Cercasi spesa che valga l’impresa!
I saggi analfabeti di una volta condannavano le scelte sbagliate, con una sentenza inequivocabile e inappellabile di 5 parole:
“la spesa non vale l’impresa“!

Chi, in Italia, col secondo debito pubblico del mondo, si sveglia dopo mezzo secolo di fallimenti e di piccoli imprenditori che si sono tolti la vita per le difficoltà tributarie, finanziarie, burocratiche e sindacali nel gestire onestamente e produttivamente una piccola impresa, e pensa di curare il tumore al sistema economico con maggiori costi di produzione, nuove forme di investimento o nuovi balzelli tributari, o è scemo o è matto.

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Dove l’economia è agonizzante, c’è una sola priorità, risanarla con una minore spesa privata e pubblica ma che valga l’impresa. Perché spendendo per finalità sbagliate o spendendo troppo, non si buttano soltanto soldi dalla finestra, ma sì consegna e si condanna un intero Popolo: schiavi e schiavisti, alla tirannia assassina dei tassi e delle tasse, che sono l’anticamera del default, della guerra civile o della dittatura.
Insomma, il peggio che possa capitare all’umanità è di contribuire alla costruzione e consolidamento di un sistema socio economico schiavista, che non discrimina nessuno, perché garantisce una fine impietosa da schiavi, anche agli schiavisti pentiti, della cultura, burocrazia, politica e finanza, che a un passo dal default, con un colpo di coda, volessero risanare il sistema.
E in qualunque angolo del pianeta, le spese che inducono maggiori cambiamenti, più in negativo ché in positivo, sono quelle culturali: istruzione e informazione.
Stimolando la creatività umana, che al naturale è già effervescente di suo, la cultura produce una tale accelerazione di sviluppo scientifico e tecnologico, da trasformare in meno di un decennio, i laureati, i cosiddetti super alfabetizzati, in “analfabeti di ritorno“.
Se oggi mettessimo Galileo Galilei padre della scienza, a capo di un centro ricerche, non saprebbe nemmeno come comporre il codice di sicurezza per entrare e uscire autonomamente senza l’aiuto di un accompagnatore. Ma anche Albert Einstein non sarebbe lo stesso genio, sarebbe più relativo della sua relatività.
Se mettessimo un vecchio pilota di Formula 1 sull’ultima versione della Ferrari, non saprebbe nemmeno metterla in moto o trovare la leva delle marce; perché la tecnologia moderna ha una tale accelerazione, da rendere prima o poi qualunque individuo che dovesse o volesse usarla, parzialmente o totalmente inadeguato, incapace, scaduto, come lo yogurt dimenticato fuori dal frigo a Ferragosto.
Un ottantenne che prendesse in mano il telefono su cui smanetta il nipotino di 10 anni e anche meno, farebbe fatica a capire persino da dove si accende e spegne.

Mentre la cultura, (in costante ebollizione come la lava vulcanica), accelera lo sviluppo tecnologico a tal punto da rischiare l’estinzione dell’umanità.
I droni hanno ancora il cordone ombelicale attaccato; ieri sono nati giustamente come valido ausilio per il lavoro, la vita, la pace; oggi sono già impiegati a milioni per portare distruzione e morte in giro per il mondo rendendo possibile la guerra e persino il genocidio anche al più sprovveduto dei guerrafondai.
La cultura scientifica, almeno da un secolo, illude gli umani, che basta produrre mezzi perfetti per produrre civiltà. Ma se la cultura umanistica non è mai riuscita a tenere il passo di quella scientifica, sviluppando nei singoli e nei popoli “scienza e coscienza“, per sbarrare la strada allo sviluppo scientifico e tecnologico che promette benessere e pace ma restituisce solo barbarie, devastazioni ambientali e guerra senza fine; pensare che a tanto riesca la politica, che dalla cultura attinge sapere e consenso interessato, e dai banchieri finanziamenti urari, è da poveri illusi.
Franco Luceri da il rebus della cultura