Cinema: Il massacro di Forte Apache
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Il massacro di Forte Apache
Film reperibile in DVD e visibile nelle reti televisive
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RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Il massacro di Forte Apache
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Il massacro di Fort Apache è un film western del 1948 diretto magistralmente da John Ford. È il primo della trilogia sulla Cavalleria Usa girato dal grande regista, che proseguirà poi con altri pregevoli film come I cavalieri del Nord Ovest (1949) e Rio Bravo (1950). Il massacro di Forte Apache allude in una forma romanzata al massacro di Little Big Horn del 1876, subito dal allora trentasettenne Generale George Armstrong Custer insieme a tutti i suoi uomini, per mano dei nativi indiani apaches stretti in una coalizione. In questo film la causa del massacro viene addebitata soprattutto alla paranoica ricerca di gloria del colonnello Thursday (che rappresenta storicamente il generale Custer), perfettamente interpretato da Henry Fonda. A Thursday subito dopo aver preso il comando del Forte Apache viene segnalata un’azione terroristica degli apaches compiuta contro del personale isolato del suo reggimento addetto alla logistica. Il colonnello, accecato dall’ira pensa che i pellirossa abbiano intenzione di incutere paura al governo USA per difendere meglio le loro posizioni territoriali, e rifiutare quindi il ripiego nelle riserve progettate dallo stesso governo. In realtà i pellerossa di quella zona, ancora avvolti in un magico mondo, si sentono padroni del loro territorio e invincibili, e nulla sanno delle reali forze in gioco attive in tutti gli Stati Uniti, forze che li avrebbero messi di lì a poco in netta difficoltà segnando per sempre il loro destino. Gli apaches vogliono discutere la pace con il nuovo colonnello Thursday per evitare altri morti e disagi tra le loro tribù. Per voce del capo più rappresentativo, Cochise, chiedono quindi di poter aprire una trattativa. Il colonnello Thursday per non farsi nemico il suo capitano, favorevole alla pace, accetta dopo un lungo tergiversare, di trattare con gli apaches, lo farà tra le montagne della suggestiva Monument Valley. Gli spazi di discussione sembrano però ristretti, il mandato governativo del colonnello è chiaro nella sua univocità: tutti i nativi pellirossa se vogliono rimanere in vita devono cambiare modo di vivere, ripiegando nelle riserve senza eccezione alcuna. Il colonnello Thursday, molto formale e convinto che la richiesta di pace degli apaches sia un segno di debolezza, prende a pretesto, durante il colloquio, una banale offesa moralistica di Cochise al governo degli Stati Uniti, per rompere le trattative e dichiarare guerra ai pellirossa. Sarà un grave errore. Gli apaches sono in realtà più che mai pronti allo scontro. Essi sono convinti dal loro animismo primitivo di essere sostenuti dagli spiriti con cui si rapportano intensamente giornalmente, e hanno studiato con lucidità la consistenza degli uomini e del fuoco del reggimento presente nel Forte apache. Inoltre hanno stretto un patto di alleanza con diversi gruppi di nativi. Gli apaches sferrano quindi subito al colonnello Thursday un attacco mortale, memorabile, sorprendente, che occuperà per sempre, nella storia militare degli USA, una posizione di rilievo, soprattutto per l’impressione suscitata dal fatto di sangue nell’opinione pubblica americana. La disfatta del colonnello Thursday sarà totale, nel film egli passerà per un eroe, in quanto, pur potendo al termine della battaglia fuggire, decideva per la morte, rimanendo in cerchio insieme agli altri pochi soldati rimasti, a sparare con le pistole gli ultimi proiettili rimasti contro la moltitudine inferocita degli apaches. In realtà nella storia vera il comandante Custer volle quella battaglia soprattutto per le rassicuranti informazioni trasmessegli dai soldati-spia sulla reale consistenza offensiva dei pellerossa in quel territorio.
La valutazione sulle forze numeriche dei pellerossa e sulla loro reale capacità di fuoco, fu del tutto sottostimata, cosa che dette al colonnello Custer, ignaro dell’errore, il via libera per l’attacco. Quella disfatta fece anche capire meglio come le battaglie militari si vincono soprattutto se tutto il lavoro di squadra, a volte oggettivamente molto complesso, funziona nell’eccellenza. Il massacro di Forte Apache è un film cult, in bianco e nero, molto suggestivo, girato nei posti vicini ai veri teatri di guerra del ottocento che vedevano sovente i pellerossa scontrarsi drammaticamente con le forze governative statunitensi. Nessun schieramento ideologico o patriottico dell’autore contamina il racconto filmico che mette al centro l’importanza della disciplina militare, ma anche della tattica, nonché del coraggio e del sacrificio eroico dei comandanti e dei soldati nel proseguire fino alla morte quelle battaglie che prendono ad un certo punto la piega inesorabile della sconfitta. Il film rilascia però un interrogativo un po’ amaro. Il colonnello Custer avrebbe dichiarato guerra lo stesso agli indiani nel caso fosse stato necessario perseguire obiettivi militari a tasso di rischio più elevato? Magari in un’altra zona chiaramente dominata dai pellerossa, dove lo scontro sarebbe stato reso necessario a causa di una situazione cruciale della guerra, e il cui esito eventualmente vincente della battaglia avrebbe consentito l’avanzamento di truppe USA in altri punti critici del territorio? Film talmente ben curato nella composizione fotografica e così ricco di espedienti tecnici artigianali funzionali a dare vivacità alle scene da far sembrare ciò che accade nel racconto del tutto vero. Mai lo spettatore si accorge che sta assistendo a una fiction… Film di straordinario interesse cinefilo, che esprime dramma, poesia, senso di gloria e onore, sempre in modo credibile, creando anche nei più freddi cultori di cinema emozioni indicibili… |
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