Cinema: Il caso Minamata (Minamata)

Il caso Minamata (Minamata) è un film Usa del 2020 diretto da Andrew Levitas, di genere drammatico-biografico, e di durata 115 minuti.

Locandina tratta da amazon.it che vende il dvd

La pellicola interpreta il reportage fotografico dello statunitense Eugene Smith a Minamata.

Il fotografo era un famoso ed eroico documentarista, dotato anche di straordinarie capacità empatiche-visive. Nel film il suo personaggio è affidato, in modo assai credibile, al redivivo Johnny Depp.

Il film vuole essere, sia la storia di uno dei servizi fotografici più importanti ed eroici del ‘900, sia un approfondimento del carattere e della psicologia dell’uomo che ne è stato in qualche modo il maggior protagonista: William Eugene Smith.

Il suo reportage svelò al mondo la portata disumanizzante di un certo capitalismo giapponese: poco rispettoso dell’ecosistema ambientale.

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In questo caso si tratta di una importante azienda di produzione chimica, la Chisso. Essa non voleva approfondire le tematiche su come produrre beni eliminando i pericoli per l’ambiente, né si preoccupava dei risultati ottenuti in merito dalle più importanti Università del globo.

Nel 1971, l’ormai famoso fotografo americano, alcolista depresso, divenuto celebre per i suoi servizi sulla Seconda guerra mondiale nel Pacifico, pubblicati dalla rivista “Life”, viene a contatto con la traduttrice e scrittrice giapponese Aileen, la quale era riuscita ad avere un appuntamento con lui grazie ad un escamotage, ossia proponendogli uno scoop pubblicitario sul colore sapendo già che lui avrebbe rifiutato, non essendosi mai
interessato alla fotografia a colori.

Alla donna interessava informare e coinvolgere il fotografo sulla malattia di Minamata (una città della Prefettura di Kumamoto, nella regione sud-occidentale dell’isola di Kyushu), un paese per lo più di pescatori dove i cittadini si ammalavano stranamente a causa di sconvolgenti problemi neurologici.

Dopo una dura lotta con il direttore di Life Bob Hayes, che lo riteneva un uomo professionalmente finito, Eugene Smith parte per il Giappone ed entra in contatto con la comunità locale dei pescatori e dei suoi rappresentanti più a contatto con la politica, iniziando il suo lavoro di fotoreporter.

Le foto di Smith a Minamata non avevano un aspetto da documentario, generalmente buio e freddo, nonché muto, in esse si imponeva una composizione artistica che dava forti commozioni alle foto, decisiva nel coinvolgere il mondo occidentale sulla grande tragedia.

Basti pensare alla foto più famosa: «Il bagno di Tomoko», una fotografia che Eugene Smith scattò nel 1971 nell’abitazione di una ragazza colpita dalla sindrome di Minamata, e che rappresentava una pietà dai riferimenti classici, ossia: una madre che sorreggeva tra le braccia, in una vasca, la figlia affetta da spasmi muscolari dovuti a danni cerebrali, una foto che è oggi ritenuta, per attrazione empatica e stile, uno dei più grandi capolavori fotografici da reportage del ‘900.

Indimenticabile film, che fa capire, andando al di là dei luoghi comuni sul giornalismo, quanto democrazia e libertà di stampa siano sinonimi: liberando potenti forze, simili, a difesa del rispetto della vita umana.

Film asciutto, fotografia slavata, nessun effetto speciale, ma tanta efficace e capillare comunicazione delle ansie, paure, sconvolgimenti della personalità, assuefazioni al dolore e alla ingiustizia dei poveri cittadini di Minamata, tutto grazie alle capacita artistiche del grande fotografo americano Eugene Smith, le cui fotografie accompagnano il film in ogni sua piega drammatica.

Biagio Giordano (fotografo coordinatore della sezione fotografia dell’Associazione culturale no profit Renzo Aiolfi di Savona)

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