CHE COSA HA VERAMENTE DETTO GALIMBERTI SULLA SCUOLA
Da tempo si parla di degrado, se non di sfacelo, della scuola pubblica e privata; degrado che pandemia e DAD hanno contribuito a mettere ancor più in evidenza, tanto che pedagogisti, sociologi, psicoanalisti e psichiatri non hanno mancato di lanciare il loro allarme: dove va la scuola? Qual è la sua vera funzione? Il corpo dei docenti è all’altezza del compito che viene loro assegnato? Di qui bisogna partire per affrontare seriamente un’emergenza che, a dimostrazione di quanto poco stia a cuore alla nostra classe politica in tutt’altre faccende affaccendata, sarebbe del tutto scomparsa dai radar in questo periodo di campagna elettorale se non ci fosse stato l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in visita all’Istituto d’Istruzione Superiore Curie-Vittorini di Grugliasco.
Nel suo discorso inaugurale del nuovo anno scolastico, il primo di nuovo in presenza, Mattarella ha insistito sulla necessità di formare i giovani non solo riguardo al profilo tecnico-professionale ma soprattutto riguardo alla crescita civile, una crescita che non può che nascere dal seme che si getta nelle aule scolastiche dalle elementari in su: “ Fenomeni degradanti come il razzismo, la discriminazione sociale, il bullismo vanno combattuti per tempo, proponendo valori alternativi. Non è un caso che la piaga dell’abbandono scolastico spinga giovani e giovanissimi nell’orbita della criminalità o nelle reti delle bande giovanili. E le bande sono fenomeni che non vanno sottovalutati. La morte del giovanissimo Alessandro, a Gragnano, ha commosso la pubblica opinione. Un ragazzo pulito, esasperato da angherie, insulti e minacce da parte di suoi coetanei. Una vita spezzata dal bullismo. Fenomeni diffusi che interrogano non solo il mondo della scuola.ma l’intera società …”. Giustamente Mattarella dice che è necessario proporre ai giovani valori alternativi. Quali? Pensiamoci un momento: quali soni i valori o i disvalori dominanti nella società attuale? Non domina forse la legge del mercato. del più forte, del più violento, del più ricco? La legge del successo a ogni costo? La legge della spettacolarizzazione di ogni avvenimento anche privatissimo di cui magari ci si dovrebbe vergognare e che invece viene dato in pasto al pubblico televisivo in trasmissioni come “Uomini e donne” , “Amici”, “Forum” “Il grande fratello” et similia o agli utenti dei social? Quante ragazzine sono state spinte al suicidio perché si sono fidate degli “amici” (e delle “amiche”) cha hanno messo in piazza via social i loro rapporti intimi?
Che educazione hanno ricevuto il figlio di Beppe Grillo e i suoi amici rinviati a giudizio per stupro di gruppo? Pensiamoci: che cosa è alternativo al razzismo, al sessismo, alla discriminazione, al bullismo? Per esempio la solidarietà, l’accettazione della diversità, il rispetto dell’altro o dell’altra, la fraternità, l’umanità; la pietà, valori che richiedono, oltre e più della cultura professionale, un’educazione ai sentimenti, al rispetto, all’empatia (al mettersi nei panni dell’altro o dell’altra), all’introspezione, alla tolleranza e al relativismo culturale. Questo, non altro, vogliono dire psichiatri, psicoanalisti e filosofi come Paolo Crepet, Massimo Recalcati, Pier Aldo Rovatti, Roberta De Monticelli, Michela Marzano e Umberto Galimberti che ha messo in evidenza più di altri l’inadeguatezza dei docenti e delle famiglie a questo difficile compito educativo. Intervistato dalla rivista “OggiScuola”, alla domanda “Istruire o educare?”, così risponde: “Istruire significa trasmettere contenuti culturali per via intellettuale da una mente all’altra, dall’insegnante al discepolo. Educare significa curare la dimensione-emotivo-sentimentale dei ragazzi aiutandoli a passare dalla pulsione all’emozione e dall’emozione al sentimento. La mente non si apre se prima non si è aperto il cuore”, Già, come se fosse un gioco da ragazzi! Per arrivare al cuore, o, se si preferisce, all’anima degli allievi bisogna prima di tutto conoscerla, ma non la si può conoscere se l’allievo non si “apre” al suo insegnante. Alla domanda sulla difficoltà di insegnanti e genitori di parlare agli allievi e ai figli, Galimberti risponde che questo è il vero nodo da sciogliere, in quanto “ai ragazzi manca uno scopo e un perché stare a questo mondo, per cui si ubriacano, si drogano come anestesia del fatto che nessuno li chiama per nome”. “A questo punto, professor Galimberti, quale soluzione è possibile?” “Questa è la domanda più difficile; in teoria dovrebbero essere i genitori a prendersi carico dell’educazione sentimentale dei figli, ma quanti ne sono capaci?
Tra l’altro spesso i genitori vivono il rapporto con gli insegnanti in modalità conflittuale e questo non aiuta l’efficacia didattica del rapporto tra alunni e docenti. Data l’incompetenza educativa dei genitori, presi da mille altre incombenze, non rimane che confidare nella competenza educativa degli insegnanti, nella loro capacità di educare il cuore oltre che la mente dei loro allievi”. Sennonché qui nasce un altro problema, l’impreparazione (salvo lodevoli eccezioni) dei docenti, la loro inadeguatezza al compito non di istruire ma di educare i loro allievi. D’altra parte come potrebbero educare ai sentimenti se loro stessi non ne sono stati a loro volta educati? Galimberti insiste molto su questo tasto: prima di tutto bisogna educare i docenti all’ascolto empatico, un’educazione che oggi, in piena età della tecnica, è del tutto trascurata, anche dai professionisti della “psiche”: psicologi, psichiatri e psicoterapeuti che spesso cadono nell’errore dell’oggettivizzazione del cosiddetto paziente e di pensare e vivere la propria professione come una procedura tecnico-scientifica, mentre l’ascolto empatico non è una disciplina che si possa imparare all’Università, ma un’arte. La conseguenza è il mancato ascolto empatico del paziente (o, nel caso del rapporto docente-discente) dell’allievo. Naturalmente questo discorso non è piaciuto a tutti nel mondo della scuola. Per esempio non era per niente piaciuto al compianto docente di Pedagogia Speciale presso l’Università di Bologna Alain Gousset, autore di una contestazione radicale delle tesi pedagogiche di Umberto Galimberti: “Galimberti afferma che gli insegnanti si dovrebbero porre dal punto di vista degli studenti; questa affermazione apparentemente condivisibile, nasconde un sofisma pedagogico: l’idea che l’argomento di cui si sta parlando interessi solo gli studenti e che non ci sia anche un’analisi da fare sulla relazione educativa e la sua natura. In questo senso ci sarebbe anche tutta la questione dell’alleanza pedagogica tra scuola e famiglia che va posta in una prospettiva educativa”. Ma Galimberti non dice affatto che l’argomento riguarda solo gli studenti, anzi, dice proprio che la relazione educativa spesso non funziona perché gli insegnati non si curano, per lo più, di educare gli studenti anche alle emozione e ai sentimenti.
Quanto alla famiglia, è vero, per Galimberti è l’anello debole della relazione educativa, in quanto spesso trincerata a difesa dei figli sempre e comunque contro i loro insegnanti; ma non è questo il modo giusto di educare i figli ad assumersi le loro responsabilità. Continua Alain Goussot: “Galimberti parla dell’essere maestro e dice anche qui una cosa apparentemente condivisibile, cioè che educare non è istruire. Ma c’è anche qui un sofisma pedagogico: si dimentica che il ruolo dell’insegnante è insieme di istruire ed educare, costruire le situazioni di apprendimento che favoriscono l’accesso di tutti ai saperi e alle conoscenze e farlo con delle modalità che favoriscano la formazione della personalità autonoma dello studente”( Il sofisma pedagogico di Umberto Galimberti Comune. Info, 12 giugno 2015). Mi chiedo quando e dove Galimberti ha detto o scritto che nel ruolo dell’insegnate non ci sia l’istruire, ha detto e scritto che educare è più importante dell’istruire, tanto è vero che è possibile istruire un robot, o una macchina intelligente, per svolgere certe mansioni, anche intellettuali, ma non è possibile educarlo o educarla alle emozioni e ai sentimenti. La memoria di un computer può contenere una biblioteca intera, compresa la Divina Commedia, potrà saperla tutta quanta a memoria, ma non potrà mai amarla. Ci sono poi anche quei detrattori di Umberto Galimberti che lo giudicano e mandano senza aver mai sfogliato, nemmeno per sbaglio, un suo libro. Non ci curiam di lor ma guarda e passa.
Prima di tutto il titolo dell’articolo è sbagliato CHE COSA HA VERAMENTE DETTO GALIMBERTI SULLA SCUOLA Sguerso dovrebbe aggiungere SECONDO ME visto che è un suo parere e non la verità ( che brutto vizio pensare di avere la verità in tasca). Ho insegnato per tanti anni e credo di essere stato un bravo insegnante per questo mi fa sorridere questo articolo su Galimberti. Chiedo al professor Sguerso siccome con i miei allievi mangiavo la farinata invece che la pizza potevo farlo o era proibito anche quel farinaceo?
Sergio (nome a me caro per motivi che non sto ora a spiegare) il piglio del suo commento è quello tipico di chi dissente per partito preso, cioè senza tener conto di quello che ha “veramente detto” l’interlocutore. Nel mio articolo non ho espresso opinioni su Galimberti riguardo alla scuola ma di Galimberti riguardo alla scuola.. Mi dispiace dover correggere un collega insegnante che si autodefinisce “bravo”, ma se rileggerà il mio articolo non potrà non constatare che riporto le parole precise di Galimberti, non le mie, nel definire la differenza tra istruire ed educare e il difficile compito degli insegnanti. molto spesso competenti a istruire ma non a educare alle emozioni e ai sentimenti. Si potrà istruire una macchina intelligente, un robot, a leggere la Divina Commedia ma non ad amarla. La prego di credere che non ho l’abitudine di sostituirmi ai miei interlocutori o agli autori di cui parlo, nel caso in oggetto a Umberto Galimberti. Infine – sarà per i miei tanti vizi e limiti cognitivi – ma non ho capito che cosa c’entrino la farinata e la pizza in questo discorso. Se vorrà spiegarmelo gliene sarò grato. Un saluto da Fulvio Sguerso.
Ahi Ahi!! Professore accusa gli altri di non leggere Galimberti e poi si scopre che anche lei non legge o legge solo quello che le fa comodo.
Galimberti: “Non mangiate la pizza con gli studenti, perdete autorità. Se non sei empatico non fare l’insegnante” detta in una lezione al festival della filosofia, una lezione infarcita da luoghi comuni politicamente allineata al pensiero unico per prendere gli applausi….”Avevamo un presidente migliore e lo abbiamo messo da parte” la chicca finale
Buongiorno,
vedo che lei rimprovera al prof. Sguerso di non avere LETTO Galimberti. Nello specifico, la frase: “Non mangiate la pizza con gli studenti, perdete autorità. Se non sei empatico non fare l’insegnante”. Subito dopo lei chiarisce che si tratta di una frase “DETTA in una lezione al festival di filosofia”.
Ecco, al riguardo le sarei grato se spiegasse come di Galimberti si possa LEGGERE una frase che Galimberti non ha mai SCRITTO.
Distinti saluti.
Fulvio Baldoino.
Ecco il difensore d’ufficio dell’irascibile professore mi stupisco di un intellettuale come lei che si abbassa con un SOFISMA a difendere chi tutte le settimane ha da criticare chi non la pensa come lui e purtroppo spesse volte anche in maniera poco elegante.
Io sono abituato a leggere quello che uno scrive ma anche informarmi su quello che dichiara prima di dare giudizi su una persona. Comunque quella sulla farinata era solo una provocazione che pensavo almeno lei la considerasse come tale e magari ci ridesse sopra. Se permette, come insegnante certe dichiarazioni di Galimberti non mi vanno a genio.
Per la stima che ho di lei spero non sia un amico della parrocchietta del professore possessore della verità assoluta e comunque se lo è lo tranquillizzi per fortuna non tutti la pensiamo allo stesso modo. Ripeto che il titolo dovrebbe essere: “Cosa voleva dire secondo me Galimberti”
Buonasera professore,
Giusto alcune righe per dirle come invece non si dovrebbe stupire. Infatti lei il suo scambio di vedute lo ha avuto con Sguerso, e per forza di cose anch’io ho dovuto fare riferimento a lui; ma lo avrei fatto a chiunque altro ci fosse stato al suo posto.
Però a lei è bastato che lo nominassi per arguire che lo stessi difendendo.
Se ha letto con attenzione il mio commento, si sarà accorto che non ho speso neanche una parola per difendere… Chicchessia (mi guardo bene da pronunciare qualsiasi nome!). Ho solo evidenziato come “leggere” e “dire” siano cose diverse, e l’ho fatto con un sillogismo che se è un sofisma (come lei afferma senza spiegare) è un sofisma tutto SUO, perché è costituito per intero da sue frasi, che ho appositamente virgolettate. Che poi lei non abbia ritenuto di trarre la conclusione dalla SUA prima e dalla SUA seconda premessa, è una scelta, di nuovo, SUA.
In termini più pratici si trattava solo di ammettere, e non ci sarebbe stato nulla di male, come non si possa pretendere che ci si trovi tutti a Modena ad ascoltare ciò che dice Galimberti perché se non se ne è informati allora:
“Ahi Ahi!! Professore accusa gli altri di non leggere Galimberti e poi si scopre che anche lei non legge o legge solo quello che le fa comodo.
Galimberti: “Non mangiate la pizza con gli studenti, perdete autorità. Se non sei empatico non fare l’insegnante” detta in una lezione al festival della filosofia, una lezione infarcita da luoghi comuni politicamente allineata al pensiero unico per prendere gli applausi….”.
Comunque, glielo confesso, siccome neanch’io conoscevo la frase della pizza pronunciata in Piazza Maggiore un giorno di questo settembre 2022, anch’io “non leggo o leggo solo quello che mi fa comodo” di Galimberti.
Riguardo la sua indicazione di considerare “quella sulla farinata” una provocazione e di riderci sopra, avrei potuto farlo soltanto se l’avesse considerata allo stesso modo anche lei, che invece la utilizza come unico argomento da opporre a…Chicchessia.
Infine, professore, le faccio notare che io oltre al mostrare che LEGGERE e DIRE non sono sinonimi, non mi sono pronunciato su nient’altro, neppure sulla necessità o meno di aggiungere “secondo me” nel titolo.
Lei invece, dalla mia unica osservazione, ritiene di rispondermi dicendo
che io sono il difensore (d’ufficio addirittura!) di… Chicchessia,
che mi abbasso con un sofisma,
che spera io non sia un amico della parrocchietta del professore possessore della verità assoluta,
che se però lo fossi dovrei adoperarmi a tranquillizzarlo.
Lascio a chi leggesse questi nostri commenti giudicare.
Credo proprio che non serva aggiungere più nulla. Perché sarebbe superfluo e perché quando constato che il mio interlocutore invece di rispondere a ciò che gli si chiede, divaga cercando di indirizzare l’attenzione su altro, perdo l’interesse alla discussione. Che infatti chiudo. Se poi lei vorrà replicare a questo mio commento, faccia pure, ma è giusto che la avvisi che non le risponderò.
Sinceri saluti.
Ahi! Ahi! Non ho ancora capito se lei parla sul serio o si diverte a polemizzare a vuoto, sbagliando sistematicamente bersaglio. Vedo che ora alza il tiro per colpire , oltre al sottoscritto, anche un maestro riconosciuto e stimato come il Prof. Galimberti! Si rende almeno conto della sua hybris? E così lei avrebbe scoperto
che neanche io (sottinteso come il prof. Lisorini) leggo Galimberti, salvo quello che mi fa comodo, e invece di limitarsi a indicarmi il contesto in cui Galimberti stigmatizza en passant il mangiare la pizza (di farinata non v’è traccia) con gli studenti, specificando che non è questo il modo migliore, per gli insegnanti, di essere empatici, lo assume come prova della mia scarsa conoscenza del pensiero dell’autore di “Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica” , e di tanti altri saggi sul nichilismo e sulla perdita di senso morale e dei valori fondamentali nel nostro tempo; altro che pensiero unico! Ma veniamo alla lectio magistralis tenuta al Festival di Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, che quest’anno aveva come tema la Giustizia. Ora, dal momento che lei fa riferimento a quella lezione mi autorizza a chiederle se era anche lei presente in Piazza Grande (tra l’altro gremitissima) ad ascoltare Galimberti oppure ne ha avuto notizia indiretta dai giornali o dalla televisione o da qualche altra fonte? No, glielo chiedo perché, da quello che lei scrive, si direbbe che Galimberti abbia parlato solo di pizza, di Draghi e di empatia., mentre quella lezione è stata un’accusa appassionata senza sconti alla società dei consumi e alla vita facilitata ma immiserita dai miti collettivi del nostro tempo, come quelli, appunto, della tecnica e della conseguente modificazione del nostro modo di pensare e di sentire; delle nuove tecnologie digitali e del loro effetto omologante; del mercato con la conseguente riduzione della libertà personale a libertà di ruolo; e così via. Altro che pensiero unico! Per questo dubito che lei abbia ascoltato “veramente” tutta quella lezione tenuta nel tardo pomeriggio di domenica 18 settembre in Piazza Grande a Modena. Se non è così, non ha che da dimostrarmi il contrario. Io sono qui. Un saluto da Fulvio Sguerso
Voglio ringraziare il prof. Fulvio Baldoino per il suo intervento nella discussione tra il lettore Sergio e il sottoscritto. Giustamente il prof. Baldoino richiama il lettore Sergio alla proprietà e alla precisione dei termini usati, in questo caso alla differenza tra “leggere” un testo scritto ed “ascoltare” una lezione. Aggiungo che la proprietà linguistica e l’esattezza dei termini adoperati sono condizioni fondamentali per l’etica del discorso teorizzata da Jurgen Habermas (oltre che norme elementari di rispetto per l’interlocutore e e per la stessa lingua italiana).
Senti senti chi parla di difensore d’ufficio dell’ “irascibile” sottoscritto! Forse che lei, Sergio, non è un (maldestro) difensore d’ufficio del prof. Lisorini? E dico maldestro a ragion veduta: tanto per cominciare se qui c’é qualcuno irascibile, questo è lei, che scambia le mie argomentazioni con reazioni irate contro chi “non la pensa come me”., mi pare di non lanciare invettive o anatemi contro nessuno. Di nuovo, mi dispiace, ma lei sbaglia ancora bersaglio, sempre a causa del suo partito preso Quanto a eleganza, le sembra elegante la frase che lei rivolge a Fulvio Baldoino (sena peraltro nominarlo): “spero che non sia un amico della parrocchietta del professore e possessore della verità assoluta”. Una volta di più mi chiedo se lei si rende conto di quello che scrive; glielo dico, mi creda, sine ira ac studio. Prima di congedarmi, le faccio presente che non mi ha specificato come ha avuto notizia della lezione di Galimbarti a Modena e se l’ha ascoltata dall’inizio alla fine. Io, per esempio, l’ho seguita grazie alla registrazione uscita in rete, nel sito del Festival di Eilosofia di Modena. E lei? Un saluto dall’ “irascibile” professor Fulvio Sguerso