Cinema: La donna del ritratto

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
La donna del ritratto
Al cinema nel Marzo 1944

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

La donna del ritratto

 

 Titolo Originale: THE WOMAN IN THE WINDOW

 Regia: Fritz Lang

Interpreti: Edward G. Robinson, Joan Bennett, Raymond Massey

Durata: h 1.39

Nazionalità: USA 1944

Genere: noir

Tratto dal libro “Once off guard” di J. H. Wallis

Al cinema nel Marzo 1944

Recensione di Biagio Giordano
New York. Il maturo e noto professore di criminologia, Richard Wanley (Edward G. Robinson), accompagna alla stazione la moglie e i figli per salutare la loro partenza verso le vacanze. Alla sera si reca al proprio club per una serata conversativa con gli amici, ma passando da una vetrina rimane colpito da un quadro raffigurante una donna, cosa che  per lui sarà densa di conseguenze. Il professore  si ferma a lungo a guardare e ammira sia la tecnica compositiva del dipinto che la bellezza femminile raffigurata.


Quando esce dal club Wanley si sofferma di nuovo sul ritratto. Il fatto di essere per un po’ di tempo libero e solo  fa sorgere in lui desideri inaspettati. Qualcosa di pulsionalmente inquietante sembra mettere a dura a prova le promesse fatte alla moglie sul comportamento corretto da tenere durante la sua assenza. Continuando a guardare, a un certo punto il professore è preso da uno stupore da incredulità, sul vetro del quadro, lungo un riverbero che parte dalla vetrina, viene proiettato proprio il viso raffigurato nel quadro. Quella donna si trova sulla strada accanto a lui, e Wanley scoprirà chiamarsi Alice (Joan Bennett).

Alice parla volentieri  col professore, gli piace la sua signorilità e l’interesse estetico manifestato verso di lei, dopo un po’ quindi lo invita a casa sua per mostrargli i disegni con cui l’autore del dipinto, suo amico,  ha preparato l’esecuzione del  ritratto. L’incontro è piacevole, l’atmosfera appare ricca di attese per entrambi, la gentilezza sembra farla da padrona, quando a un certo punto entra bruscamente nell’appartamento un uomo, alto e robusto, burbero, vestito elegantemente, probabile amante di Alice, che furioso di gelosia schiaffeggia Alice e dopo si scaglia su Wanley seduto sul divano, vuole soffocarlo stringendoli entrambe le mani sulla gola. Per fortuna di Wanley, nelle sue vicinanze, sul pavimento, ci sono delle forbici appena usate con Alice, la donna gliele porge, senza esitare, proprio nel momento in cui Wanley stava soccombendo alla maggior forza dell’assassino. Il professore riesce a colpire l’aggressore con le forbici, affondandole ripetutamente sulla schiena,  tanto da ucciderlo.


Nonostante la morte dell’amante sia avvenuta a seguito di una chiara legittima difesa, i due si sentono per lunghi istanti perduti, pensano che dimostrare alle istituzioni giudiziarie, con estrema lucidità, quanto realmente accaduto in quella sala, sarebbe stato molto difficile e comunque dalla loro difesa in tribunale sarebbero scaturite molte cose private che date in pasto all’opinione pubblica  sarebbero state male intese. Passata la paura più grossa, i due decidono di sbarazzarsi del cadavere. Wanley lo mette in automobile, di nascosto, in piena notte, trasportandolo poi in una collinetta di periferia dove lo abbandona dietro un reticolo di filo spinato ferendosi alla mano destra.

In seguito, proprio mentre per Alice e Wanley tutto sembrava funzionare a dovere, si presenta alla sera in casa della donna, un losco individuo, che al citofono ha lasciato intendere di sospettare qualcosa di quanto accaduto, è un ricercato dalla polizia per numerosi reati di ricatto, l’uomo era la guardia del corpo segreta del cadavere, che nel frattempo si è scoperto essere un magnate della finanza.


 I maggiori soci in affari del magnate ucciso sapevano delle passioni segrete dell’uomo per le belle donne, e per non correre rischi nei rapporti fiduciari con lui cadendo magari vittime di eventuali suoi colpi di testa sottaciuti ad arte, si erano premuniti assoldando una guardia del corpo che lo seguisse passo passo trasmettendo poi ai soci informazioni dettagliate sulle sue abitudini più rischiose.

Il losco individuo fa capire ad Alice di sapere che l’uomo ucciso era il suo amante e di essere pronto, nel caso non fossero state accettate le condizioni che stava per porle, a far denuncia alla polizia. Chiede quindi ripetutamente dei soldi alla donna, la quale in un primo momento rinuncia a darglieli  per poi, sconvolta da ciò che il ricattatore andava scoprendo in indizi nell’appartamento, cedere.

Quale piega prenderanno gli avvenimenti successivi?


Il film, come dall’analisi fatta da diversi critici cinematografici, gioca sul doppio filo realtà-onirismo, ma approfondendo di più il discorso si potrebbe aggiungere che i due termini lasciano intendere come entrambi pur essendo nettamente separati nelle loro definizioni concettuali più convenzionali, trovino in alcune sequenze esistenziali della vita di ciascuno punti di contatto o sovrapposizioni drammatiche che mettono in questione una precisa delineazione dei loro confini.

In questo film l’onirismo fa emergere, con opportune deformazioni di immagini, verità storiche nei protagonisti sepolte vive nell’inconscio, verità sempre pulsionalmente attive in grado di influenzare il quotidiano a seconda delle circostanze, la realtà invece non la si riesce mai a cogliere nella sua nuda essenza, se non nel bagliore di un attimo, proprio perché essa appare investita per lo più da proiezioni psichiche individuali che la rivestono di segni e immagini soggettive spesso  in relazione con desideri compulsivi  sorgenti e formatisi nella nevrosi della normalità.


Ecco allora nel film che nei protagonisti il senso di colpa (l’onirismo) più ostinato  legato a esperienze dell’infanzia ma che agisce ancora nel presente e la volontà di mantenersi innocente (la realtà) che scaturisce dall’etica acquisita col tempo, entrano in certe situazioni sceniche desideranti in conflitto, un aspetto cerca di prevalere sull’altro, ormai ciecamente, per porre fine alla dissociazione psichica, fino al punto di piegarsi in tragedia: a causa dell’impossibilità della ricomposizione unitaria pulsionale dei due termini in gioco.

  Biagio Giordano   

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