C’era una volta la Lega Nord (cap.4)

C’era una volta la Lega Nord

A cura di Attilio Eridanio

 Capitolo 4

  C’era una volta la Lega Nord  

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 A cura di Attilio Eridanio

 Quarto  capitolo

 

 

 

I Serenissimi

Nel bicentenario della caduta del Governo Veneto, il 12 Maggio, otto personaggi più folkloristici che veri e propri commandos, occupano il campanile di Piazza San Marco e vi si issano il gonfalone della Serenissima. Quella della Autonomia Veneta è una esperienza addirittura più radicata della stessa Lega Nord e sorprende lo stesso Bossi che in un primo momento prende le distanze imputando il fatto a manovre ordite dai servizi segreti dello Stato per screditare la Lega, poi però, davanti alla mano dura dello Stato che affliggerà pene dai 4 ai 6 anni di reclusione, non esisterà a difendere gli otto, che definirà ‘patrioti veneti ” e raccoglie firme e soldi per liberarli.

Per meglio interpretare la voglia di indipendentismo del Nord Est, nel Maggio del 97 viene indetto dalla Lega un referendum consultivo per la secessione. Con 4.833.863 voti a favore pari al 97% si afferma la Padania Repubblica Federale Indipendente e Sovrana, non si potrà però avere un riscontro di tale risultato.

Sempre viva poi resta, anche nei momenti di minor intensità secessionista, tutta la scenografia leghista per rinsaldare lo stretto legame tra il movimento e le sue radici etnico culturali. Ed ecco, quindi, la processione laica che si snoda lungo tutto il cammino del Po,” il Po e la Padania sono una cosa sola “. Si parte dal Pian del Re, ai piedi del Monviso, dove c’è la sorgente del fiume, qui Bossi, ogni anno, raccoglie l’acqua del sacro fiume, che con un corteo di militanti accompagnerà la ampolla per acqua e per terra fino alla laguna di Venezia, dove dal palco innalzato a Riva dei sette martiri, Bossi la verserà nelle acque del bacino di San Marco.

 


 

Il ritorno ad Arcore

La stagione secessionista, però sta giungendo a termine e si cominciano a rivedere timidi riavvicinamenti con Berlusconi, il merito di ciò è soprattutto di Giulio Tremonti e Aldo Bracher, veri e propri ambasciatori di Berlusconi in terra Padana. Si arriva così al patto di Linate e poi a giuramento di Verona, dove Bossi ritira le critiche a Berlusconi e altrettanto Berlusconi ricuce il proprio elettorato con l’uomo del tradimento del 94.

Ma il prezzo per ottenere il consenso di AN e CDU contrari al secessionismo è l’abbandono di questo verso la devolution una forma più digeribile per gli alleati. Questo appiattimento sulle posizioni degli alleati finisce per incidere negativamente sui risultati elettorali del 2001 con un misero 3,9% a livello nazionale. Bossi reagisce subito e a Pontida chiede “subito devolution” e nonostante le perplessità di AN e CDU, Il Consiglio dei Ministri darà via libera alla devolution. Bossi esclama “finalmente non ci sarà il mini federalismo della sinistra” (vedi riforma del Titolo v della Costituzione voluto da

D’Alema).

 


 

La grande riforma federale

Mentre si cerca nell’ambito del centro destra di elaborare un accordo sulla riforma federale, i continui rinvii di AN e CDU finiscono per urtare Bossi che dalle colonne della Padania titola “Federalismo ora o mai più”. Sarà questo il leit motiv di tutto il 2003 e alle successive amministrative nel nord la Lega sulla linea autonomista ottiene un forte recupero, tanto da far dire a Bossi “i miei mi dicono di rompere con i vecchi alleati”. Sono questi i tempi di una radicalizzazione delle vecchie parole d’ordine del Carroccio, quelle della crociata antieuropea, “no alla Europa dei burocrati”, “no all’euro calato dall’alto”, “no a forcolandia”. È un attacco alla Europa centralista e giacobina. L’altro cavallo di battaglia è il blocco della immigrazione dice “Marina e Finanza dovranno schierarsi a difesa delle coste”, e “i padani non hanno lavorato la terra per millenni per darla ora ai Bingo Bongo o al primo cinese di turno”, e si comincerà a chiedere la istituzione di dazi anticinesi. Ma queste sono le ultime parole di Bossi, poiché a Marzo la storia della Lega cambierà per sempre.

 


 

L’attacco cardiaco

Con Umberto Bossi ricoverato all’ospedale di Verona, la Lega affronterà una delle fasi più difficili della sua storia. Per mesi il movimento resterà senza una vera guida, dove i colonnelli non si dimostreranno alla altezza del leader, con caratteristiche personali diverse e con minore consapevolezza sulla linea politica. In attesa del ritorno di Bossi il movimento è guidato da un quadrumvirato formato da Giorgetti, Calderoli, Maroni e Speroni che affianca la moglie di Bossi. La linea è chiara non mollare sulla devolution e alla prima Assemblea Federale la parola d’ordine è “mai mula ‘, tegn dur” e Calderoli minaccerà la crisi di governo. Ma la confusione nel partito comincia a serpeggiare, posizioni differenti nascono tra Maroni e Calderoli rispecchiando vecchie differenze tra varesini e bergamaschi. Ma quando Bossi, 82 giorni dopo rilascia un breve messaggio a Radio Padania, la voce del padrone , pur stentata e sofferente, congelerà incomprensioni e dualismi. Così il popolo leghista si ricompatterà attorno al leader, Giorgetti che da sempre rappresenta una sorta di delfino, anche se mai esplicitamente affermato, dichiarerà “la mia impressione è che il partito si è ritrovato come comunità, in tanti hanno tentato di dividerci e anche qualche leghista è caduto in trappola”. 

Dopi 272 giorni dal fatidico 11 Marzo, Bossi l’8 Dicembre del 2004 rimetterà piedi in via Bellerio, della linea tenuta dalla Lega durante la sua assenza si dice soddisfatto ” è ben tracciata la linea, è un solco chiaro da seguire e il 2005 sarà l ‘anno del federalismo e dei dazi doganali per frenare la  concorrenza cinese alle nostre fabbriche”.

Il ritorno di Bossi tribuno arriva però il 6 Marzo 2005, la località scelta è l’amata Svizzera delle confederazioni, in quel di Lugano, dove Bossi fa visita alla casa di Carlo Cattaneo, qui riprenderà l’attacco alla Europa dei burocrati e dell’euro, così diversa dal modello di uno dei precursori del federalismo. Ma ora quello che serve è arrivare alla devolution, finalmente il 20 Ottobre la devolution incassa la seconda via libera della Camera. L’ epopea della riforma federale, diventata in 5 anni di governo del centro destra una specie di miraggio si chiude finalmente il 6 Novembre del 2005 con il voto del Senato. La devolution è legge a tutti gli effetti, anche se dovrà essere sottoposta a referendum confermativo. Ma intanto sono alle porte le elezioni dell’aprile 2006dove la Lega le affronta in basso profilo per non spaventare i moderati che potrebbero poi tradire la Lega al referendum sulla devolution, il risultato per cui sarà deludente con un misero 4,6 alla Camera e al Senato. In questo clima un po’ depresso di va al referendum, dove gli alleati centristi e di AN tradiscono la lega dove con appena più del 50% di affluenza i No saranno il 61,3 e i Si solamente il 38,7. Per la Lega è uno di quei colpi che si fanno sentire, iniziano a farsi sentire malumori di chi punta il dito contro il cosiddetto “cerchio magico” così come viene chiamato il gruppo di familiari e di dirigenti che circondano la figura di Bossi, malumore che arriverà a mettere in discussione la leadership di Bossi e che si traduce in una richiesta di Congresso Federale. Ma si faranno solo i congressi nazionali, quello lombardo che vedrà confermato Giancarlo Giorgetti, e quello Piemontese con Roberto Cota, nel Veneto intanto di riapre una frattura tra i trevigiani bossiani e i veronesi Tosi e Bricolo. Ma il Congresso Federale che avrebbe dovuto riconfermare Bossi non si farà.

 

 CONTINUA

 Attilio Eridanio

 

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