C’era una volta la Lega Nord (ultimo cap.)

C’era una volta la Lega Nord

A cura di Attilio Eridanio

 Ultimo capitolo

C’era una volta la Lega Nord  

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 A cura di Attilio Eridanio

Ultimo capitolo

Qui si è voluto citare queste ultime esternazioni del vecchio leone per sfatare una convinzione di qualcuno che Bossi fosse un peso che si dovesse comunque sopportare per non rendere troppo schiacciante nella base del movimento il passaggio e il cambiamento di strategia, ma nello stesso momento un distacco da un passato non più rinnovabile. Ma qui invece sta l’equivoco, se mai quelle che erano le criticità del movimento leghista, criticità già presenti nel periodo bossiano sono maggiormente operanti nella Lega di oggi. Se mai a Bossi va dato il merito, pur nella sua classica alternanza di fasi diverse, di aver portato la Lega verso il suo obiettivo di rappresentanza delle popolazioni del Nord, anche e nonostante il capitolo negativo che lo ha coinvolto nella indagine per appropriazione indebita di finanziamento pubblico, indagine di per se non priva di lati oscuri e di diversi pesi e misure a riguardo di altre forze politiche. Comunque sia, allora, il colpo inferto alla credibilità della Lega Nord fu forte e condizionante tutte le fasi successive del movimento.

 

 

Tutto questo non può, tuttavia, inficiare il lavoro politico di Umberto Bossi per la Lega, dalle origini ad oggi, che rappresenta un bagaglio di esperienze che debbono essere un riferimento a chi oggi e domani si troverà a portare avanti quell’obiettivo di addivenire ad una autonomia politica, economica e gestionale dei territori che per tradizione e vocazione rappresentano la locomotiva del paese e questo in una prospettiva federalistica, riprendendo la intuizione di Gianfranco Miglio che qui brevemente riassumeremo nel suo modello di costituzione federale.

Miglio aveva in mente un modello per dare al suo paese una costruzione moderna e atta a respingere gli attacchi della globalizzazione; in cosa consisteva il modello federale di Miglio?

 Miglio prospettava una Italia divisa in tre consorzi di Regioni, chiamati Cantoni ognuno retto da un Governatore eletto direttamente. I tre cantoni erano quelli del Nord, Centro e Sud che in più un Presidente a rappresentanza delle regioni a statuto speciale avrebbero costituito il Direttorio Federale guidato da un Presidente della repubblica eletto direttamente dai cittadini. Il Presidente federale, quale incarnazione della ragione della Unione Nazionale sceglie e nomina e dimette i Segretari di Stato per le funzioni spettanti il direttorio federale e cioè esteri, difesa, politica monetaria, giustizia.

 

 

La Costituzione garantisce la libera circolazione delle persone e dei capitali, i tributi vengono riscossi e trattenuti dai Comuni, Regioni a Statuto Speciale e dai Cantoni, salvo la quota spettante al finanziamento della federazione e alla parte destinata alla ridistribuzione territoriale delle risorse finanziarie. Miglio smentisce che il duo federalismo fosse un sistema debole e realizzava una forte coesione tra tutti i livelli di governo. Le decisioni non sono affidate al principio di maggioranza ma al negoziato alla ricerca del consenso delle minoranze. Questo sistema costituzionale si avvale del fatto di tenere conto di una interpretazione dualistica delle relazioni umane, rapporto contratto-scambio per il privato e patto politico per il pubblico. Questa interpretazione nasce da un ritrovato equilibrio tra pubblico e privato che abbiamo visto sussistere nelle delle due anime del leghismo, e cioè in quella liberale e in quella populista, in quella moderata e in quella dura e pura del secessionismo. Nel federalismo le due anime si fondano.

Il federalismo riesce in quella fusione di due istanze che sviluppano la loro forza quando sono lasciate libere di fondarsi e crescere attingendo a lavoro e alle personalità che rappresentano il radicamento delle comunità territoriali che aspirano ad avere meno vincoli da uno Stato accentratore e ad avere un modello economico-sociale che sappia valorizzare le élites locali più formata da produttori, artigiani e professioni piuttosto che da percettori di reddito. Il modello federale è quello che meglio si adatta a quello che abbiamo chiamato “anima liberale” e che è rappresentato nello schema leghista dalle autonomie locali, mentre il Governo Federale rappresenta il momento unitario, arbitro e decisionale rispetto alle grandi scelte e ai grandi interventi.

 

 

Quello che infine possiamo verificare è che sia la vecchia Lega Nord, che a maggior ragione la Lega per Salvini Premier non sia riuscita la prima ad avvicinarsi al modello federale e addirittura la seconda se ne stia allontanando proprio a causa della sua ispirazione sovranista e nazionalista. La cosa è di grande evidenza proprio a livello europeo, la soluzione sovranista, a parte una superficiale equazione e trasposizione di quella che era la originaria richiesta di autonomia del Nord rispetto allo Stato centrale, dove qui viene equiparata ad una autonomia dell’Italia verso l’Unione Europea, tradisce in assoluto il vero credo federalista che esattamente contrario alla conservazione e irrigidimento di vecchi stati nazionali, e invece quello di ripristinare autonomie territoriali e culturali quali quelle della Catalogna e Paesi Baschi in Spagna, Scozia e Irlanda in Gran Bretagna, Corsica e Alsazia Lorena in Francia e Baviera in Germania, solo indebolendo i vecchi Stati nazionali si potrà in futuro avere una vera Federazione Europea.

 

 … FINE

Attilio Eridanio

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