Cinema. Brevi recensioni: I predatori della vena d’oro
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Brevi recensioni
I predatori della vena d’oro (Mother Lode)
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I predatori della vena d’oro (Mother Lode)
I predatori della vena d’oro (Mother Lode) è un film di avventura del 1982 diretto e interpretato da Charlton Heston. Film con una riuscita fotografia ancora tutta al naturale comprese le location alpine che vedono protagonisti aerei idro tra un lago e l’altro impegnati in movimenti molto suggestivi. Film cult, esempio di scene con luce vera che dà ai colori lucentezza e verosimiglianza straordinarie. Tante emozioni, con suspence ben diretti, nessuna volgarità nonostante la bellezza erotica di Kim Basinger, giovane e al suo secondo film: volgarità che avrebbe fatto stonare il senso più profondo del film. Interpretazioni da Actors studio, ben formalizzate, serie, senza disturbi da linguaggi ironici o sarcastici che sarebbero stati fuori luogo in questo tipo di film. Un Charlton Heston mirabile percepito dagli spettatori come più che vero, cioè come se avesse a un certo punto bucato lo schermo e fosse entrato in sala in carne ed ossa. Un film di rara bellezza fotografica, con profondità di campi e variazioni angolari superlativi sempre esaltate da significative composizioni nelle inquadrature, aspetti che fanno percepire allo spettatore spazi e tempi più vicini al reale, cose oggi impensabili per i costi che comportano. Biagio Giordano
L’uomo che sapeva troppo L’uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much) è un film del 1956 diretto da Alfred Hitchcock. Il thriller, presentato in concorso al 9º Festival di Cannes, è un remake dell’omonimo film del 1934 diretto dallo stesso Hitchcock, ma prodotto in Gran Bretagna Film scuola, per il montaggio, per le invenzioni angolari delle riprese fotografiche che sono vere e proprie inquadrature linguaggio (angoli tutt’ora inediti come la ripresa dall’alto dei volti dei coniugi, in primo piano, in una sorta di simbiosi guanciale, che accentua il sentimento drammatico che stanno vivendo in quel momento). E poi il film fa scuola per la sceneggiatura, impeccabile per coinvolgimento letterario, e per la capacità di nascondere le vere intenzioni risolutive finali del nodo creato nella prima parte del film. Un film con effetti speciali esclusivamente legati ai normali mezzi fotografici, una fotografia straordinaria, curatissima, linguisticamente ricca tanto da essere in grado di tagliare un terzo e più dei dialoghi parlati previsti: sostituendosi ad essi con effetti estetici e significanti indubbiamente superiori al modo sonoro di esprimersi. Un thriller magistrale, un Luna Park colmo di emozioni, dove si gioca con il male dell’uomo in modo estremo ma su un terreno di speranze dominato dallo sguardo di un bambino innocente che condiziona al bene tutti rilasciando alla fine negli spettatori un senso di ottimismo per il futuro. Codice etico Hays, ancora influente all’epoca, rispettato in pieno, cioè i cattivi hanno vita dura nel film. Alfred Hitchcock non giudica, né si schiera a favore di una classe sociale rispetto a un’altra, prende storicamente per il film gli ingredienti di rilievo di un costume, di una trasgressione, o di un’etica, dell’epoca che ha davanti, mettendo su un Luna Park grandioso esclusivamente finalizzato a far provare piacere al pubblico, secondo ferree e coerenti regole psicologiche, e della sua cultura, logicamente legate alla vita reale occidentale di ogni giorno… Bellissima colonna sonora… Film indimenticabile…per stile, eleganza, grande attenzione al vero con una vena di ironia e umorismo… Biagio Giordano
World Trade Center
World Trade Center è un film drammatico del 2006 diretto da Oliver Stone e interpretato tra gli altri da Nicolas Cage e Michael Peña
11 settembre 2001 New York attacco fondamentalista alle torri gemelle Nessun effetto letterario di rilievo, un racconto sobrio, crudo, drammatico di per sé, ossia per cosa le immagini mostrano in un modo documentaristico a volte separate le une dalle altre. Oliver Stone si contiene rispettando l’immane tragedia di una nazione vittima di una politica imperialista svolta per anni in modo cinico ma che ha sempre cercato al suo interno di costruire una democrazia liberale dai valori alti.
Il film nei suoi contenuti indigna per come i nemici dell’occidente col terrorismo non distinguano più il civile dal milite, il fantasma dal reale, il bene dal male, facendo della loro religione la fonte del bene o delle verità assolute, calandosi quindi in un fondamentalismo animistico tipico dell’uomo primordiale…
Biagio Giordano
Open Water
Open Water è un film thriller statunitense del 2003 scritto e diretto dal regista Chris Kentis sulla base di fatti realmente accaduti.
Girato in modo dilettantistico, con pochi mezzi tecnici e macchine digitali dalle prestazioni basse, e ciò è evidente dalle angolazioni visive modeste e prive di effetti-stupore e dalle inquadrature caratterizzate da composizioni instabili e sfilacciate, il regista, per una sorta di fortuna che premia chi va eroicamente contro corrente, riesce a fare di ciò un linguaggio vincente: in quanto quello stile rafforza il senso di realtà e quindi di drammaticità delle scene, facendogli ottenere un grande successo di pubblico se non di critica.
Forse uno dei film più sconvolgenti e macabri riguardo al rapporto uomo animali, infatti, due subacquei superstiti restano senza speranza per quasi 24 ore in balia degli squali che aspetteranno senza fretta il momento opportuno per colpire, il tutto sempre ben ripreso dal regista in tanti particolari. Una vicenda risaputa che nulla concede agli spettatori riguardo i giochi della sorte sui due protagonisti…
La chiave di Sara (Elle s’appelait Sarah)
La chiave di Sara (Elle s’appelait Sarah) è un film del 2010 diretto da Gilles Paquet-Brenner. Tratto dall’omonimo romanzo di Tatiana de Rosnay. Film di grande intelligenza narrativa, l’idea delle due storie che intrecciano passato e presente consentendo di dare, senza preoccupazioni di eccesso, del passato nazista un’immagine di ferocia inaudita che viene stemperata dalle immagini più rassicuranti del presente legato alla seconda storia, fa si che il film possa essere visto senza particolare repulsioni sfocianti nell’abbandono del film da parte dello spettatore.
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