CERVELLI IN APNEA!

 CERVELLI IN APNEA!

 CERVELLI IN APNEA!

 La crisi. Il termine comparirà almeno decine di volte su quotidiani, nei telegiornali, nei talk show per insinuarsi nella nostra quotidianità, nella nostra mente indaffarata a pensare sul da farsi, sul futuro dei nostri figli, sul modo di sopravvivere all’incertezza.

La crisi. Se non ci pensavi, c’è chi provvede subito a ricordartela, a dirti che, a causa di questa, c’è chi sta pensando a nuove tasse, a nuove forme di precarizzazione, a nuovi attacchi ai diritti civili essenziali che pensavi fossero conquistati per sempre.

 

La crisi. In suo nome aumentano il numero dei caduti, come in un bollettino di guerra. La guerra del quotidiano, dove l’ultimo caduto è stato proprio nella nostra terra, a Vado.

Un uomo si è dato fuoco, distrutto dall’impossibilità di resistere alla crisi. Un uomo con moglie e figli, l’ennesimo simbolo di quella sofferenza sociale, alimentata, non dall’impossibilità di trovare lavoro, ma da quella di poterlo svolgere.

La burocrazia, a questa, Mauro Sari, addebitava l’impossibilità di svolgere il suo lavoro, ma, di fatto, era della crisi che parlava quotidianamente.

Sicuramente la stessa che ha portato alla disperazione tutti quelli che l’hanno preceduto nel suo gesto, la difficoltà di vedere una via di uscita.

 

La crisi. Non significa scadere nelle tesi complottiste se si vuole dare una chiave di lettura meno scontata, meno superficiale di quelle che finora ci hanno proposto i media, quella che ci porterebbe a riflettere sul fatto che quella  che stiamo vivendo non sia una realtà, ma una situazione surreale imposta da un’oligarchia imperante, a servizio di una cricca di finanzieri sovranazionali il cui obiettivo strategico sia proprio quello del definitivo abbattimento di conquiste sociali e culturali ottenute con la fatica e col sangue in quasi trecento anni di storia europea.

Conquiste diventate, con orgoglio, asse portante di politiche progressiste, socialiste e liberali che raccogliendone l’eredità hanno comunicato a generazioni di pensatori, filosofi,artisti, e combattenti le basi per formulare le Costituzioni, i fondamenti della cultura di cittadinanza cui siamo tutti legati?

 

Se penso solo a chi, nella mia stessa famiglia si è battuto per tutto questo, dal prozio garibaldino, al nonno genio guastatore nel Trentino della Prima Guerra Mondiale, e allo zio di forte fede socialista, uscito dall’esercito l’8 settembre. Tutti pronti a credere che si stesse facendo la storia sulle indiscutibili tesi di uguaglianza, di giustizia sociale e di libertà, non riesco ancora a credere a quello che oggi questi valori siano diventati nell’incapacità politica di difenderli come avrebbero meritato.

 

 

Ma allora che cosa sta succedendo oggi in Italia?

 

Berlusconi nel suo ventennio di governo ha sapientemente spianato la strada al governo di tecnocrati, sostenuti dalle forze di quel centro- sinistra  già preda di quella guerra invisibile giocata dalla finanza speculativa , di cui rimanevano più volte vittime  e avviate inesorabilmente al suicidio politico.

Il finto bipolarismo PD, PDL cominciava la sua strada di governo del Paese, incontrastato per un’altra opera egregia messa in atto dallo stesso Berlusconi: l’acquisto definitivo dei mass-media.

Giornali e televisioni hanno cominciato a lavorare per la narcolessia delle coscienze cui pochi si sono ribellati.

Ricordo nomi di giornalisti importanti e illuminati come: Biagi e Montanelli quando si esposero pubblicamente per combattere in prima persona questa battaglia e ricordo anche le tristi vicende legate alle conseguenze.

Gli altri aderirono, chi per soldi, chi per privilegio o per ambizione, hanno tutti contribuito alla fine dell’intellettualità della comunicazione e della cultura, mentre nel frattempo si sono fatti strada buffoni analfabeti, servi squallidi e cultori del gossip.

 

Il fine? Non permettere alla gente di pensare.

 

Comincia, così, il festival dell’indecenza e dell’ignoranza che veicola  modelli fatti di visibilità e apparenza, di vuoto cerebrale, fino ad arrivare a identificare schiave del sesso come status simbol.

Non sbaglia la Boccassini quando pone l’accento sull’immoralità dei festini del cavaliere, ben sapendo come quelle vicende degradanti dove il sesso era la peggior specie di mercificazione di giovani ragazze a uso e consumo del potente di turno e di una casta di privilegiati “da invidiare”, era soprattutto diventata occasione per inculcare nelle persone l’idea di chi ha diritto a stare sopra le parti, sopra la legge e sopra la decenza.

 

Mezzo invidiabile di un’amichevole dittatura, il mezzo televisivo trasmette giochi infiniti, talk show  e trasmissioni all’uso come: Grande Fratello, Amici, l’Isola dei Famosi, Uomini e donne, per fare solo esempi, per sostenere i binari fondamentali del vuoto culturale della “nuova” politica, ma soprattutto la necessità di narcotizzare l’opinione pubblica con  la presenzialità a tutti i costi, la visibilità fine a se stessa,il narcisismo patologico  cui non si sottraggono  politici,  economisti ed analisti televisivi , schiavi consapevoli della nuova oligarchia di potere.

 

Contemporaneamente si tolgono fondi alla cultura, ai teatri, al cinema italiano, ai Musei, alla scuola contribuendo così all’involgarimento e all’appiattimento del livello intellettuale non solo della comunicazione ma anche della società.

 

Il Berlusconismo  preparava il terreno  alla realizzazione del vero obbiettivo politico dell’ attuale sistema di potere, che non distingue maggioranze di Governo: allargare la proletarizzazione sociale per ottenere servizi a bassissimo costo, un valore sempre minore del salario, l’allargamento del bisogno e avere manodopera a basso costo per produrre molte  merci  che garantiscano la sopravvivenza di nuovi schiavi.

 

E’ in questo contesto che la crisi economica giunge proprio opportuna a garantire il nostro senso di precarietà. Quello che tutte le televisioni e i giornali non mancano di ricordarci quotidianamente, contribuendo a farci dimenticare l’esigenza più importante dell’uomo: il legame tra politica e qualità della vita.

La qualità della vita per cui si batte chi vuole solo un lavoro con contratti adeguati, chi esige un lavoro senza barattarlo con la salute sua e della sua famiglia, chi si oppone alle grandi inutili e costose opere come la TAV per salvaguardare il territorio dove vive, chi vuole solo accedere al credito per comprarsi una casa e mettere su famiglia, quello che si fa in tutti Paesi civili.

 

L’indignazione e il disgusto verso una classe politica che finge di diminuire i suoi privilegi ma che continua a farsi strumento degli obiettivi delle oligarchie finanziarie, devono oggi tradursi nella volontà di sostenere l’impossibilità di condurre una vita improntata alla nuova schiavitù.

 

Proprio mentre sembra essersi persa l’autonomia di pensiero, sostituita dal pensiero dei media che continuano a parlare unicamente di economia, di cifre, dati, banche, precarietà del lavoro, spread, e dove tutti sono esperti monetari e analisti finanziari, mentre ci si ricorda che la crisi dobbiamo ancora pagarla noi e che i nostri figli dovranno abituarsi alla precarietà e mentre continua l’opera di abbruttimento intellettivo della TV spazzatura, bisogna respingere il progetto di portare gli italiani all’autodistruzione.

 

La mancanza di certezze e di fiducia della gente comune, esaltata proprio dai mezzi di comunicazione, quella che non fa salire la “crescita”, che fa impaurire e non fa vedere il futuro, è stata alimentata ad arte proprio per renderci fragili e chi è fragile e privato di coscienza critica, finisce per accettare tutto.

Questa crisi quindi potrebbe rivelarsi provvidenziale per chi muove le fila del  potere finanziario.

 

Se si pensa alla nostra classe politica, resasi pubblicamente inadeguata a contrastare la crisi, tanto da consegnare ai tecnici il governo del Paese, non si spiegherebbe come questi esperti “professori” abbiamo contribuito a peggiorarla, se non col fatto che avessero proprio l’obiettivo di contrastare un cambiamento di sistema che portasse lontano dalla concezione liberista e classista della finanza.

 

Così il cittadino con il cervello spinto opportunamente in apnea, mentre assiste al permanere di un modello di società, quella italiana, improntata al concetto di onnipotenza, di facili guadagni attraverso la speculazione, all’aggiramento di leggi e alle evasioni fiscali legalizzate, alle scorciatoie professionali distanti dal merito della carriera, all’ ambizione politica e alla difesa dei privilegi , si sente sempre più solo.

Alla TV sente che basta pigiare un tasto per far salire o scendere lo spread, senza comprendere bene cosa sia, che la spesa pubblica è ancora troppo alta, ignorando di cosa sia costituita, capisce solo che si taglieranno ancora servizi a fronte di tasse che aumenteranno o cambieranno nome e la sofferenza sociale aumenterà.

 

Tesi complottiste o no, è tempo di far respirare il cervello e di reagire al senso di vuoto voluto e utile a chi è intento a difendere uno strapotere finanziario che non sarà mai benessere per la collettività, ma solo privilegi per lobby e consorterie.

 

L’attuale governo non sembra intenzionato a cambiare rotta, non ne ha le possibilità, né le capacità politiche. Sembra già destinato a durare poco anche perché le vicende giudiziarie di Berlusconi incombono sulla sua sopravvivenza.

Di fatto non garantirà un cambiamento e forse mai aveva dichiarato di farlo, quindi, in nome della crisi, bisogna cominciare a sperare che i cervelli si sveglino dal sonno della ragione e che diventino l’anima pensante della prossima era.

 

ANTONIA BRIUGLIA

 

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi delle nazioni porta progressi, perché è dalla crisi che nascono le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere “superato”. La vera crisi è quella dell’incompetenza.

L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d’uscita.

Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo.

Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”

 

Era  Albert Einstein

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