Cinema: Fukushima 50
Fukushima 50, un film del 2020 diretto da Setsurō Wakamatsu, con interpreti Ken Watanabe e Kōichi Satō
Commento con spoiler
Il film narra delle conseguenze patite dalla centrale nucleare di Fukushima (Giappone, situata a 10 metri sopra il livello del mare) a seguito di un grande terremoto avvenuto nel 2011; un evento naturale di potenza inaudita, tale da creare uno spaventoso tsunami: la cui forza ha messo fuori uso il sistema di raffreddamento di alcuni reattori.
Solo l’intervento eroico di 50 dipendenti della centrale, coordinati da un capo eccezionale, esemplare per freddezza e conoscenza minuta delle logiche di funzionamento dell’impianto, ha impedito che i reattori fondessero, cosa che avrebbe comportato l’evacuazione dalle loro case e regioni di milioni di persone, e tanti, tanti morti.
I dipendenti-eroi hanno accettato l’alto rischio di morire lavorando tra radiazioni di forte intensità; essi, con il loro intervento sacrificale, sono riusciti ad aprire alcune valvole di sfogo, alleggerendo la pressione accumulatasi nei vani dei reattori interessati. Successivamente, immettendo acqua nella parte sana del circuito di raffreddamento (utilizzando numerosi autobotti dei vigili del fuoco antistanti la Centrale), hanno scongiurato il pericolo della catastrofe.
Il film comunica con efficacia le eccezionali tensioni che hanno caratterizzato la famosa vicenda, soffermandosi sopratutto sui burrascosi rapporti decisionali legati all’ emergenza: intercorsi tra i responsabili della centrale e gli uomini di governo.
Gli aspetti tecnici riferiti a come è avvenuto il salvataggio dei reattori, sono ben dettagliati e si seguono con facilità.
Notevole poi il linguaggio fotografico, realista e retorico nello stesso tempo, che contribuisce in maniera decisiva a dare un quadro visivo-sensitivo di forte empatia su tutta la drammatica vicenda, in situazioni spesso impregnate di terrore, perché, senza l’esito positivo del lavoro fatto dai 50 eroi della centrale, tutto un intero popolo di sopravvissuti alla morte sarebbe stato destinato a vivere un futuro segnato per lungo tempo da una precarietà assoluta.
Regia di grande mestiere. Scene di gruppo ricche di contrasti credibili e coinvolgenti, come il buon cinema richiede fin dalle sue origini.
Biagio Giordano (fotografo coordinatore della sezione fotografia dell’Associazione culturale no profit Renzo Aiolfi di Savona)