Cinema: Il terzo segreto
Il terzo segreto, di Charles Crichton, con Stephen Boyd, Pamela Franklin, Jack Hawkins, Richard Attenborough, Rachel Kempson, Diane Cilento, Paul Rogers, Freda Jackson, Bianco e Nero, genere giallo, durata 103 minuti, paese di produzione Gran Bretagna, anno 1964.
Attenzione, commento del film con spoiler
“Il primo segreto è verso gli altri, il secondo verso se stessi, il terzo è la verità”.
Londra. Un noto psicanalista muore, la notizia viene largamente diffusa dalla stampa, dando per scontato che si tratti di un suicidio.
Stupito, un suo paziente giornalista Alex Stedman (Stephen Boyd), che lo stimava molto, non vuol credere che il suo analista si sia tolto la vita, anche perché lo percepiva come un uomo che amava il proprio lavoro, a tal punto a volte da farlo sentire, nella sua professione di psicanalista, indispensabile nella cura del “prossimo più disagiato psichicamente”.
La figlia dello psicanalista, Catherine (Pamela Franklin), quattordicenne, anche lei perplessa su quanto accaduto, convince il giornalista Alex Stedman, carismatico presentatore di telegiornali, a indagare tra gli altri pazienti del defunto, precisamente: un raffinato gallerista (Richard Attenborough), una segreteria un po’ nevrotica (Diane Cilento), e un giudice severo ma umanamente comprensivo (Jack Hawkins).
Per prima cosa Stedman cerca di conoscere le patologie che la psicanalisi tratta, e se tra queste sono comprese forme gravi di psicosi che possono portare alla perdita di controllo del paziente con conseguenti rischi di aggressione all’analista: come schizofrenie, paranoie, psicosi maniacali, etc. Scopre che certe forme di follia o malattie organiche del cervello sono trattate solo dalla psichiatria.
Dai rapporti che intrattiene con gli altri pazienti dello psicanalista defunto, a Stedman sembra di capire, componendo mosaici logici basati sulle parole vive che sente, che casi gravi nel trattamento psicanalitico siano da escludere, solo disagi legati a nevrosi fanno parte del terreno operativo della psicanalisi, aspetti problematici che con la scomparsa dello psicanalista e la conseguente interruzione delle analisi, nei pazienti in cura si sono accentuati, compreso il suo “stato”, (in quanto Stedman viene colto da crisi isteriche molto forti che lo portano a distruggere gli interni del suo studio).
Non resta che pensare ad un assassino presente tra altri pazienti, quelli che hanno concluso l’analisi da tempo…a meno che qualcuno della famiglia dello psicanalista non fosse segretamente sotto trattamento analitico…
Su sceneggiatura di Robert L. Joseph, un giallo psicologico intelligente e coinvolgente, che non rinuncia a dare allo spettatore un certo spessore logico dei disagi in gioco, curando i dialoghi lunghi in forma teatrale. Le storie si intrecciano nei punti che meglio esprimono un senso delle cose che accadono o che sono accadute, illuminando l’attenzione dello spettatore…
Il film pur rimanendo su un piano classico di mercato, non da cinema d’Essai, tratta argomenti complessi con buona sintesi, tanto che si svolgono in tutta la loro interezza in modo plausibile, rinunciando quindi ad entrare nella stanza semibuia delle interpretazioni dei mali per vie associative causali troppo prolungate che avrebbero portato il film fuori dal genere per cui è nato…
Biagio Giordan
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