C’era una volta la Lega Nord (cap.1)

C’era una volta la Lega Nord

A cura di Attilio Eridanio

 Cap.1- Il contesto socio-economico e politico

C’era una volta la Lega Nord

A cura di Attilio Eridanio

  

È il 21 Dicembre 2019, siamo a Milano in via Bellerio, in quella che è la sede storica della Lega Nord. Si sta celebrando il Congresso Federale della Lega con il quale si sancisce il passaggio dalla Lega nord di Umberto Bossi alla Lega di Matteo Salvini Premier. Tutta la sala come lo sfondo è tappezzata con le nuove insegne, dove al verde e al sole delle alpi della vecchia Lega, viene sostituito il blu e la effigie di Salvini. Lo stesso accompagnamento musicale passa dal “Va pensiero” Verdiano all’aria “Vincerò” tratta dalla Turandot di Puccini. Dal punto di vista formale e giuridico il passaggio è sanzionato dal nuovo Statuto con il quale si completa la svolta “sovranista”. All’ articolo 1di questo statuto non ci sarà più la dicitura “per la indipendenza della Padania”, si tratta perciò dell’ultimo passaggio per la trasformazione del Movimento Federalista Nordista Secessionista fondato da Umberto Bossi negli anni 80, in un partito “sovranista” che guarda a tutto il paese e non più alla sola Padania. Ma se dal punto di vista politico questo è tutto chiaro, dal punto di vista formale e giuridico non si tratta affatto di trasformazione dalla Lega Nord in Lega Salvini, ma di due soggetti distinti. La vecchia Lega Nord resta in vita con il proprio codice fiscale e il proprio debito di 49 milioni della passata gestione Bossi – Belsito, restando di fatto una scatola vuota mentre tutte le attività politiche ed elettorali saranno gestite dalla Lega Salvini Premier, che tende a rappresentare una nuova formazione politica di stampo nazional-sovranista. Prima di analizzare quali siano state, se vi siano state, differenziazioni nelle diverse rappresentazioni dei rispettivi elettorati della prima Lega e della Lega Salvini, sarà necessario ripercorrere le vicende storiche che hanno dato vita alla Lega Nord. 

 

STORIA DELLA LEGA NORD

Cap.1- Il contesto socio-economico e politico

 

Per capire le ragioni della nascita della Lega Nord, prima di raccontare le vicende umane e politiche del suo fondatore Umberto Bossi, è importante inquadrare le fasi costitutive della Lega Nord nel contesto socio-economico del Nord Italia e specificamente delle regioni eredi della amministrazione asburgica quali Lombardia e Veneto e del Piemonte nel suo particolarismo etnico e statutario sabaudo. 

Sotto il profilo politico, nel dopoguerra nel passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, alla vecchia classe dirigente liberale si è sostituito il predominio della Democrazia Cristiana in Veneto e in Lombardia, qui in parte bilanciata dal vecchio socialismo riformista soprattutto a Milano. 

 


Il Ministro dell’agricoltura dell’epoca Giovanni Marcora

 

La DC lombarda negli anni 80, era rappresentata da uomini fortemente legati al territorio e alla storia dell’anti fascismo bianco come per esempio Giovanni Marcora, nato a Inveruno (Varese), imprenditore agricolo e allevatore di bovini. Come Ministro della Agricoltura era stato un esempio del cosiddetto “stile lombardo” di impegno ad affrontare i problemi del territorio. Se si pensa alla popolazione della grande provincia lombarda e soprattutto del mondo contadino che era stato da sempre il bacino dei voti della DC, si capisce facilmente, che quando alla leadership di Giovanni Marcora, amatissimo in Lombardia, si sostituisce quella di Ciriaco De Mita, avellinese, capo della corrente della sinistra democristiana la “Base”, classico esponente del “politichese” difficilmente comprensibile per il popolo lombardo, quest’ultimo fu facilmente conquistato dal discorso politico concreto e diretto di Umberto Bossi. 

 


 

Partita, dunque, dai distretti produttivi della pedemontana Lombardo-Veneta, come protesta, che vedeva nello Stato un vincolo e un avversario dello sviluppo, l’ondata leghista si propagherà poi nei piccoli centri delle valli alpine e prealpine, dove troverà un fertile humus nella mai sopita ostilità delle Comunità Locali verso le istituzioni centrali viste come centri di corruzione e mala politica. Quindi una delle componenti della affermazione del leghismo è sicuramente rappresentata da quei ceti produttivi, di piccoli e medi imprenditori, allevatori, agricoltori che storicamente erano stati il bacino di voti della DC, in precedenza dei liberali cattolici contrari al ruolo dirigista dello Stato opposto alla libera iniziativa privata. 

Ma altrettanto presente fin dall’origine è un’altra componente sovrapponibile a quella liberale cattolica, ed è quella definibile popolare e populista con radicamento nell’associazionismo e mutualismo operaio e contadino del Val Padana di tradizione socialista riformista. 

Segni inequivocabili di questo mondo si possono cogliere in alcune poesie del giovane Bossi. 

 


 

In versi rudi e rigorosamente in dialetto, Bossi manifesta l’amore per la propria terra, il valore della tradizione unito ad una decisa vena sociale con la costante difesa dei lavoratori e una chiara avversione per i “Padron”, “Vagan da via u cu i padron”, si legge in una sua poesia “Diman vo a ca”. 

Bossi aveva due riferimenti; uno nelle figure della madre e della nonna Ida Mauri, origini operaie e orientamento socialista, l’altro nella figura del padre da cui assorbe l’amore per la sua terra e la fede cattolica condivisa con il fratello Ambrogio, gesuita. Si vota DC, di comunismo manco a parlarne, però il giovane Bossi da universitario è preso nelle temperie del movimento studentesco e nel ’78 lo si vede ritratto in una fotografia insieme ad altri giovani ad una mostra organizzata dal PCI per raccogliere soldi in favore delle vittime di Pinochet. 

 


 

L’anima populista resterà sempre presente, anche se su un piano secondario rispetto ai grandi temi della autonomia e del federalismo, inserendosi comunque nel progetto della Padania indipendente in una sorta di nazionalismo statale padano. 

Anche se la Lega Nord si presentò come un movimento né di destra né di sinistra, però destra e sinistra confluivano per trovare in un superiore piano territoriale, prioritario rispetto alle ideologie, un superamento delle loro opposizioni nel movimento leghista.

 

Nelle regioni del Nord, dentro la crisi delle appartenenze sociali ed ideologiche dell’800, il territorio, quindi, emerge come una nuova dimensione in cui rinserrarsi per tenere a bada le ansie prodotte da un mondo che stava irrimediabilmente mutando.

 


 

C’è una citazione tratta dal primo giornale della Lega (82), che meglio riassume l’identità del messaggio leghista: “Non importa che età avete, che lavoro fate, di che tendenza politica siete; quelli che importa e che siete tutti Lombardi”.

È con questo messaggio che la Lega di Bossi affascina e mobilita una composizione sociale fatta di “spaesati” delle piccole valli alpine, piccoli imprenditori e artigiani di quei distretti “stressati” dalla concorrenza globalista e di operai sempre senza più classe, orfani della fine della fabbrica fordista.

Dichiaratamente e spregiudicatamente non confessionale, dunque, la Lega difende gli interessi del Nord e con un assetto federalista dello Stato, che con senta al Settentrione di amministrarsi in autonomia.

La modernizzazione incompiuta, le infrastrutture ma canti, i vincoli burocratici non sono che l’altra faccia della oppressione fiscale.

 

 

CONTINUA

 

Attilio Eridanio

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