C’era una volta la Lega Nord (cap.7)

C’era una volta la Lega Nord

A cura di Attilio Eridanio

 Capitolo 7

  C’era una volta la Lega Nord  

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 A cura di Attilio Eridanio

 Settimo  capitolo

 Conclusione  (Seconda parte)

 Anche nel personale i rapporti tra Bossi e Miglio si incrinano: “un anziano professore, un po’ matto un po’ fissato con la secessione del nord”, dirà di Miglio un Bossi che per osteggiare Miglio parrebbe ripudiare un suo ideale. Miglio, però, voleva lasciare la Lega in punta di piedi, ormai capiva che Bossi non poteva restare fedele ad un progetto di riforma autentica, ma allo stesso momento non voleva ostacolare il movimento leghista, e al Congresso di Bologna del 94, dove verrà sancita la collaborazione con Berlusconi, Miglio pronuncia un forte discorso in senso federalista che viene accolto da scroscianti applausi, molto più intensi di quelli riservati al discorso di Bossi. Ma la rottura era ormai vicina, quando Bossi gli preferì per la carica di Ministro delle Riforme, che era l’ambizione del Professore, un tecnico di volo dell’Alitalia, cioè Enrico Speroni.

 

Bossi e Speroni

 

A Miglio non resta altro che abbandonare il Carroccio e accusa Bossi di avere giurato di lottare per il federalismo ma che lo avrebbe lasciato cadere accontentandosi dei 181 parlamentari ottenuti. Continua Miglio “Quello del federalismo è stato per Bossi una specie di piede di porco per scalzare il potere degli altri partiti, in questa lotta gli serviva il mito del federalismo, un po’ come i leninisti quando rivendica vano la dittatura del proletariato come meta da raggiungere, poi come si è visto era una meta sempre procrastinata. “

Il rapporto di Miglio con la Lega non si ricucirà più, tutti e due subiranno sconfitte e parziali criticità, la Lega nella sua duplice sudditanza a Forza Italia e nel tradimento successivo del 94 in alleanza con una sinistra lontana dalle idealità leghiste. Cosa questa che scatenerà scissioni interne culminate con la formazione della LIF, Lega Italiana federalista ma soprattutto perdendo una grossa fascia di elettori leghisti di tendenza liberale che nel nord voteranno Forza Italia. Altrettanto negativa fu la esperienza politica di Miglio nel tentativo di dare vita a liste federaliste che si concretizzo nella fondazione del Partito Federalista, un progetto che raccoglieva ex leghisti come Luigi Negri e liberali come Costa. Il risultato delle elezioni del 96 fu però una delusione e sembrò che il professore si riavvicinasse a Bossi, e molti leghisti andarono a trovarlo, lui era ancora convinto che la protesta del nord potesse ancora essere recuperata e anche i più forti dissensi con la Lega, ma ormai il tempo e le occasioni erano passate.

 


Il professore Miglio

 

Questa è la storia dei rapporti contrastanti tra il Professore e il Senatur, e forse proprio in questa mancata sintesi dei progetti dei due personaggi, sta la sconfitta del movimento che aveva prodotto le leghe. Certo sul piano elettorale sia la vecchia Lega Nord di Bossi e a maggior ragione quella di Salvini, hanno ottenuto risultati lusinghieri, ma questo successo è stato ottenuto a spese di un progressivo allontanamento dagli obiettivi e motivazioni primarie del movimento spontaneo delle categorie produttive del Nord. Questo cambiamento che andava a braccetto con una riforma costituzionale, come nella teoria di  Miglio, è stato disatteso e a maggior ragione non può essere ottenuto con una riproposta del vecchio Centro destra e tantomeno con una egemonia di un polo sovranista – populista che ha già dato prova fallimentare nel recente governo giallo verde.

Certamente Salvini ha ottenuto un indiscusso successo elettorale cavalcando le classiche tematiche di sempre della Lega Nord; il contrasto alla immigrazione, la richiesta di sicurezza, l’antieuropeismo dei burocrati e della finanza, ma è anche indubbio che su queste tematiche, oltre al tradizionale elettorato nordista, sono arrivati corposi apporti da un elettorato, che per impostazione ideologica e storica hanno poco da spartire con la matrice originaria del movimento, che è una radice autonomista, sia secessionista che federalista. Questi nuovi apporti di voti elettorali provengono da due distinti bacini elettorali :uno è quello rappresentato da quello di tradizione liberale e moderata che abbandonando la declinante Forza Italia cerca nella Lega Salvini un ancora di salvataggio, ma che questo elettorato non condivida, come non aveva mai condiviso in passato, l’azione politica del Senatur, è più che evidente, cosa, per altro, che testimonia anche il fatto che la stessa Lega Salvini si stia discostando anche essa dalla originaria “linea tracciata” Bossiana.

 


Salvini e Bossi

 

Discostamento ancor più marcato poi più della tendenza liberal – moderata, è quello costituito dalla seconda componente confluita nella Lega Salvini, che è quella formata da parte degli orfani di Alleanza Nazionale, quelli della Destra Sociale, della destra statalista, centralista, antiautonomista e anti federalista. Non a caso si è fatta sentire la voce  del creatore della Lega Nord, di chi nel bene o nel male aveva condotto la sua battaglia indipendentista, tuonerà infatti Umberto Bossi, “Salvini ha tolto la parola Nord, altro che prima gli italiani, il nazionalismo fa perdere voti, prima o poi”, “ho aderito al  gruppo al Senato di Lega per Salvini premier, per forza di cose, ma una tessera nazionalista non fa per me, molti militanti la pensano come me, ma non bisogna abbandonare la Lega ora, non è finito il mondo un recupero sarà possibile, altro che “prima gli italiani”, per quello basta e avanza la destra nazionalista, se trasferiamo la Lega al Sud, diventa difficile rappresentare il nostro voto in Lombardia, Veneto ed Emilia, perdere il radicamento territoriale ci penalizzerà, alla lunga così si fa il gioco della Meloni, metà degli italiani stanno sopra la linea del PO, se li perdiamo è finita. La priorità è battersi per la autonomia e per questo bisogna dialogare anche a sinistra. Salvini in Europa ha scelto l’estrema destra, per cercare una legittimazione con la Le Pen, i tedeschi di Alternative fur Deutschland, Orban, questo genere di alleanza può far prendere qualche voto in più, poi però nessuno ti vuole, se scegli la estrema destra poi non trovi alleati, la sconfitta in Emilia ne è la prova.

 

 …CONTINUA ( la settimana prossima la conclusione finale)

   Attilio Eridanio

 

 

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