra, ma non cedette mai di un passo al suo cinico disegno tattico e strategico comprendente la violazione di ogni diritto umano.

Per mantenere l’ordine  incutendo paura compì  subito delitti e scempi di ogni genere con persone innocenti, lasciando intendere che non gli importava se nel futuro avrebbe lasciato nella storia  delle guerre una memoria di sé a dir poco catastrofica. I suoi atti criminosi risulteranno sicuramente paragonabili  a quelli  dei responsabili dei peggiori misfatti compiuti in guerra dalle dittature nel mondo.

Il governo italiano non ha mai voluto che il film si vedesse in Italia, con la motivazione ufficiale che nel racconto filmico veniva data, attraverso numerose scene negative-estreme, un’immagine dell’esercito italiano dell’epoca non vera e offensiva; la verità è che fino a poco tempo fa c’erano nel nostro paese diverse resistenze da parte di alcune componenti politiche maggioritarie a prendere in  considerazione ciò che è successo in quegli anni e a divulgarlo criticamente.

 I numerosi documentari girati all’epoca testimoniano meglio di  alcuni storici e intellettuali politicizzati di oggi quanto è accaduto in Libia, consentendo di poter  dedurre  facilmente cause e responsabilità dei numerosi atti criminosi; quest’ultimi sono stati fotografati e filmati con cura da chi sapeva che potevano servire soprattutto come  prove di crimini di guerra.

Su quei fatti è mancato un processo internazionale, una Norimberga del Mediterraneo, forse per la debole posizione politica internazionale della Libia, sempre emarginata o chiusa in se stessa. Nessuno ha pagato per quei misfatti, e Gheddafi prima di essere ucciso sembrava essersi accontentato dei cinque miliardi di euro concessi dal nostro governo per i danni procurati dalle invasioni italiane.

Oggi  la censura italiana su questo film, dopo molto tempo trascorso, si è un po’ allentata, ma la pellicola continua a non essere ufficialmente distribuita perché ritenuta imbarazzante.


 Alcune scene del film fanno riferimento ai numerosi atti di vigliaccheria del nostro esercito,  certi episodi sottolineano da una parte l’efferatezza che caratterizzava le camicie nere della milizia e dall’altra l’umanità che distingueva i componenti dell’esercito regolare, l’ardimento fanatico degli uni e l’umana paura degli altri. Il film mette bene in contrasto i vistosi errori tattici di Graziani e le genialità logistiche di Mukthar come a voler ribadire l’importanza che riveste nell’elaborazione tattica e strategica della difesa di un territorio la sua conoscenza capillare.

Il regista Moustapha Akkad lascia con questo film nella storia del cinema un documento di grande valore storico in grado di far vergognare, una volta vinta fino in fondo la censura, tutta una generazione ancora in vita, richiamandola ai fanatismi ideologici-dittatoriali che appassionavano i loro padri.

  Biagio Giordano 

 

   

I  LIBRI

DI BIAGIO GIORDANO

 PUOI ACQUISTARLI QUI

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.