Cinema: Giulio Cesare

 
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Giulio Cesare
Visibile in rete e in DVD

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

Giulio Cesare

 

Titolo Originale: JULIUS CAESAR

Regia: Joseph L. Mankiewicz

Interpreti: Greer Garson, Louis Calhern, John Gielgud, James Mason, Marlon Brando, Deborah Kerr

Durata: h 2.01

Nazionalità: USA 1953

Genere: drammatico

Al cinema nell’Ottobre 1953

Recensore Biagio Giordano

Visibile in rete e in DVD

“Una volta morto, Cesare divenne Dio e mito, passando dal campo della storia a quello della letteratura, e della leggenda, della declamazione e della propaganda”.Syme
 Film di Joseph L. Mankiewicz che trae ispirazione dall’omonima tragedia di William Shakespeare scritta nel 1599.

Nel 44 a. C. Giulio Cesare ha accentrato nelle sue mani, da già circa cinque anni, tutti i poteri: militari, politici, e civili. Egli diventa un dittatore imperiale, carica che verrà confermata dal senato con la sola opposizione dei conservatori repubblicani, che, contrari per principio ad ogni dittatura,  organizzeranno contro di lui un complotto sanguinoso dagli esiti drammatici sia per Cesare che per la stabilità e il prestigio di Roma.


Cesare è stato grande di fama, di cultura, e di abilità di potere. E’ stato militare, console, dittatore, oratore, scrittore, conquistatore di innumerevoli paesi stranieri. Con quest’ultimi ha aperto canali di comunicazione culturale, ingegneristica e di scambio con Roma di rilevante portata economica e storica, riuscendo a mettere al centro dell’interesse del mondo più civile e meno civile le tecnologie romane, la cultura greco-romana, i modi amministrativi e politici di governare di Roma, nonché la letteratura, l’arte, romane.

Gli eserciti di Cesare hanno combattuto in Gallia, Germania, Spagna, Egitto, Portogallo, Grecia, e altri paesi africani, ottenendo spesso grandi risultati.  Numerose sono state le conquiste di territori, amministrati poi dai romani per molto tempo.

 Alla cospirazione per uccidere Cesare, capeggiata da Cassio, partecipa anche Marco Giunio Bruto, che Cesare fino a quel momento riteneva appartenesse ai suoi amici più fedeli.


 Alle Idi di Marzo del 44 a.c., precisamente il giorno 14, all’ingresso della Curia di Pompei a Roma, Cesare è assalito dai congiurati e ucciso a coltellate, il suo corpo, per ironia della sorte, cadrà proprio ai piedi della statua di Pompeo, suo grande e glorioso nemico sconfitto nella guerra civile.

Dopo la morte di Giulio Cesare, Marc’Antonio rimane molto addolorato ma non si lascia annichilire dal grave lutto, ha propositi forti, lucidi, alimentati dall’intravedere con la scomparsa dell’imperatore maggiori opportunità di soddisfare le sue ambizioni.

Aizza quindi con la sua arte oratoria  il popolo contro i cospiratori. Lo fa leggendo e interpretando al Campidoglio, di fronte a una piazza gremita di cittadini, il testamento di Cesare.

La  volontà dell’imperatore  trascritta di suo pugno nella pergamena che Marco Antonio tiene in mano, prevede un generoso lascito di beni  al popolo romano, ossia 75 sesterzi per ogni cittadino  e la libertà di passeggiare o sostare tra i suoi frutteti,   eretti nel bel mezzo delle  ville di Cesare, tra fresche aeree verdi. Diverse proprietà di Cesare, dopo la sua morte diventeranno di proprietà  pubblica.


 Con la scomparsa di Giulio Cesare il governo del vasto impero romano vive una crisi estremamente grave, i più forti e ambiziosi pretendenti al potere litigano, hanno tra loro posizioni politiche antitetiche o desideri di potenza personali  privi di un chiaro  orientamento etico  su come gestire la cosa pubblica. Essi decidono quindi di risolvere la loro contesa  con le armi.

Scoppia una feroce guerra fratricida, i nuovi aspiranti al governo si spartiscono le legioni dell’esercito romano   sulla base di promesse e annunci  ai militari fatti di concessioni di forte richiamo personale, come la distribuzione ai soldati di una ricchezza in beni materiali e la possibilità di sviluppo di carriere di alto prestigio simbolico.

Marco Antonio si allea con Ottavio, nipote di Cesare, e con il loro esercito sconfiggono a Philippi le truppe capeggiate da Bruto e Cassio, quest’ultimi rimasti illesi vagano storditi, di sera, tra gli alberi delle colline sovrastanti, il loro morale è distrutto, sanno che  tornare a Roma sconfitti implicherà essere ferocemente dileggiati da un popolo che ama e venera  ancora il mitico  Cesare.   Essi sono inoltre posseduti da uno oscuro senso di colpa che non cessa di tormentarli dal momento della morte di Cesare.

 
 Rimanere in vita per loro non ha più senso,  decidono quindi di morire.  Il loro suicidio, come stabilito precedentemente in un patto, verrà eseguito dai  due più fedeli servitori. Essi configgono la lama delle loro spade nel torace dei due capi che prima di morire hanno il tempo di proferire parole di alto valore etico.

Nell’orazione funebre dedicata ai capi militari sconfitti, Marco Antonio,  brillante vincitore, riconoscerà solo a Bruto l’onore delle armi. Loderà il defunto per essersi battuto con grande coerenza, e per aver affermato dei principi etici e politici che esulavano dall’amore per il potere, quello fine a se stesso. Bruto per Marco Antonio era un uomo al servizio del bene della cosa pubblica. Tutti gli altri cospiratori, compreso Cassio, verranno pubblicamente incolpati da Marco Antonio di meschina  ambizione personale.

Quali ulteriori sviluppi avrà la storia del film?

Eccellente film, soprattutto per come riesce a tenere alta per così lungo tempo  una tensione di tipo drammatico avvolta in una difficile dimensione teatrale, dando alle poche inframmezzate pause una funzione per lo più di sagace e piacevole attesa.

Eccellente opera anche per la grande recitazione degli attori, costretti ad una ardua interpretazione teatrale in un contesto ambientale fortemente cinematografico, un adattamento recitativo filmico ben diretto dal regista  Joseph L. Mankiewicz che riesce a combinare azione spettacolare, necessaria mobilità fotografica delle scene rispetto alla staticità del teatro, con  i lunghi dialoghi scespiriani dal lento ritmo.

 Il film ha sullo sfondo una varietà di inquadrature fotografiche di indubbio pregio: sempre curatissime,  di notevole effetto estetico funzionale al senso della narrazione di cui ne rafforza l’interesse, la ricerca ottimale degli angoli di ripresa rende tutto nuovo di volta in volta. La composizione fotografica degli oggetti significanti è ricca di un silenzioso dialogo metaforico e simbolico con gli eventi in corso apportando maggiori informazioni alle scene.

 Gli attori, costretti a  muoversi in uno spazio-tempo altro, molto diverso dal palcoscenico, in quanto le scene sono attraversate da diversi linguaggi  visivi che possono essere percepiti nella recitazione anche come disturbo, riescono a non irrigidire parti essenziali delle pieghe del volto di fronte alla presenza della macchina da presa, modulando sempre al meglio sguardi e toni della voce.

   

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