Cinema: Io so che tu sai che io so

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Io so che tu sai che io so

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Io so che tu sai che io so

 

Io so che tu sai che io so, di Albero Sordi, con Monica Vitti, Alberto Sordi, 1982, 114 minuti, Isabella de Bernardi, Salvatore Jacono, Claudio Gora. Commedia.

 Fabio Bonetti (Alberto Sordi), è un funzionario di Banca, scrupoloso e onesto, con al fianco una bella segretaria che lo stima e sembra voler prendersi anche cura dei suoi problemi. 

Nel tempo libero Fabio vive spensierato la sua passione per il calcio televisivo, lo fa in modo esagerato tanto da trascurare la moglie (Monica Vitti) che si lamenta continuamente e la figlia (De Bernardi). Fabio sotto la corazza del suo ruolo autorevole di padre e marito, ama però entrambe. 

Fabio pensa che la vita non può per lui che essere quella, strutturata da doveri familiari, già ben delineata socialmente dall’alto nei valori morali da perseguire, senza quindi avere sorprese particolari di alcun genere nel comportamento quotidiano. Lui incarna il ruolo di capo  famiglia come dovuto, mettendosi una maschera  piccolo borghese come dovuto, ha una moglie fedele e istruita come dovuto, una figlia operosa e comprensiva, entrambe frequentatrici, quando escono di casa, di ambienti sani e responsabili, come dovuto.  

Un giorno Fabio, su segnalazione della moglie, viene a sapere che la sua casa è  spiata di giorno e di notte da uno strano individuo, dapprima reticente a dar peso alla notizia Fabio in seguito si convince della necessità di avere un chiarimento con quella persona. Presolo sul fatto l’uomo curioso confessa di far parte di una Agenzia investigativa che lo ha incaricato di spiare tutte le mosse di sua moglie, anche quelle per strada quando essa utilizza per uscire per Roma, la sua Panda. 

Recatosi in Agenzia Fabio verrà a sapere che a causa di uno scambio di persona, per quattro settimane sua moglie è stata pedinata, filmata, ascoltata in ogni sua intimità o banalità discorsiva.  Invece la donna da spiare per l’Agenzia, era la sua vicina del piano superiore, quella che aveva prestato la Panda a sua moglie in attesa che  la cinquecento di famiglia, dopo aver avuto un grave incidente venisse riparata. 

A Fabio Bonetti vengono consegnati tutti i filmati del lavoro svolto dall’Agenzia. Guardandoli egli scoprirà verità molto sgradite sia su sua moglie che sulla figlia, nonché fatti propri incresciosi che pensava di poter continuare a tener  nascosti,  come una storia d’amore avuta   con la sua segretaria.

Da quel momento la  vita per lui diventa un inferno, essa si trasforma in un’avventura abissale con poche speranze di risalita, Fabio percepisce una potente minaccia alla sua personalità di successo, alla sua identità di uomo stimato e responsabile, di persona per bene in grado di porsi a capo di una famiglia esemplare,  rispettosa delle principali regole, quelle più assodate,  del vivere civile.

Film convincente, pur con un finale troppo edulcorato che sembra sottolineare come negli ’80, le masse medie lavorative fossero convinte che non poteva esserci un’alternativa alla famiglia tradizionale. 

La pellicola mantiene, per gran parte della sua durata un certo brio e tensioni costruite con intelligenza, dando uno spaccato della società di allora che oggi sa di vintage, di gustoso documento storico, ma questo proprio perché girato bene, con una preoccupazione al vero, al reale di un costume che il secondo miracolo economico (quello di fine anni ’70), rendeva statico, privo di spinte evolutive seppur all’interno contradditorio perché insoddisfacente in quanto aspirante ad altro. 

    Biagio Giordano 

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