Cinema: La città è salva

 
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
La città è salva

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
 La città è salva
 

 Un film di Bretaigne Windust.

Con Everett Sloane, Humphrey Bogart, Zero Mostel, Ted De Corsia

Titolo originale:The Enforcer.

Giallo, b/n

durata 87 min.

USA 1951.

Recensione di Biagio Giordano

 New York, 1951: il Procuratore distrettuale (District Attorney) Martin Ferguson (Humphrey Bogart) e il capitano della polizia Nelson cercano di raccogliere prove per aprire un processo a carico di Mendoza (E. Sloane), capo di una banda di criminali che sta terrorizzando la città.

 

La banda è un’associazione di sicari dediti all’eliminazione di persone su commissione, una sorta di industria del male la cui attività nera consente l’incasso di ingenti somme con una certa facilità e sicurezza nel post omicidio. La genialità dell’idea sta soprattutto nella difficile individuazione di chi commette l’omicidio, in quanto questa modalità esecutiva consente ai mandanti di costruirsi un alibi di ferro e agli esecutori di rimanere invisibili; quest’ultimi infatti rimangono separati dalla vittima grazie alla mancanza di un movente accertabile. La polizia, che in virtù di una ragionamento statistico ferreo imposta le sue ricerche prevalentemente sui motivi tipo che possono spingere ad uccidere, viene quindi in questi casi a trovarsi in grosse difficoltà.


 Mendoza viene arrestato solo per accumulo di indizi, senza prove precise. Il procuratore Ferguson infatti, giocando con un’astuzia dialettica particolare, finalizzata ad  impaurire il bandito, confida con l’arresto in qualche suo passo falso,  spera  cioè che prima o poi Mendoza si contraddica nel parlare o compia errori fatali nel tentare di agire per vie segrete, dando ordini anche dal carcere ai suoi uomini.

L’unico testimone, che potrebbe fornire le prove della colpevolezza dell’imputato, è Rick (una grande interpretazione del cattivo di Ted de Corsia) che però, terrorizzato dalla presenza di Mendoza in carcere, in grado secondo lui di mantenere anche in quella situazione un grosso potere, muore accidentalmente cadendo nel vuoto dopo aver cercato di fuggire dalla Procura uscendo dalla finestra del bagno.


 Questo fatto accade pochi giorni prima dell’inizio del possibile processo a Mendoza. Ferguson amareggiato per quella morte, si sente in un certo senso colpevole, ed è pronto a dare le proprie dimissioni ai giudici superiori, che sono adirati per la fuga mortale di Rick, ma a sorpresa gli viene data ancora fiducia.

A Ferguson non rimane allora che riesaminare accuratamente tutto il voluminoso incartamento delle indagini e le registrazioni sonore relative alle testimonianze rilasciate su Mendoza. La cosa, fatta con estrema cura e intelligenza, lo porta a scoprire un dettaglio che darà una svolta alle indagini, una testimone dagli occhi azzurri è stata lasciata viva per un errore dagli uomini di Mendoza, è una ragazza che da adolescente ha assistito al primo delitto compiuto da Mendoza in persona.

La ragazza si chiama Nina (K. Kester), è stata descritta nell’incartamento della procura, in cui è presente il suo profilo, con occhi azzurri; al suo posto, per errore, i sicari di Mendoza hanno ucciso l’amica coetanea, dagli occhi castani, abitante nello stesso edificio.  Rimasta sola dopo l’uccisione del padre da parte dei sicari di Mendoza, la donna viveva nascosta e con un nome falso.

Nina a un certo punto viene ricercata per le vie della città, contemporaneamente, dal procuratore distrettuale Ferguson e dai criminali in una memorabile corsa contro il tempo.

 I sicari  hanno scoperto anche loro lo scambio  che c’è stato negli omicidi,  perché  Ferguson, poche ore prima del processo, aveva giocato quella che riteneva essere per lui l’ultima carta, ossia aveva  cercato di intimidire Mendoza in cella aggredendolo verbalmente, urlandogli in faccia l’immane immoralità del suoi gesti, cosa che avrebbe potuto secondo lui condurre l’uomo a cadere in qualche contraddizione o indirettamente a lasciare una parziale confessione, cose sufficienti per andare al processo altrimenti destinato alla sospensione per mancanza di prove da parte dell’accusa.

Ferguson rafforza il peso della sua aggressione verso Mendoza, consegnandogli  le foto delle  vittime da lui eliminate, ricordandogli con dettagli raccapriccianti lo scempio di sangue da lui compiuto e l’inutilità della sua vita. Quando Mendoza, rimasto indifferente, rimane di nuovo solo in cella, si accorge guardando le foto delle vittime, che al posto di Nina, era stata uccisa la sua amica dagli occhi castani.

Mendoza attraverso il suo ambiguo e corrotto avvocato, con cui dal carcere ha diritto di parlare, riesce a impartire l’ordine ai suoi scagnozzi di uccidere Nina.

Il finale del film basato sull’inseguimento tra le vie della città tra  Nina protetta da Ferguson e i sicari, cioè in un certo senso tra le sembianze del bene e quelle del male, è da antologia cinematografica. Eccellente infatti la costruzione del suspense e la potenza della suggestione delle scene di azione, correlate dall’esaltazione del carisma di Bogart e dal realismo ricco di emotività dello sguardo della ragazza; e grande e liberatorio sarà anche l’amorevole identificazione del pubblico con  le forze della polizia tenute fino a quel momento, per più di un’ora, sotto scacco dal male criminale.

 

Un film che sembra voler assegnare un punto a favore della democrazia americana degli anni ’50, in quanto le scene dimostrano come la Procura sia molto attenta al diritto dell’innocente: accettando anche le estreme conseguenze che ciò può avere nel favorire un maggior dilagare del male allora vigente.

Humphrey Bogart e Ted de Corsia sono straordinari, valgono metà film, anche grazie alla valorizzazione del personaggio che incarnano, avvenuta con riprese fotografiche in bianco e nero molto ricercate e di grande suggestione, frutto di angolazioni e composizioni di ripresa di alta professionalità.

E per finire, da sottolineare come le due regie, di Raoul Walsh e Bretaigne Windust siano state praticamente impeccabili. L’uso del flash back allora era già in voga ma non in modo strutturale come avviene in questo film, e nonostante ciò essi hanno dimostrato grande sicurezza nel realizzare la sceneggiatura, così da riuscire a dare una magistrale scorrevolezza al film: in virtù anche di un superlativo montaggio della pellicola

 

Biagio Giordano  

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