Cinema: Fratello dove sei?

 Fratello dove sei? di Joel Coen e Ethan Coel, con George Clooney, John Turturro, produzione USA, anno 2000, genere Commedia, durata 106 minuti

Mississippi 1932, la grande depressione flagella la società intera, Ulysses Everett McGill (George Cloony), Delmar O’Donnell (Tim Blake Nelson) e Pete Hogwallop (John Turturro), riescono ad evadere dai lavori forzati sulla spinta del desiderio di una promessa allettante fatta da Ulysses Everet, ossia: l’entrata in possesso di un tesoro nascosto di cui lui aveva la precisa conoscenza del punto in cui era stato sotterrato (un tesoro che in realtà non esisteva, ma la promessa di trovarlo aveva consentito a Ulysses un’uscita dal carcere in buona compagnia).

Pete è uno del posto, un poco di buono, cinico nel perseguire i propri interessi e con ancora diversi ex complici in giro, Delmar “Del” è un contemplativo, privo sia di volontà affermativa sia di cattiveria, segue acriticamente le decisioni degli altri due.

Intelligente e colto appare Everett (Ulyssess), il quale però in pratica non va mai oltre complesse dichiarazioni d’intenti e levate di scudi moralistiche. Sarà sotto la sua irruente influenza che si cercherà il modo migliore per raggiungere il tesoro, (del valore di un milione di dollari), da lui nascosto, a suo dire, dopo una rapina, nei pressi di una grande diga.

Il tempo stringe hanno solo quattro giorni per recuperare il tesoro, dopo di ché con la chiusura della diga l’intera zona (dove dovranno giungere) sarà coperta da un lago artificiale destinato alla produzione di elettricità.

Il viaggio attraverso l’America rurale della grande crisi sarà molto avventuroso, sul palcoscenico del film saliranno di volta in volta una variegata tipologia di personaggi che daranno al film tono, spettacolo, e ansie di attese risolutive, per lo spettatore insperate.

Ispirato in chiave parodistica non tanto al famoso libro di Omero sull’Odissea, con Ulisse protagonista, quanto al film che ne è scaturito, questa ottava opera dei fratelli Coen è un capolavoro per ritmo, per intrecci narrativi spesso di alto interesse, dosaggio sapiente dell’ironia e dei paradossi comportamentali, e costruzioni fotografiche (la scena del rito propiziatorio con tanto di sacrificio umano del nero da parte del Klu Klux Klan, nella parte finale, è di altissima suggestione, grazie a punti di ripresa ricercatissimi le cui inquadrature sono sempre ben composte).

Musiche eccellenti.

Film dalla regia magistrale, grazie alla creazione di un tempo mobile-visivo trasversale, che va dal comico al drammatico senza mai dare l’idea di fare confusione tra un genere e l’altro…

Biagio Giordano

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