Cinema: Mulholland Drive
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Mulholland Drive
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RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Mulholland Drive
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Mulholland Drive è un film Usa del 2001 scritto e diretto da David Lynch ed interpretato da Naomi Watts, Laura Harring, Justin Theroux, Ann Miller e Robert Forster. Il film racconta la storia di un’aspirante attrice di nome Betty Elms (Naomi Watts), arrivata a Los Angeles per fare un provino, che incontra casualmente (e fa poi amicizia) una donna colpita d’amnesia (Laura Harring), un effetto di un trauma patito in un incidente d’auto, uno scontro frontale, causato da un auto guidata da un gruppo di spericolati ragazzi resi euforici dall’alcool ingerito, l’evento stradale traumatico è avvenuto proprio lungo la famosa via degli artisti di Hollywood che dà il titolo al film. La storia non ha un andamento cronologico, cioè un tempo come quello dell’orologio, che racchiude narrativamente un inizio e una fine senza eccessivi sbalzi temporali. Lynch gioca la carta della circolarità del racconto, ossia di un modo di esprimere atmosfere ed enigmi svuotandoli di senso sequenziale, privando quindi lo spettatore della capacità di intendere gli esiti logici d’insieme di ciò che accade nel film. Lo spettatore non sa mai in quale punto della circonferenza del racconto si trovino le diverse scene che vede. L’effetto estetico del film poggia su una curiosità eccitata al massimo e mai soddisfatta, perché ciò avrebbe significato deludere lo spettatore, cioè dare alle sue pulsioni una meta non del tutto al sicuro da probabili tendenze isteriche inconsce, cosa che in base all’enunciato psicanalitico dell’isteria “…ti chiedo di rifiutare quel che ti offro perché non è la tua accettazione di ciò, che voglio…” avrebbe fatto correre il rischio al film di fallire…Lasciando invece il desiderio dello spettatore sempre vivo, insoddisfatto, si è riusciti a dare al film un tono alto, una sorta di sintomo dominato dalla cultura estetica… Ogni scena ha una vita a sé, separata dalle altre, seduce con l’enigma e la composizione tirata al massimo nel ingigantire i particolari di un’espressione lungo un tempo che gioca sull’indugio, sul superfluo, come a voler scolpire la scena nella mente dello spettatore, psicotizzandolo per qualche istante… Un film che si cala nella pazzia, quella contenuta, controllata dal superio dello spettatore, sollecitandone con le chiavi innovative del raccontare per immagini, un’uscita provvisoria verso la coscienza, inondando, con la significanza dietro le tende, il suo Io-realtà di pulsioni estetiche e poetiche di straordinaria potenza artistica… |
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