Cinema: La prima notte di quiete
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
La prima notte di quiete
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La prima notte di quiete
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La prima notte di quiete, di Valerio Zurlini, Alain Delon, Sonia Petrova, Alida Valli, Lea Massari, Renato Salvatori, Salvo Randone, Italia, anno 1972, durata 132 minuti, genere drammatico. Rimini, l’inquieto Daniele Dominici (Alain Delon), proveniente da un’altra città, ha accettato un incarico da supplente di lettere in un liceo. L’insegnante nel suo soggiorno a Rimini appare privo di scrupoli, frequenta compagnie dedite al gioco d’azzardo e sembra attratto da personalità ambigue disposte anche alla violenza pur di raggiungere i propri obiettivi (o difendere interessi non sempre leciti). Daniele ha dai metodi di insegnamento innovativi che non piacciono al Preside né a una parte della classe, ma il suo sincero interesse per i problemi esistenziali degli alunni lo rivestono l’uomo di un’aura umana che induce molti al rispetto. Via via che passano i giorni, matura in Daniele un interessamento per Vanina (Sonia Petrova), tra le più belle delle allieve, il rapporto sfocia in breve tempo in un amore reciproco destinato ad essere tanto intenso quanto complicato. L’amore sarà contrastato dall’amante di lei, persona ricca, violenta, influente, e anche dalla madre di Vanina, donna dignitosa ma fragile, proveniente da un lungo passato di povertà sfociato nella prostituzione, una donna che vuol vedere la propria figlia sistemata con un uomo bello, giovane e benestante. Anche la convivente di Daniele contrasta l’amore del proprio uomo per l’alunna, accecata com’è dalla gelosia. Di fronte a questi problemi la fuga sembra l’unica soluzione per la coppia innamorata, ma a fronte di una minaccia di suicidio proveniente dalla convivente di Daniele, quest’ultimo dovrà fare i conti con i propri sensi di colpa fino al punto di rischiare la vita lui stesso a causa di una perdita di concentrazione con l’auto tra le umide strade del riminese. Uno dei migliori film di Zurlini, sceneggiatore del film insieme a Enrico Medioli. Parabola psicanalitica sui problemi legati alla libertà di amare: in una provincia tetra e un po’ bigotta, dominata da una realtà culturalmente povera e maschilista nonché priva di un bene solidale tra cittadini. Il film si cala in un sociale complicato, dominato dal mito consumista tipico degli anni ’60, che creava perdenti e vincenti, euforici e depressi, perversi e impotenti, fin quando la complessità della vita non riusciva a riprendersi il suo posto valorizzando nei sopravvissuti la meditazione e l’etica. Suggestiva la musica di Mario Nascimbene e riuscita coralità delle scene che ricorda per certi aspetti il neorealismo. Alain Delon e Sonia Petrova straordinari, sia per la recitazione che per gli effetti drammatici provenienti dal modo di riprendere i loro visi, che porta risultati nella modulazione degli sguardi di buon interesse. Molto ricercato il lavoro della regia fotografica, sempre attenta a una esecuzione dei primi piani di sicuro effetto artistico: con angolazioni a lungo meditate e invenzioni nella composizione assai gradite.
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