Cinema: Dillinger é morto

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Dillinger é morto

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Dillinger é morto

Dillinger é morto, di Marco Ferreri, con Michel Piccoli, Anita Pallenberg, Annie Girardot, Gino Lavagetto, Carlo Petrillo, Carole Andrè, Italia, 1968, durata 95 minuti, genere drammatico.

 Un ingegnere (Michel Piccoli), di mezza età, torna come al solito a casa, ma appare stranamente attivo quella sera: proietta vecchi filmini che vede distrattamente a spezzoni, perde tempo fissando ossessivamente lo sguardo su oggetti simbolici che  richiamano qualcosa dal suo inconscio, prepara la cena come da manuale scritto ricercando silenziosamente la perfezione, trova una vecchia pistola, la smonta, la pulisce accuratamente insieme alle pallottole, la rimonta e la dipinge di rosso a pallini bianchi, coinvolge la cameriera (Girardot) in alcuni suoi desideri erotici, si rappresenta per divertimento il proprio suicidio, dopodichè sale le scale, entra nella camera da letto, copre il volto della moglie dormiente (Pallenberg) con due cuscini e spara tre colpi sulla sua testa. 

Impassibile, prepara la valigia e fugge in auto verso mare, raggiunge a nuoto uno yacht in cui si è appena concluso il funerale del cuoco di bordo deceduto a causa di un malore, sale a bordo attraverso una scala a corda, e chiede alla bella proprietaria se può sostituire, in prova, il defunto. La donna misteriosamente attratta dall’uomo dice di si senza alcuna esitazione. 

Il senso del film. La noiosa ripetizione della gestualità del quotidiano coinvolge ormai anche i pensieri, che appaiono privi di vita, appiattiti da ritmo addomesticato della vita. Il sesso coniugale non porta più piacere perchè prigioniero delle abitudini. Il cibo, è composto da ingredienti da manuale che tolgono creatività e inventiva. La fuga da quel mondo pare impossibile, se non con la morte. Il matrimonio, così abbondante di comodità, anestetizza tenerezza e sensualità. 

Un film sulla crisi esistenziale e istituzionale del matrimonio borghese negli opulenti anni ‘60: una delle opere che meglio caratterizzano il pensiero cinematografico di Ferreri, sempre attento alle problematiche della realtà sociale che lo circonda, tanto da inventare, al di là di ogni convenzione cinematografica, e di volta in volta, il linguaggio filmico più idoneo a comunicare per immagini gli enigmi insolubili dei soggetti sociali che sceglie.

  Biagio Giordano   

 

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