Cinema: La cura dal benessere

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
La cura dal benessere

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
 La cura dal benessere
 

 Titolo Originale: A CURE FOR WELLNESS (Una cura per il benessere)

Regia: Gore Verbinski

Interpreti: Dane DeHaan, Mia Goth, Jason Isaacs, Celia Imrie, Susanne Wuest, Carl Lumbly

Durata: h 2.26

Nazionalità:  USA 2017

Genere: horror

Al cinema nel Marzo 2017

Recensione di Biagio Giordano

Una nota società finanziaria americana assiste impotente e con notevole preoccupazione, alla rapida discesa del valore del proprio titolo. Il management della società si rende subito conto che occorrono misure urgenti e qualificate per arrestare la caduta e cercare di riguadagnare fiducia sul mercato.

  Lockhart (Dane DeHaan), un giovane e scaltro broker viene inviato dal management della sua società in un centro benessere idroterapico nelle Alpi svizzere per proporre di ritornare a New York a Pembroke, l’amministratore delegato della società in crisi, primo responsabile della finanziaria.

Solo Pembroke può compiere alcune operazioni finanziarie di emergenza tali da poter rimettere in corsa la società. L’uomo però ha già informato il suo staff di non avere alcuna intenzione di andarsene dal centro benessere svizzero, perché in quel luogo vive in uno stato di estasi delirante costante: condizione che secondo lui appare sempre più incompatibile con ogni attività professionale, compresa la sua, richiedenti scelte da effettuare con una certa logica e prontezza  di pensiero.


Un rovinoso incidente con l’automobile, provocato da un cervo apparso all’improvviso  al guidatore in mezzo alla strada proprio nei pressi del centro benessere, costringe il giovane Lockhart a fermarsi qualche giorno al centro svizzero con una gamba ingessata.  L’incontro tra lui e  l’amministratore delegato Pembroke sarà inconcludente.

A Lockart non rimane che osservare l’ambiente in cui si trova e fare qualche conversazione con i presenti, in attesa della guarigione. Nonostante tra i pazienti in cura, che sono prevalentemente anziani, l’umore e la psicologia del comportamento  siano buone, sembra che fisicamente essi stiano molto male: hanno movimenti estremamente lenti,  il normale equilibrio necessario per la coordinazione dei gesti  appare ridotto, la modulazione degli sguardi,  necessaria a seconda delle situazione e del proprio sentire interiore, è praticamente assente, gli occhi quasi costantemente fissi.


I trattamenti erogati dal primario dottor Volmer (Jason Isaacs), basati sulla ingestione dell’acqua  del posto,  con annessi, se è il caso, alcuni suoi vermi ritenuti coadiuvanti  dei neuroni del cervello, dovrebbero arrecare solo benefici terapeutici, in realtà col tempo procurano ai pazienti una inarrestabile disidratazione, con conseguenti allucinazioni e deliri di impotenza, tanto da portare ciascuno prima o poi ad una morte certa. Lo stato d’animo dei pazienti, grazie ad alcune misteriose sostanze anestetizzanti ogni dolore della persona, rimane buono fin quasi alla fine

Perché è stato messo  su questo complesso sistema ospedaliero, orripilante, agente senza scrupoli sul corpo? Guadagno o passione omicida, ossia avidità di ricchezza o psicosi dei promotori dalle cause ignote?


Lockhart ancora ignaro di quanto accade veramente nel centro benessere ma sempre più sospettoso di ciò che di strano vede, è deciso a indagare a fondo sulla complessa struttura del centro benessere,  ma la cura su di lui da parte dell’equipe medica è  progressivamente invasiva tanto da costringerlo a  un comportamento assai circospetto che limita la sua libertà nell’indagine. Per saperne di più non può quindi evitare di correre  seri rischi di essere scoperto.

Mentre Lockhart cerca di approfondire i misteri di quel luogo, egli è attratto da una ragazza, la bellissima e seducente Hannah (Mia Goth), anche lei paziente della clinica, disponibile al dialogo, e conosce anche un’altra ospite del centro, la strana  Signora Watkins (Celia Imrie), che sembra anche lei condurre  alcune indagini.

In breve tempo, il direttore dell’istituto, diagnostica a Lockhart la stessa patologia di cui soffrono gli altri pazienti, in realtà come accaduto a tutti gli altri ricoverati si sta paurosamente disidratando, paradossalmente la causa sta nell’acqua stessa del centro benessere, del tutto impostagli, essa contiene  vermi microscopici molto assetati forse per poter riprodursi in fretta e a dismisura.

Via via il giovane sia convince che sia lui che gli altri presenti nel centro benessere non sono per niente pazienti ma vittime di un folle e sadico disegno omicida. Quando verrà smascherato il suo intento indagatore, Lockart subirà trattamenti violenti tali da fargli assumere in modo accelerato le stesse condizioni psichiche di estasi delirante degli altri ricoverati. Egli perderà in buona parte il contatto con la realtà e  non riuscirà più  a distinguere facilmente il vero dal delirio.

Ma nella sua mente qualcosa del ricordo, per lo più quello  legato alla ricerca logica per cui si trova in quel posto, sembra funzionare ancora, in quanto la scoperta di alcune pagine di immagini di persone del passato, che sembrano fargli intendere chi è e perché il responsabile del disegno criminoso operante nel centro benessere, lo portano a fare alcune associazioni di pensiero che influenzeranno il suo Io tramortito.

Le immagini chiave riguardano  il Direttore del centro, immortalato fotograficamente in una certa situazione, esse porteranno Lockart a risvegliare con impeto la sua voglia di libertà e di fare giustizia, aspetti quest’ultimi che riusciranno a prendere via via il sopravvento sulle sue pulsioni  deliranti, quelle più legate al piacere dell’estasi patologica a cui anche lui sembrava essere giunto in quel centro benessere.


Il film, ricco di sequenze sceniche molto apprezzabili sia dal punto di vista della costruzione drammatica che della suggestionabilità richiesta dagli episodi, delude sul piano delle comprensioni più intellettive di quella follia che attraversa quasi tutto il film.

Una follia orfana di un senso logico preciso, che sembra non avere alcuna possibile teoria interpretativa, tanto appare caotica la sua  genesi logica prevista nel finale come  scioglimento dei nodi di tensione e significati costruiti nella prima parte del film.

Grande il talento visivo messo in campo del regista Gore Verbinski, ma il film appare rovinato sul piano dei nessi logici, da una sceneggiatura povera di competenze sulla genesi delle psicosi e su come esse si svolgono. 

  Biagio Giordano  

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