Cinema. Brevi recensioni: L’uomo che sapeva troppo

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

Brevi recensioni
L’uomo che sapeva troppo

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Brevi recensioni

 L’uomo che sapeva troppo

L’uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much) è un film del 1956 diretto da Alfred Hitchcock.

Il thriller, presentato in concorso al 9º Festival di Cannes, è un remake dell’omonimo film del 1934 diretto dallo stesso Hitchcock, ma prodotto in Gran Bretagna

Film scuola, per il montaggio, per le invenzioni angolari delle riprese fotografiche che sono vere e proprie inquadrature linguaggio (angoli tutt’ora inediti come la ripresa dall’alto dei volti dei coniugi, in primo piano, in una sorta di simbiosi guanciale, che accentua il sentimento drammatico che stanno vivendo in quel momento).

E poi il film fa scuola per la sceneggiatura, impeccabile per coinvolgimento letterario, e per la capacità di nascondere le vere intenzioni risolutive finali del nodo creato nella prima parte del film.

Un film con effetti speciali esclusivamente legati ai normali mezzi fotografici, una fotografia straordinaria, curatissima, linguisticamente ricca tanto da essere in grado di tagliare un terzo e più dei dialoghi parlati previsti: sostituendosi ad essi con effetti estetici e significanti indubbiamente superiori al modo sonoro di esprimersi.

Un thriller magistrale, un Luna Park colmo di emozioni, dove si gioca con il male dell’uomo in modo estremo ma su un terreno di speranze dominato dallo sguardo di un bambino innocente che condiziona al bene tutti rilasciando alla fine negli spettatori un senso di ottimismo per il futuro.

Codice etico Hays, ancora influente all’epoca, rispettato in pieno, cioè i cattivi hanno vita dura nel film.

Alfred Hitchcock non giudica, né si schiera a favore di una classe sociale rispetto a un’altra, prende storicamente per il film gli ingredienti di rilievo di un costume, di una trasgressione, o di un’etica, dell’epoca che ha davanti, mettendo su un Luna Park grandioso esclusivamente finalizzato a far provare piacere al pubblico, secondo ferree e coerenti regole psicologiche, e della sua cultura, logicamente legate alla vita reale occidentale di ogni giorno…

Bellissima colonna sonora…

Film indimenticabile…per stile, eleganza, grande attenzione al vero con una vena di ironia e umorismo…

Biagio Giordano

 

 

 

 World Trade Center

World Trade Center è un film drammatico del 2006 diretto da Oliver Stone e interpretato tra gli altri da Nicolas Cage e Michael Peña

11 settembre 2001 New York attacco fondamentalista alle torri gemelle

Nessun effetto letterario di rilievo, un racconto sobrio, crudo, drammatico di per sé, ossia per cosa le immagini mostrano in un modo documentaristico a volte separate le une dalle altre.

Oliver Stone si contiene rispettando l’immane tragedia di una nazione vittima di una politica imperialista svolta per anni in modo cinico ma che ha sempre cercato al suo interno di costruire una democrazia liberale dai valori alti.

Il film nei suoi contenuti indigna per come i nemici dell’occidente col terrorismo non distinguano più il civile dal milite, il fantasma dal reale, il bene dal male, facendo della loro religione la fonte del bene o delle verità assolute, calandosi quindi in un fondamentalismo animistico tipico dell’uomo primordiale…

Biagio Giordano

 

 

Open Water

Open Water è un film thriller statunitense del 2003 scritto e diretto dal regista Chris Kentis sulla base di fatti realmente accaduti.

Girato in modo dilettantistico, con pochi mezzi tecnici e macchine digitali dalle prestazioni basse, e ciò è evidente dalle angolazioni visive modeste e prive di effetti-stupore e dalle inquadrature caratterizzate da composizioni instabili e sfilacciate, il regista, per una sorta di fortuna che premia chi va eroicamente contro corrente, riesce a fare di ciò un linguaggio vincente: in quanto quello stile rafforza il senso di realtà e quindi di drammaticità delle scene, facendogli ottenere un grande successo di pubblico se non di critica.

Forse uno dei film più sconvolgenti e macabri riguardo al rapporto uomo animali, infatti, due subacquei superstiti restano senza speranza per quasi 24 ore in balia degli squali che aspetteranno senza fretta il momento opportuno per colpire, il tutto sempre ben ripreso dal regista in tanti particolari. Una vicenda risaputa che nulla concede agli spettatori riguardo i giochi della sorte sui due protagonisti…
Un film liturgico, un omaggio funereo e spirituale, con sullo sfondo un’invocazione a Dio, a una coppia sfortunata di subacquei vittima dei propri errori sulle regole da rispettare in quello sport e di quegli errori molto più gravi commessi dagli organizzatori della gita…

Biagio Giordano

 

La chiave di Sara (Elle s’appelait Sarah)

La chiave di Sara (Elle s’appelait Sarah) è un film del 2010 diretto da Gilles Paquet-Brenner. Tratto dall’omonimo romanzo di Tatiana de Rosnay.

Film di grande intelligenza narrativa, l’idea delle due storie che intrecciano passato e presente consentendo di dare, senza preoccupazioni di eccesso, del passato nazista un’immagine di ferocia inaudita che viene stemperata dalle immagini più rassicuranti del presente legato alla seconda storia, fa si che il film possa essere visto senza particolare repulsioni sfocianti nell’abbandono del film da parte dello spettatore.
Straordinaria l’interpretazione della bambina (Sara) che vale mezzo film.
Una regia sapiente con una fotografia sempre molto attenta a valorizzare il primo piano nelle situazioni sceniche dalle sorgenti emozionali più incerte: un primo piano lungo e ben angolato che garantisce sempre attenzione, suggestione, richiamo a un’emozione narrativa che sta per arrivare nell’immediato…
Film che meritava di più sul piano del riconoscimento critico e di pubblico, ma come tristemente si sa più ci allontaniamo nel tempo dal mostruoso periodo nazista più la memoria si disperde contribuendo a creare nuovi gravi pericoli per le nostre istituzioni democratiche…

Biagio Giordano

 

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